giovedì 28 febbraio 2019

#307 Birba

Birba
Lei è Birba. Il mio lievito madre.
E' nata il 20 novembre 2017.
Nonostante la usi ormai da più di un anno, quasi esclusivamente per fare il pane, io e lei non siamo ancora arrivate ad avere un buon rapporto di conoscenza.
Il pane viene decente ma sono convinta che sarebbe decisamente migliore con un forno più evoluto del mio. D'altra parte, quello ho e quello uso. Io sono contraria alla sostituzione di un elettrodomestico funzionante pur se sottodimensionato rispetto alle nuove tecnologie. Vale per il forno così come per lo smartphone. Finché non muore fa parte della mia vita.
Ma torniamo al lