martedì 30 aprile 2019

#246 Un ritratto agghiacciante

La cronaca di questi giorni regala un ritratto di questa nazione assolutamente agghiacciante: Manduria, Viterbo, Ragusa, Caserta. Quattro casi completamente diversi ma ugualmente terribili.

Non è lo stupro di gruppo dei fascisti di Viterbo a lasciarmi più attonita. Chiunque abbia un cervello sa perfettamente che la maggior parte delle violenze sulle donne sono commesse "in casa" e non da migranti appena scesi da un barcone. Non mi stupisce lo stupro e neppure i fascisti. Sono drammatiche conferme.

Non mi stupisce il giovane poliziotto che decide di sparare alla compagna che voleva lasciarlo. E' l'ultimo dei femminicidi, tristemente all'ordine del giorno. Una strage che avviene nel silenzio assordante di chi difende il patriarcato e desidererebbe la libera vendita di armi.

Non mi stupiscono i genitori che picchiano e affamano le figlie di pochi mesi colpevoli di piangere. Le vittime predilette dell'ignoranza e della prevaricazione sono quelle che non possono in alcun modo difendersi.

La baby gang di Manduria mi ha fatto pensare assai. Un gruppo di 14 giovani di cui 6 minorenni prende di mira un signore con difficoltà psichiche. Lo vessano finché lui non esce più di casa e si lascia morire di stenti. Un'altra "preda" facile. 
Non mi stupisce l'atto, per quanto orrendo. L'Arancia meccanica de 'noantri. E non mi stupisce che i ragazzi siano stati (oltre che criminali) così arroganti e idioti da filmare tutto con il cellulare e condividerlo con mezzo paese. 
Trovo agghiacciante che nessuno, parrebbe neppure il parroco, abbia trovato il coraggio di intromettersi o di portare, per lo meno, la sua testimonianza alle forze dell'ordine. Trovo agghiacciante che nessuno abbia provato, se non disgusto per la violenza gratuita in sé, almeno un minimo di pietà per quell'uomo.
Nessuno.

Un ritorno indietro nel tempo brutale. In tutti i casi. 
Mancano giusto il rogo delle streghe, l'olio di ricino e l'elettroshock.

Il silenzio.
L'indifferenza.
Mi sembra di vederli mentre condividono su Facebook le foto di dolci gattini e ignorare quotidianamente le urla di dolore del vicino di casa.
C'è qualcosa di peggiore dell'indifferenza?
Molto prima e molto meglio di me lo ha scritto Gramsci.
Una buona lettura.

lunedì 29 aprile 2019

#247 La top ten degli alimenti che detesto.

Non mi piacciono molto i dolci.
Ce ne sono alcuni che, di tanto in tanto, mangio volentieri. Tra tutti, il mio preferito è la crema catalana. Per quanto mi piaccia non la mangerei tutti i giorni. I cibi dolci non soddisfano la mia golosità, come invece fanno i formaggi (specialmente alcuni).
Tuttavia ci sono giorni che sento la necessità fisica di cioccolato. Quello amaro. Quello che sa di cioccolato ma senza esagerare. Diciamo un 60% di cacao. Senza nocciole, arachidi, mou o altre menate. Quelli troppo amari mi danno fastidio e la sola idea di mangiare un cucchiaio di Nutella o affini mi fa venire i brividi. Un po' come bere il caffè zuccherato. Un'altra cosa che non riesco proprio a fare. Salvo, poi, zuccherare il latte. 
Io sono un compendio di contraddizioni.
Comunque, stasera sono rientrata e avrei proprio volentieri mangiato un pezzo di cioccolata. Vivere circondata da golosi che spazzolano ogni sorta di alimento contente zuccheri ha reso la cosa impossibile.
Non è un problema. Me ne sono fatta rapidamente una ragione.
Ma è buffo che, ogni tanto, il mio corpo desideri di mangiare un cibo che non amo. Io lo trovo buffo.
Mi chiedo se succeda solo con i dolci perché sostanzialmente, per il resto, sono completamente onnivora.
E mi chiedo perché, per esempio, non mi succeda mai con i cachi o l'anguria. Ai primissimi posti nella top ten degli alimenti che io evito. Assieme al melone, le nespole, i cetrioli, il mais, i fagioli cannellini e qualche altra cosa. Poi, se proprio devo, li mangio. Giusto per non ferire l'eventuale padrone di casa. L'educazione prima di tutto.

domenica 28 aprile 2019

#248 Boh

"Perché sei così arrabbiata?" mi ha domandato la mia mezza mela dopo aver letto il post di ieri sera.
"Boh"
Così ho risposto.
Sembrava la risposta di uno dei miei figli.
Non certo una risposta mia.

Allora ci ho riflettuto.

Sono arrabbiata perché non sopporto più tanto. Starò invecchiando. Ma non mi piace più l'ipocrisia.
Sarà pure che nel pomeriggio di ieri ho avuto una conversazione interessante con due donne che amo profondamente. Una conversazione che mi ha fatto pensare al significato dei rapporti tra le persone e di come essi possono cambiare quando scopri, di qualcuno che conosci e cui vuoi bene da tempo, qualcosa di totalmente inaspettato, fuori luogo, anacronistico. Qualcosa che mette in crisi l'idea che, alla fine, ti eri fatto di lui/lei.
Ci sono molti modi di reagire e non penso che ce ne sia uno giusto o uno sbagliato. Il fatto è che io ho la tendenza a mettere davanti sempre l'affetto che provo, al di là di quello che eventualmente mi ferisce. Ma non posso negare che quell'immagine nitida che mi ero fatta, la vedo sfocare leggermente. Non perché quella persona si sia rivelata differente ma forse, egoisticamente, perché io non sono stata capace di leggerla.
Nella vita non si ama solo ciò che è simile. Anzi, spesso si cerca il proprio completamento. In amore come nell'amicizia.
Ma, a dirla tutta, all'amore si dà sempre un po' meno fiducia che all'amicizia. Per questo i "tradimenti" degli amici fanno più male di quelli degli amanti.
Gli amici conoscono anche le vicendevoli ipocrisie (tutti siamo ipocriti in modo più o meno innocuo) e si amano per quello che sono. Per i loro punti di forza e per le loro debolezze. Hanno visto, spesso, il peggio di noi e comunque sono rimasti al nostro fianco. Gli amici, con tutti i loro difetti, sanno darsi qualcosa di unico, imprescindibile.

E allora perché sei arrabbiata? 
Non lo so. Sarà il periodo pre-elettorale ma l'ipocrisia mi fa salire la carogna. Verso me stessa, soprattutto. Perché non riesco, forse per educazione, a dire davvero quello che penso alle persone che lo meriterebbero.

Per chiudere, oggi ho fatto il pane. Ma non è lievitato come avrei voluto.

sabato 27 aprile 2019

#249 Il cappello a sonagli

A noi italiani piacciono i buffoni.
I buffoni intesi in senso medioevale. Gli intrattenitori, diremmo oggi.
Quelli che alla corte del re facevano le giravolte con il berretto a sonagli.
A noi italiani non piace pensare. Pensare è da sfigati, da ubriaconi, da radical chic. Perché pensare se c'è qualcuno che lo fa al posto tuo? Poi, se è anche capace di fare giravolte con il berretto a sonagli sicuramente sarà bravissimo. 
Tu sei capace di fare le giravolte? Ci andresti in giro con il berretto a sonagli? Non lo vedi che simpatico che è?
Agli italiani piacciono le persone che non saprebbero essere. Purtroppo, mai da punto di vista culturale. Quello mica fa audience. Si parla di immagine, baby. Senza l'immagine non sei nulla. La credibilità si basa sull'immagine. Se tu sei tanta roba (per dirla in adolescenziese) ma non ti si può guardare, non sei nulla.
A noi italiani piacciono i buffoni. I cappelli con i sonagli.
Perché sappiamo che fanno tanto casino ma ci lasciano in pace. Tornano a casa loro, si struccano e non contano più nulla. Alla fine, quello che siamo non lo mettono mai in discussione. Sì, ci fanno pensare un secondo quando fanno le nostre plateali imitazioni ma non mettono in discussione quello che siamo. O meglio, quello che siamo possiamo continuare ad esserlo. Perché, alla fine, solo quello ci interessa.
E lo capirei persino da quelli che hanno bisogno di conservare qualcosa (di qualsiasi cosa si tratti). Ma a noi piacciono i buffoni anche se abbiamo solo da perdere. E, giuro, questo non lo capisco. Mi fa salire una rabbia ancestrale. 
"E allora se sei coglione tienitelo questo buffone!". 
Ma c'è il piccolo problema, non indifferente, che il buffone me lo devo tenere pure io che non c'entro nulla con questo tuo modo basico di pensare.
Pensa, a me non me ne frega nulla del cappello a sonagli. 

Ho sbagliato tutto. Aveva e ha ragione un amministratore valsusino con cui tante volte ho discusso. L'unica soluzione è sapersi vestire da buffone e non esserlo.

venerdì 26 aprile 2019

#250 Il vapore ammazza i germi

Ieri era sabato. Oggi è sabato e domani è sabato.
Mi piacciono i ponti lunghi.
Il pane, alla fine non l'ho fatto. Mi son dedicata a pulizie che non facevo da un po' e a stirare quei quattro quintali di vestiario che avevo accumulato. Ho stirato dall'una alle sette ma ho stirato tutto. Cercherò di non accumulare più nulla. Lo dico tutte le volte che accumulo per settimane e poi, tutte le volte, accumulo di nuovo. Sono recidiva.
Ora qualcuno di voi mi dirà che stirare è fuori moda, che basta stendere bene e piegare subito e un sacco di altre cose giustissime.
Ma a me piace la roba stirata.
Quella da indossare intendo.
Gli asciugamani e le lenzuola possono tranquillamente passare dallo stendino all'armadio. Ma la roba da vestire no.
Mi ricordo che quando ero ragazzina mia madre mi faceva stirare tutto. Con tutto, intendo tutto. Pure le mutande e le calze. Perché il vapore ammazza i germi. Di quali germi parlasse non è chiaro visto che si trattava di roba pulita, ma tant'è. La mia generazione non faceva troppe domande. Principalmente eseguiva gli ordini in attesa di essere sufficientemente autonoma per non stirare più.
Il pane lo farò domani. Che è sabato.
Ve l'ho già detto che amo i ponti lunghi?


giovedì 25 aprile 2019

#251 Prima e dopo

Siccome sono due giorni che scrivo di antifascismo e Resistenza, stasera cambio argomento.
La mattinata, come immaginerete, è volata via tra le celebrazioni di 25 aprile ma voglio giungere subito al pomeriggio.
Siccome domenica era avanzata un po' di carne alla griglia ho deciso che questa si sarebbe trasformata in agnolotti. Quindi, subito dopo pranzo ho preparato la pasta fresca. Anni fa la impastavo a mano. Poi, un giorno ho investito un paio di centinaia di euro per comperare un'impastatrice di piccole dimensioni (mezzo chilo al max). Devo dire che è stato uno dei migliori investimenti in termini di elettrodomestici.
Dicevo, ho fatto la pasta e l'ho messa a riposare.
Ho detto che avrei passato un'oretta sul divano e poi avrei fatto gli agnolotti. La mia mezza mela mi ha convinta, in cambio della sua futura collaborazione nell'operazione, a stare sul divano un po' di più. Così, ci siamo visti un paio di episodi di telefilm misti e poi ci siamo messi in moto.
Due ore di lavoro si sono trasformate in una spalla di maialino al forno, 144 agnolotti e un piccolo polpettone. Tutto molto buono, se posso dire.
Io amo cucinare anche da sola. Ma devo dire che cucinare in due è molto più divertente e piacevole.
Prima, ci sono le materie prime. Dopo, ci sono piatti costruiti insieme e da condividere.
E' stata una bella giornata. Nonostante la pioggia. O, forse, anche per questo. Domani è venerdì ma, per me, non sarà lavorativo. Non succede quasi mai di avere tre giorni di fila tutti per me, per la casa e per i miei affetti. E' una prospettiva che mi piace assai.
Magari, domani, faccio anche il pane.

Prima

Dopo





mercoledì 24 aprile 2019

#252 Perché qualcuno deve saperlo

Stasera, a Susa, si svolge la fiaccolata unitaria di valle che precede l'anniversario della Liberazione. L'appuntamento è in piazza d'Armi alle 20,30. Questa è la ragione per cui scrivo di pomeriggio e invito tutti a partecipare.




Potrei smettere di scrivere, oggi, poiché molte cose che avrei voluto dire le ho già dette ieri.
Ma credo di dover aggiungere qualche riga.

A gennaio di quest'anno sono stata eletta presidente della sezione Anpi di Bussoleno-Foresto-Chianocco. Per ragioni anagrafiche, capirete che io non posso aver preso parte alla Resistenza ma, a differenza di altre associazioni, l'Anpi ha saputo passare il testimone ai giovani poiché i valori che rappresenta fossero tramandati, essendo validi in ogni tempo.
La nostra piccola sezione ha sempre avuto un metodo poco gerarchico di gestirsi. Le cariche (tre) sono date a turnazione alle persone che hanno più disponibilità di tempo.

Purtroppo, nei nostri paesi, di partigiani viventi ne sono rimasti pochissimi. Io ho avuto la fortuna di conoscerne molti, nel corso degli anni. Due di loro sono stati, per me, più che maestri.
Quando la Resistenza non l'hai vissuta non puoi che fartela raccontare da chi l'ha vissuta o da chi l'ha sentita raccontare così tante volte che è come l'avesse fatto. Così, ho fatto io. Ho fatto loro mille domande, spesso ripetendole per essere sicura di aver compreso. 
Alcune domande mi sono sembrate persino stupide ma avevo bisogno di farle. A Giovanni Peirolo, reduce dalla ritirata di Russia e partigiano nella 42esima Garibaldi, un giorno che mi raccontava di un'azione a cui aveva partecipato, ho chiesto "Ma non avevi paura?". Credo di averlo un po' spiazzato, lì per lì. Forse si aspettava una domanda più intellettuale.
Ma Giovanni mi rispondeva sempre. "In quei momenti non potevamo permetterci di avere paura. Quindi no, non avevo paura".
Giovanni era un uomo assai pragmatico. Un giorno che andammo al funerale di un suo compagno di brigata mi disse: "Vieni che ti insegno a mettere la bandiera della 42esima sulla bara". "Perché io?" gli chiesi. "Perché qualcuno deve saperlo" mi rispose.

Perché qualcuno deve saperlo.
Perché non bisogna perdere la memoria. Nelle piccole e nelle grandi cose.
Questa è la ragione per cui, pur con qualche alterco interno, la nostra sezione Anpi, ormai tutta composta da giovanissimi e meno giovanissimi, cerca di esistere e di attualizzare quell'insegnamento così importante.

martedì 23 aprile 2019

#253 Dio, patria, spritz e tastiera

Oggi si è scatenata l'ennesima diatriba sul 25 aprile ovvero l'anniversario della Liberazione.
A distanza di 74 anni, con netta evidenza, c'è ancora chi non ha compreso l'importanza di quella data.

Il 25 aprile non è la festa dei comunisti. 
E' la festa del popolo italiano, che è stato capace di liberarsi da una feroce dittatura e che, non senza difficoltà politiche e umane, ha dato vita a una democrazia e ha scritto una delle Costituzioni più belle e complete del mondo. Una Costituzione nata dal sacrificio di giovani e meno giovani non soltanto comunisti ma anche socialisti, cattolici, liberali, anarchici e monarchici.
Cosa li univa? L'antifascismo. La necessità di soverchiare un regime repressivo, violento e intollerante per poter avere un futuro.

Chi oggi dice che il 25 aprile è la festa dei comunisti, in sostanza non ha capito un tubo. Ma può esprimere la propria opinione perché, qualcuno, più di 74 anni fa ha lottato e (spesso) perso la vita perché quell'opinione potesse essere espressa.
Chi oggi dice che il 25 aprile è la festa dei comunisti non ha mai letto la storia; non ha mai nemmeno voluto ascoltarla. Probabilmente ha pensato che studiare la storia non serva a nulla. 

Ma noi siamo nulla senza memoria.
Se ci dimenticassimo sempre dei nostri errori non faremmo che ricompierli. Se non ci ricordassimo che il fuoco brucia, ogni volta di fronte a una fiamma ci metteremmo la mano sopra.

Eppure, a 74 anni di distanza c'è ancora chi vorrebbe fare di tutta l'erba un fascio. Mica detta così per dire. Il fascismo non è solo il passato con Mussolini e suoi gretti gregari. 
Il fascismo è l'intolleranza contro ogni diversità. Il fascismo è violenza. Il fascismo è pesante patriarcato. Il fascismo è propaganda e non informazione. Il fascismo è l'eliminazione, anche fisica, di tutto ciò che può metterlo in crisi.

Settantaquattro anni fa, una generazione di donne e uomini si è liberata di Mussolini e dei suoi gretti gregari. Ma, mi pare che del fascismo non ci siamo ancora liberati. Per questo, il 25 aprile deve essere la festa di un popolo intero, indipendentemente dall'ideologia politica, che immagina un mondo migliore di quello in cui vive e che vuole fortemente lasciarlo in eredità alle generazioni che verranno.

lunedì 22 aprile 2019

#254 Il fastidio superficiale

Ci sono cose che mi danno fastidio.
Come succede a tutti, presumo.
Per ognuno di noi sono cose diverse, spesso opposte. La capacità di adattamento o di reazione sensata alle cose chi ci danno fastidio (ma che non sono rilevanti) fa di noi persone pensanti.

Faccio il mio breve personale esempio, in ordine sparso:
- essere continuamente toccata con le mani durante una conversazione (la mia attenzione o ce l'hai o non ce l'hai; pungolarmi continuamente non cambia le cose)
- vedere sparecchiare un tavolo ancor prima di aver finito di mangiare o immediatamente dopo. Che i commensali che hanno finito di nutrirsi si alzino, lo tollero. Soprattutto se sono bambini o ragazzini. Se sono adulti, meno.
- leggere frasi completamente sgrammaticate. Dare sempre la colpa al T9 non funziona. Al limite corregge una "e" accentata. "Se io avrei" non lo corregge. E' proprio sbagliato. 
- vedere la gente uscire dal bagno e non lavarsi le mani
- il profumo utilizzato in dosi massicce. Peggio ancora se usato al posto di una doccia.
- i libri sottolineati a penna o evidenziati.

Ci sono altre cose ma adesso, a dirla tutta, non mi vengono in mente.
Sono sciocchezze. Non sono comportamenti contro i quali valga la pena di scatenare una crociata. La più parte delle volte non valgono nemmeno una discussione.
Altri, al posto mio, probabilmente non ci farebbero nemmeno caso. E non escludo che abbiano ragione. Io non faccio caso a un sacco di cose che per altre persone sono fastidiose.
In sostanza, non c'è neanche il dolo.
Ma io non riesco a evitare, in ogni caso, di essere infastidita.

domenica 21 aprile 2019

#255 Lo svolgimento

Non siamo neanche più capaci di fare festa per fare festa e basta.
Riusciamo sempre a impegolarci in discorsi complessi. Oggi, in particolare, i discorsi complessi si sono trascinati domande delle quali non possediamo risposte. Domande per cui vorremmo seriamente avere risposte. Ma niente. Loro, le risposte, non sono alla nostra portata.
A volte mi sembra di essere tornata al liceo a risolvere i problemi complessi di analisi. Cose che mi sembravano imperscrutabili finché non arrivava il professore e mi mostrava l'arcano.
Solo che oggi chi mi svela l'arcano non c'è.
La vita degli adulti è piena di domande senza risposta. Possono esserci, al massimo, interpretazioni. Ma io ho capito sia le ipotesi che la tesi. Mi manca tutto lo svolgimento.

sabato 20 aprile 2019

#256 Parzialmente svegli

Finalmente sono arrivati. Due giorni di riposo.
Oggi, alla fine, mezza giornata l'ho lavorata quindi non conta come riposo. Sopratutto perché ieri sera alla fine ho fatto tardi e sono in debito di sonno. Oggi pomeriggio ho provato a recuperare spiaggiandomi sul divano ma credo di aver sonnecchiato solo un'oretta e non è stata sufficiente.
Non ho più i tempi di recupero di quando avevo trent'anni.
Quindi i programmi per la serata sono di approfittare nuovamente del divano, che si è dimostrato uno dei migliori acquisti nel trasloco.
Considerato che oggi ho solo lavorato, cucinato e oziato non ho un granché da raccontare, se non che in questo istante due umani, un felino e un cane hanno avuto tutti la medesima idea: riposare.
Solo i due umani sono ancora parzialmente svegli. 
Giusto perché io devo scrivere e il telefilm è interessante.
Buona Pasqua a tutti, amiche e amici. 

venerdì 19 aprile 2019

#257 Un libro di carta

Mi sono distratta un attimo e abbiamo già passato la metà di aprile.
Questo mese sta volando via alla velocità della luce e quei pochi giorni festivi che lo puntinano non mi dispiacciono affatto.
La speranza è che non diluvi sempre perché, tolto il 25 aprile, non mi sono presa impegni e vorrei andare a camminare in montagna.
Ho installato sul mio telefonino una simpatica applicazione per riconoscere le erbe e le piante. L'ho testata su quelle che conoscevo e siccome mi pare attendibile, voglio imparare a conoscerle meglio.
Premesso che con le piante sono negata. Se non ha su un frutto che conosco non distinguo una quercia da un ciliegio. E siccome un sacco di piante non fanno proprio nessun frutto, per lo meno commestibile e dunque a me noto, è un vero problema.
Così, per non tediare costantemente le persone ho installato questa app, che si chiama Plantnet.
Se mi desse anche informazioni sulla commestibilità o meno della pianta sarebbe bello, ma saperne il nome mi consente comunque poi di accedere a tutte le informazioni che mi servono.
Vorrei dotarmi di un libro che parli delle erbe commestibili che si trovano nei nostri prati. Vorrei un libro di carta, però. Mi piacciono i libri di carta. Le app sono comode ma imparare le cose sui libri mi dà una soddisfazione maggiore. Sono antica.

giovedì 18 aprile 2019

#258 E, sì, parliamo con il cane

La giornata era cominciata bene. 
Quando i ragazzi sono a casa da scuola guadagno 40 minuti di sonno. Praticamente recupero l'ora legale.
Al lavoro tutto ok, senza nemmeno fastidiose grane.
Insomma, una giornata di lavoro impegnata ma tranquilla.
Poi la spesa con la mia mezza mela, tornato incredibilmente da lavoro presto e persino una birretta di aperitivo.
Poi arriviamo a casa e il cane aveva distrutto quello che restava del suo materassino. Vabbé pazienza, dormirà sul pavimento.
Poi guardiamo fuori e quel gran bastardo figlio della Novalesa mi ha anche scavato mezza della mia nuova aiuola delle erbe. (Non che abbia qualcosa contro la Novalesa ma il canide bianco viene da là).

Due giorni. L'ha lasciata in pace solo due giorni.
Mi hanno detto che il cane non si può mangiare. O per lo meno, non è bello nutrirsi del proprio cane. Poi è vaccinato e c'è poca carne.
Era bellissima la mia aiuola.

La mia mezza mela, che cerca sempre di farmi tornare il sorriso, me l'ha risistemata come è riuscito. Sembrava meno disastrata dopo.
Ma io continuavo a pensare a cucinare il cane.

Poi è arrivato Aaron, il cane.
Con la sua faccia colpevole e i suoi occhioni marroni, scodinzolante e amorevole. E io gli ho detto: "Sei stato cattivo! Mi hai distrutto l'orticello!". Lui ha abbassato le orecchie e ha continuato a scodinzolare amorevole. Chiaramente, non aveva capito una parola di quello che gli avevo detto, se non che ero arrabbiata. 
"Neanche ho capito cosa ho fatto" mi ha detto con gli occhi. 
E la mia mezza mela: "Lo sa cosa ha fatto. Gli ho messo il muso nella terra, ha capito". 
E il cane: "..." 
E occhioni e coda scodinzolante e amorevolezza.

Vabbé dai, sono solo due piantine. 
Alla fine non è così importante. 
Sciocco di un cane. Ti voglio bene.

Comunque, per sicurezza, la mia mezza mela ha messo una rete intorno all'orticello.
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum.
E, sì, parliamo con il cane.

mercoledì 17 aprile 2019

#259 Dell'importanza di invecchiare e di altre cose

L'unico modo per non invecchiare è morire giovani. 

Se si esclude di volerlo fare, bisogna imparare ad accettare il proprio invecchiamento. Soprattutto se non si fa nulla per rallentarlo. 
E' inutile lamentarsi che il fisico non è più quello di una volta, che i muscoli sono flaccidi e che dopo dieci scalini si ansima come torelli, se l'unica attività che si pratica è il sollevamento delle posate seduti a tavola.
Per quanto riguarda le rughe, un bel "chi se ne frega" ce lo vogliamo mettere? E' improbabile che un milionario finlandese o un'ereditiera sudamericana non si innamorino di noi per via delle rughe dovute all'età. Chi ci ama, lo fa indipendentemente dal numero di rughe sul nostro volto. Se così non fosse, perché chiamarlo amore?

E poi, il cervello.
Lui è il più facile da allenare. Non si deve neanche andare in palestra a sudare. Basta leggere libri e quotidiani, informarsi, fare conversazione con persone in grado di sostenerla, giocare a carte o a scacchi, fare il sudoku o le parole crociate.

Il cervello andando avanti con l'età dovrebbe raggiungere più elevati livelli di saggezza. Su questo inviterei a riflettere dell'importanza di invecchiare.
Se possibile bene. 
Innanzitutto, accettando l'ineluttabilità del proprio invecchiamento. Che è segno di grande fortuna poiché non si è morti giovani.
Poi, senza voler fare cose che non si riescono più a fare ma investendo su quelle che, invece, si dovrebbero fare decisamente meglio. 
Per esempio, pensare.

martedì 16 aprile 2019

#260 La pera non cade mai lontana dall'albero

Ferrara. Undici anni. Con l'arroganza e il razzismo che hanno imparato, sicuramente, in famiglia, alcuni bambini spintonano e insultano un loro coetaneo di origini ebree e gli dicono "Quando saremo grandi faremo riaprire Auschwitz e vi ficcheremo tutti nei forni".
Il primo che dice che i ragazzini potevano anche non sapere cosa significavano i campi di concentramento si faccia un importante esame di coscienza.

Se i professori di mio figlio mi convocassero dicendo che è stato responsabile di questa aggressione agghiacciante, probabilmente lo porterei sul luogo di questa immane tragedia e gli farei visitare quello che resta dei campi in pigiama e zoccoli. A gennaio.
Visto che, sicuramente, la colpa sarebbe mia lo farei anche io il giro, in pigiama e zoccoli.

Alcuni anni fa ho sentito un bambino di sei anni insultare una donna in un modo che non poteva appartenergli. Quegli insulti li aveva certo sentiti in casa e poi ripetuti fuori. Probabilmente (in questo caso sì) se gli avessi chiesto cosa significavano non avrebbe neanche saputo dirmelo.

I primi insegnanti dei nostri figli siamo noi. Con il nostro esempio e con le nostre parole. Se, in casa, loro ascoltano frasi come "se io potrei venire", loro a scuola e fuori casa dicono "se io potrei venire". Se, in casa, ascoltano quotidianamente il papà che insulta la mamma, saranno più portati ad offendere le donne. Se, in casa, si cova razzismo, loro saranno più propensi a esserlo. Se non si ha rispetto per le cose proprie e altrui, saranno più propensi al vandalismo.
La reazione può essere anche contraria ma è difficile, soprattutto da ragazzini. Magari, il confronto con il mondo esterno sarà fondamentale e loro potranno capire che quell'atteggiamento era sbagliato. Ma ci vorrà tempo, professori e amicizie giuste e un po' di fortuna.

Non dovremmo mai sottovalutare che la pera, in linea di massima, non cade mai lontano dall'albero.

lunedì 15 aprile 2019

#261 Désolée pour Notre Dame

Tornata a casa, un po' stanca dalla giornata e dal mancato recupero del sonno perso nel fine settimana, io e la mia mezza mela abbiamo comunque deciso di utilizzare un'oretta e mezza di tempo per mettere in terra gli aromi che abbiamo comprato sabato.
Fresato, pulito, sistemato, realizzato un terrazzino e piantato.
Sono molto felice del risultato.
Guardo il cane preoccupata che decida di ararmene via la metà e spero che abbia il buon senso di ignorare le mie piantine esattamente come fa con le altre.
Domani dovrebbe piovere e smettere al contempo di fare freddo. Prima il cortile e poi sarà tempo per l'orto.

Appena entrati in casa, accendo la tivù e scopro che Notre Dame sta bruciando. Sono attonita. Subito penso ad un attentato ma, per fortuna, pare si tratti di un drammatico incidente.
Non sono mai stata a Parigi e non ho mai visto Notre Dame dal vivo ma è un monumento talmente famoso che tra libri, film e documentari qualcosa ti resta appiccicato.
Vederla bruciare così, senza che si possa in qualche modo evitare che tutto il soffitto crolli, è molto triste. Incalcolabili i danni, non solo per i parigini. Ma per loro soprattutto perché la cattedrale era un simbolo importante della capitale francese.
Io non mi intendo di restauri ma mi auguro si possa agire in futuro per ricostruirla quanto più fedelmente possibile. Lasciare le macerie nel cuore di Parigi sarebbe una ferita sempre dolorosa.

Piccolo orto degli aromi

domenica 14 aprile 2019

#262 La partenza di domani

Ore 22.54
Dovrei stendere. Dovrei lavare i patti. Dovrei cercare di esistere.
Invece, metto le ultime forze disponibili per scrivere quattro righe rimandando tutto a domani come se non me ne fregasse nulla. 
Oh, aspettate... non me ne frega davvero nulla.
Ma ho avuto un'idea. Faccio scrivere alla mia mezza mela il post quotidiano, rendendo tutto più difficile stando appesa alla sua spalla destra e cazziandolo quando sbaglia a scrivere.

"Ciao sono Guido la ormai celeberrima mezza mela che non sa scrivere con una tastiera moderna, ma dove sono finite le care buone vecchie Olivetti? Quelle sì che erano macchine di livello. Ma torniamo a noi. Oggi è stata una piacevole e gogliardica giornata..."

Ma niente. Dopo tre righe ho deciso che la mia dolcissima mezza mela avrebbe potuto anche farsi un blog tutto suo. Domani, oltre a lavare i piatti e stendere, prima di andare a lavorare, gli aprirò un canale.
- Nooooo. Non voglio nessun canale. 

Dice.
Dice che non saprebbe cosa scrivere.
Neanche io so cosa scrivere la maggior parte delle volte. Comincio con un pensiero e poi di fronte al foglio bianco tutto si trasforma. Il foglio bianco è un obiettivo, un traguardo. Ma non si riesce sempre a tagliare il nastro. A volte, si inciampa a mezza strada. E' umano e ci sta. L'importante è sapersi rialzare sempre e rimettersi in pista. Mica per il mondo che fa il tifo. Giusto perché il traguardo di oggi non è che la partenza di domani.

sabato 13 aprile 2019

#263 Esperimenti primaverili

La giornata fredda mi ha fatto venire voglia di pensare alla primavera.
Così, io e la mia mezza mela, ci siamo comperati tutti gli aromi da piantare nello pseudo-giardino che circonda la nostra casa. Di menta ce n'erano già sei ettari cresciuta spontanea pertanto abbiamo soprasseduto sul suo acquisto. 
Ci siamo concentrati su quello che mancava, cioè tutto tranne menta (appunto) e alloro. Quindi siamo andati da un amico a comprare i piantini e abbiamo preso rosmarino, salvia, origano, timo limonato, melissa, erba di San Pietro, erba cipollina, prezzemolo e due qualità di basilico.
Se sopravviveranno al gatto, appena sarà passata quest'ondata di freddo saranno trapiantati all'esterno in apposita aiuola dove avranno il tempo di ambientarsi.
Con la menta, ieri sera ho preparato una salsa per la carne. Una salsa semplice ma devo dire molto buona. Basta un mazzetto di menta, un po' di aceto, sale, pepe e olio extra-vergine.
Invece, domani potrò assaggiare un altro esperimento che ho messo in lavorazione due settimane fa.
Vi tedio un minuto per raccontarvi l'antefatto. Una sera siamo andati a mangiare al Cresto al ristorante di un'amica di vecchia data. Mi ha fatto assaggiare i boccioli di tarassaco (che io ignoravo si potessero mangiare) che hanno sostanzialmente il sapore dei capperi.
Questa primavera ho deciso di provare a farli e ne abbiamo raccolti un bel po'. Messi in opportuna salamoia necessitano di due settimane almeno di "stagionatura". Domani saranno trascorse le due settimane. E onestamente spero che siano almeno buoni la metà di quelli di Matilde.

venerdì 12 aprile 2019

#264 Ubi connessione, minor cessat

La connessione. Siamo schiavi della connessione.
O per lo meno, io lo sono.
Una volta avevamo carta scritta a mano, fotografie stampate, musica su supporti vari. Avevamo lettere inviate e ricevute, spedite con i francobolli. Avevamo (questi io li ho ancora) libri con le pagine di carta. Avevamo un telefono che non aveva bisogno di ricarica.
Da più di dieci anni a questa parte, la maggior parte di tutti i miei ricordi non li posso più toccare. E' tutto virtuale. 
E' comodo, per carità, non sto dicendo che sarebbe meglio tornare alla tavoletta di cera e allo stilo. Sul telefono ho tutta la mia vita lavorativa e non. Email, foto, blog, racconti, annotazioni, pdf, eps, xls, jpg, cdr e chi più ne ha più ne metta. 
Una roba che se da domani mi mancano corrente o connessione posso sostanzialmente tornare al 2000. Di buono c'è che la corrente oggi sappiamo produrla anche con piccoli fotovoltaici portatili perciò magari due o tre anni li recupero. Quelli in cui ancora non avevamo il cloud.
Il cloud. La nuvola.
Bello. Comodo. Tutto sempre in tempo reale grazie alle nostre fantascientifiche connessioni (il tono ironico immaginatelo). Con il telefono gestisco la mia vita. 

- Ma quando non c'è connessione?

- ODDIOOOOO non c'è connessione. Ma un wi-fi? Mi fai da router? Almeno il bluetooth... no, il bluetooth no. Non me ne faccio niente. Ma il guasto sarà grave? Dovrò cambiare il telefono? E le mie app e tutto il resto? 

Io ho studiato informatica. Ho lavorato tanto con le persone e dicevo sempre loro "Fatevi un backup in modo che se succede qualcosa avete una copia di riserva". 
Ma bisogna sempre fare quello che il prete predica e non quello che fa.
Tre anni fa, un giorno, il mio hard disk si è rotto e io ho perso in un millisecondo quattro anni di lavoro. Solo il miracolo di un amico che ci sa fare mi ha permesso di non restare a piangere un mese sulla scrivania. E' riuscito con macumbe a me sconosciute a ritrovare l'80% del distrutto.

Per restare in ambito di proverbi, "errare è umano ma perseverare è diabolico". 
Per quanto riguarda il lavoro ho fatto installare un sistema automatico di backup su due hard disk paralleli.
Ma la copia backup degli ultimi vent'anni della mia vita?
Niente. Spero nella connessione permanente.


giovedì 11 aprile 2019

#265 Fa fico e non impegna

Mentre Salvini ci conforta dicendo che non parteciperà al 25 aprile e, dunque, nessuno di noi dovrà farsi venire il mal di stomaco in piazza, il suo collega Di Maio ci spiega l'importanza di questa festa.
Lo ringrazio ma mi viene il dubbio che quelle quattro righe sensate di dichiarazione gliele abbia scritte qualcuno, visto che lui è lo stesso Di Maio che fa da spalla al collega destrorso sui porti chiusi e lo stesso che lo ha sostenuto in parlamento votando no all'autorizzazione a procedere nei suo confronti, poiché indagato di aver violato i diritti umani di numerose decine di migranti. Oh, è anche lo stesso che sostiene il decreto sicurezza. Che ritiene "un po' rigido" il decreto Pillon.
Mi viene da pensare che quelle quattro righe le abbia imparate a memoria ma che nel suo cervello non abbiano finalizzato nessun ragionamento.

Molti anni fa ho avuto la fortuna (o la sfortuna, a seconda dei punti di vista) di insegnare informatica nel liceo in cui mi sono diplomata. Ai miei allievi non ho mai negato l'utilizzo di qualsivoglia appunto o libro di testo perchè sono convinta che uno possa anche avere sotto mano le regole ma se poi nel suo cervello non si sono trasformate in meccanismi, averle  a disposizione non serve a nulla.
Oggi, leggendo le dichiarazioni del pentastellato vicepremier mi è tornato in mente tutto questo.

La Resistenza ha portato a scrivere la nostra bella Costituzione. Tuttavia, oggi la bistrattiamo calpestandone i principi fondamentali. Al punto che diversi governi hanno cercato di modificarla per "adattarla" ai nuovi principi fondamentali odierni: l'egoismo, la centralità del denaro, il patriarcato, lo sfruttamento delle fasce deboli.
Citare la Costituzione "fa fico e non impegna" si direbbe. Averla letta una o due volte sarebbe bello. Saperla addirittura calzare sulla realtà che viviamo, beh, sarebbe eccellente. 
Mi pare, sfortunatamente, un risultato insperato.

mercoledì 10 aprile 2019

#266 Cento giorni

Domani sono 100 giorni che è cominciato il 2019.
Il bilancio dei cento giorni è andato fuori moda con la decadenza del Pd ma, a differenza di quanto io faccia nello stesso partito, ripongo grandi speranze nel restante anno in corso.
Cento giorni e cento post. Sono sicura che già in questo breve tempo mi sarò ripetuta. Ma i diari consentono le ripetizioni. Non sono mica temi o trattati.
Alcune cose sono cambiate. 
Per esempio, piove. Ha smesso di tirare vento in continuazione e, adesso che ci eravamo abituati alle temperature miti, è tornato il clima della stagione. Piove anche bene, senza esagerare, facendo bene alla terra.

Cercavo un altro esempio ma non mi viene.
Direi che la maggior parte delle cose sono rimaste assolutamente identiche a se stesse.
Tra le quali vorrei citare il mio immutato disgusto per questo governo. Ma a questo proposito, mi sono resa conto che il mio è un immutato disgusto per gli ultimi cinque governi almeno. Probabilmente potrei risalire anche più indietro ma il mio cervello si rifiuta di ricordarli tutti.
Sono anche molto preoccupata di dover andare a votare a maggio. Oltre che per le comunali, si vota per la Regione e le alternative, per come la vedo io, sono tutte irricevibili.

- Come vuoi morire? Annegata? Arsa viva? Impiccata o fucilata?
- Sa, veramente io non vorrei morire
- Mi spiace, non è un'opzione contemplata
- Che culo.

Sulle comunali soprassiederei perché ne ho parlato giusto ieri l'altro.

Cento giorni. Non sono pochi. Quasi un terzo dell'anno. 
Il tempo di capire cosa succede e, vedrete, sarà estate.

martedì 9 aprile 2019

#267 Il tasto REC

Oggi avevo un sacco di idee che se avessi potuto scrivere sul momento avrei elaborato un poema.
Poi sono arrivata a casa, mi sono messa a fare le solite cose, ho cenato e, alla fine, i pensieri sono svaniti. Quando ero piccola mi dicevano che se non mi fossi ricordata cosa dovevo dire significava che avrei voluto dire una bugia. Oggi credo sia più un mio rimbecillimento generale.
Ho la memoria che ha la forma di uno scolapasta.
Ogni anno si allargano di più i fori e i pensieri scivolano via sempre meglio.
Dovrei girare con un registratore. Così quando mi viene in mente una buona idea, la fisso immediatamente. Basterebbe una qualsivoglia app per registrare. Il registratore è roba da museo. Magari con le cassette, che quando si svolgevano le arrotolavamo con la Bic.
Credo avessi intorno ai 16 anni quando mio padre mi regalò il mio primo walk-man. Era bellissimo, nuovo fiammante, con le cuffie contornate di gommapiuma arancione. Quando la radio trasmetteva un pezzo che mi piaceva mi avvicinavo alla cassa e premevo REC. Sulla qualità del suono che rimaneva inciso soprassiederei, ma finalmente potevo avere qualcosa che somigliava alle odierne amate playlist.
Spesso tagliate, perché prese in ritardo o con la voce del dj che si mangiava il finale. Per questo eravamo sempre alla ricerca di stazioni radio in cui parlassero il meno possibile o avessero rispetto dei finali delle canzoni. Una lotta impari. Ma che ne sanno i 2000, mi verrebbe da dire.
Comunque quel walk-man da qualche parte ce l'ho ancora. Si nutriva di quattro pile stilo che non duravano mai abbastanza. 
Chissà se funziona ancora. 
Chissà se riuscirei a trovare una cassetta per provarlo.

lunedì 8 aprile 2019

#268 Dipende da cosa cambierebbe

Il periodo prima delle elezioni amministrative, nei piccoli comuni, è sempre interessante.

- Da te si vota?
- Non so mica sai? 
- Hanno asfaltato strade che attendevano un manto nuovo da anni? Costruito una fontana? Inventato una nuova festa proprio prima delle consultazioni?
- Mmmm... forse no.
- Ti saluta gente (o ti chiede l'amicizia su Fb) che ti conosce da anni ma, prima di oggi, non ti ha mai calcolato o ti ha calcolato solo se gli serviva qualcosa?
- Questo forse sì.
- Allora da te si vota.

Definito il generale limitato interesse per le elezioni amministrative (le ragioni del quale possono essere riassunte in decenni di governo pressoché uguale a se stesso a prescindere dalla compagine) nascono altre conversazioni interessanti.

Caso 1
- Tu chi voti?
- Non lo so, pensavo che quel fine settimana forse sarò al mare.

Caso 2
- Tu voti X?
- Piuttosto quel fine settimana vado al mare.

Caso 3 (analisi politica più pregnante)
- Tu chi voti?
- Mah. Non credo che faccia molta differenza. Magari voto X perché è il marito/moglie di mia cugina/cugino e può darsi che riescano ad aumentarmi la cubatura della casa sul piano regolatore.
- Ma è zona a rischio molto elevato
- Ma X è uno che queste cose riesce a sistemarle.

Caso 4
- Tu chi voti?
- Salvini!
- Alle comunali...
- Cosa sono le comunali?

Caso 5
- Tu chi voti?
- Devo votare per forza?
- Ma no, è un diritto mica un dovere.
- Ah, meno male.

Caso 6
- Tu voti qui?
- No. Devo fare un cartello?

Caso 7
- Tu chi voti?
- Mah, nel dubbio pensavo di candidarmi sindaco.
- Ma ormai è tardi.
- Non è mai tardi.

L'amministrazione locale è un governo sottovalutato. Dall'elettorato con assoluta certezza, ma anche da chi si candida a governare. I soldi con cui cambiare davvero le cose sono pochi, sempre meno. Le capacità di manovra limitate. Le ore da dedicare, illimitate. Le responsabilità enormi.
Anni fa, quando ho lottato con tutte le mie forze per dar vita alla Pro Loco di Bruzolo, le persone pensavano che puntassi all'amministrazione. 
Ma, voglio dire, se avessi puntato all'amministrazione mi sarei candidata sindaco o consigliere o chicchessia. Perché fare mille giri alla democristiana? Non che non ci abbia pensato. A candidarmi, intendo. Direttamente. Non a diventare sindaco passando per la Pro Loco. Questo no.

Caso 8
- Tu chi voti?
- E' importante?
- Certo che lo è.
- Dipende.
- Da cosa?
- Da cosa cambierebbe.


domenica 7 aprile 2019

#269 Le giornate senza pensieri

Alla fine le giornate cui devo rosicchiare il tempo per scrivere sono le migliori.
Erano giorni che non dormivo fino ad un naturale risveglio. Colazione,  passeggiata con il cane, pranzo (un po' prestino se devo dire) e via verso la partita di calcio del mio giovane figlio maschio. 
Si era deciso che dopo avremmo mangiato giapponese per accontentare adolescenti e non. Ma prima abbiamo avuto la fortuna di incontrare, facendo la spesa, un paio di amici che non si vedeva da un pezzo.
Così un incontro fortuito si è trasformato in una gran bella serata. 
Se ci pensate è strano che ci siano amicizie che attraversano i decenni al di là delle frequentazioni non assidue come meriterebbero. L'affetto e i legami sono in grado di resistere anche all'assenza se sono puri. Ci vuole solo un attimo per riprendere la familiarità, aggiornarsi sulle novità. Così, come se dall'ultima volta fosse passata una settimana e non un anno.
Non è un gran bel periodo della mia vita a causa del lavoro ma serate come questa mi fanno tornare il buonumore.
Domani (anzi tra poco) è di nuovo lunedì.
Aprile. A.D. 2019.
Il tempo vola. Stasera mi sembra solo ieri che siano successe tante cose e invece sono passati anni. Sembra incredibile che i giorni si susseguano a velocità smodata anche se, quando li vivo talvolta appaiono interminabili.
Chi io sarei e come sarebbe la mia vita senza i miei amici e i miei affetti non so dire. Sicuramente sarei una persona peggiore.


sabato 6 aprile 2019

#270 Te lo ricordi Z?

Il problema di scrivere un blog ogni sera è riassunto nel fatto che quando mi siedo per scrivere gran parte delle riflessioni che ho fatto nella giornata, esse sono svanite.
Dovrei avere un registratore per scriverle quando mi vengono. E anche un software che, data la registrazione, la trasforma in un testo.
Perché mettiamo che io faccia, in tutto, venti minuti di riflessioni. Esse si trasformano in un milione di righe. Nessuno ha voglia, se non per masochismo,  di leggere un testo che nella testa si trasforma in venti minuti di parlato.
La mia lotta contro coloro che non hanno il dono della sintesi ha attraversato tutta la mia vita. Ci sono persone che per sviluppare un concetto semplice (è successo A dunque B) ci mettono mille mila minuti, aprendo una serie infinita di parentesi la maggior parte delle quali non solo completamente inutili ad argomentare il concetto ma, spesso, inutili in assoluto.
Mia mamma è così. Comincia a dirmi una cosa e per ogni soggetto, verbo o complemento oggetto apre settecento parentesi.

Provo a fare un esempio. Concetto da dire: oggi ho visto X, ti saluta.
Sviluppo: Sai chi ho visto oggi? X! Erano mesi che non lo vedevo perché ha avuto un problema di salute, non grave per carità, capita a una certa età. Tra l'altro la stessa cosa era già accaduta a Z e se l'era cavata con una terapia. Te lo ricordi Z? No? Ma sì, dai, eri piccola ma era il marito/moglie di W, che ti portava sempre la caramella alla menta quando veniva a trovarci. Adesso che ci penso a te non è mai piaciuta la menta. Ma se vieni a pranzo domani ti faccio la peperonata che ne sei sempre stata ghiotta. O non ti piace più? Ah, meno male. Comunque, alla fine Z è morto. Te l'avevo detto? Non importa se non te lo ricordi ma non è morto di quella patologia. Era anziano/a. Tra l'altro quando vado dal medico è sempre pieno di anziani. Ah, devi andare? Comunque X ti saluta.

Mamma a parte, cui voglio bene a prescindere dalla difficoltà di comprendere dove vuole arrivare nelle conversazioni, io amo chi ha il meraviglioso dono della sintesi. Ma, soprattutto, amo chi lo sa usare.

venerdì 5 aprile 2019

#271 Aprile dolce dormire

Sarà che è la prima settimana di ora legale ma io ho vissuto sei giorni di sonno perenne.
Poi, non so a voi, ma a me questa cosa che il mattino ci sono 8 gradi, il pomeriggio 24 e la sera 15 mi sballa completamente. Ho grandi difficoltà a non crollare addormentata su qualsiasi cosa sia a malapena morbido.
Aprile dolce dormire.
Riuscendoci.
Invece niente. Non c'è mai pace neanche il fine settimana.
Passerà.

Ieri sera ho cominciato a vedere Mindhunter su Netflix. Il primo episodio non è stato particolarmente accattivante ma ho deciso di dare alla serie almeno quattro episodi per conquistarmi. Il secondo dovrò rivederlo perché prima della metà mi sono addormentata.
E' andata bene che mi sono svegliata per caso a una certa ora. 
Mi sono trascinata dal divano al letto e ho pensato: "Adesso ci metterò un'ora a riaddormentarmi". Non credo di aver finito il pensiero che già dormivo. 
Potrei esportare melatonina. Forse ne ho troppa.
Mi fa dormire persino Sgarbi a Otto e mezzo. Di solito mi fa irritare come le ortiche. Invece stasera mi mette sonno. Se mi mettessero sonno anche Salvini e la Santanché sarei al livello coma vegetativo.

Vabbè, vado a buttarmi sul divano. Chissà tra quanti minuti starò russando.

giovedì 4 aprile 2019

#272 Il tono delle parole

Stasera avrei bisogno di uno sfogo.
Avrei bisogno di poter dire le cose senza filtri.
Avete presente lo sketch di Aldo, Giovanni e Giacomo quando dicono ad Aldo che ha la ghiaia nel cervello e tutto quello che pensa arriva alla bocca direttamente? Ecco. Stasera vorrei avere la ghiaia a fare da setaccio ai pensieri.
Già normalmente sono una che non la racconta troppo. Insomma, quello che devo dire lo dico. Sostanzialmente a chiunque. Magari ci costruisco su un giro di parole perché non sembri tanto diretto. Magari metto mano a tutti i sinonimi che mi vengono in mente e, perché no, alle metafore. Però, insomma, sono piuttosto comprensibile. Io credo.
Oggi vorrei avere la maledizione di dire alle persone quello che penso senza i filtri del linguaggio. Perché è una maledizione. Le persone, in linea di massima, non vogliono sentirsi dire ciò che pensi davvero. Hanno bisogno di essere sostenute, rassicurate. La maggior parte delle persone non dialoga per avere una nostra opinione. Parla perché ha bisogno di sfogarsi.
Lo faccio anche io, a volte. Quando ho bisogno di sfogarmi. Poi, però, se il mio interlocutore esprime un'opinione che non mi piace non ne faccio un dramma. Mal che vada ci penso tra me e me e, se decido che si tratta di una cazzata, dimentico immediatamente. Se invece penso che l'obiezione sia sensata ci rifletto. Ma non mi offendo. Non mi faccio prendere male. A meno che io non sia seriamente dalla parte del torto e, in questo caso, che io ci stia male mi sembra il minimo.
Con diverse persone ho avuto a che dire sul tono utilizzo per dire le cose. Il tono avrà anche la sua importanza, non discuto. Ma è il contenuto ad essere importante. 
Per lo meno quando parlo io. Per gli altri non posso dire. Perché io ho un modo chiassoso di comunicare.
Con gli anni ho imparato a mettere la sabbia sempre più fine al posto della ghiaia. Ma, onestamente, non so ancora se possa essere considerato un pregio.

mercoledì 3 aprile 2019

#273 Gli anni invincibili

Ci sono stati anni, in passato, in cui mi sono sentita invincibile.
E' un privilegio della gioventù, il sentirsi invincibili. Pensare di poter fare tutto senza aver nulla da perdere.
Per ognuno sono anni differenti. Per me, che a casa con i miei avevo i movimenti limitati come se portassi il braccialetto elettronico, sono arrivati tra i 24 e i 29, per lo più.
Sono gli anni che bruciano in fretta, quelli delle piccole e grandi stupidaggini. Quelli che, se ti va bene, dopo, sei ancora tutto intero. 
Io sono cresciuta in una famiglia che non mi permetteva molto ma che mi ha trasmesso sempre grande rispetto per la vita e rispetto per me stessa e per il prossimo. Questo, devo dire, in talune occasioni è stato essenziale.
Comunque, gli anni in cui mi sono sentita invincibile hanno diviso il mondo in persone che non dimenticherò mai e persone che, neanche con impegno, riesco a ricordare. Quale sia stato il discrimine, giuro, lo ignoro. Ma ci sono uomini e donne di cui, in sostanza, sapevo poco o niente che sono rimaste indelebili. Altre, con cui magari ho passato serate e sbruffonate, sono svanite.
A volte la mia mezza mela, con cui ho condiviso parte di quegli anni invincibili, mi racconta di qualcosa che è successo e in cui io ero presente e mi sembra che parli di un'altra. A volte cerca di farmi ricordare volti che il mio cervello ha completamente dismesso.
Mi piace dare la colpa al fatto che ho sempre fatto lavori a contatto con tantissima gente, ma credo che sia qualcosa di diverso.
Fatto sta, che oggi ho saputo della morte di un uomo che ha attraversato quegli anni in cui mi sentivo invincibile e che mi ricordo molto bene. L'ho saputo dai social perché, oltre al nome e alle vicissitudini di vita che ci hanno fatto incontrare per un periodo, di lui non sapevo nulla. Nulla esclude che se lo avessi conosciuto in maniera differente potrei avere ricordi spiacevoli. Nulla esclude l'esatto contrario.
Ma quegli occhi azzurri, il sorriso che usciva anche quando era stanco, le cazzate il mattino alle tre e quella musica che ci trascinava a ballare anche quando non potevamo perché eravamo al lavoro saranno sempre una parte di me.
Nel mio caso, gli anni in cui mi sentivo invincibile sono anche stati i più superficiali di tutta la mia vita.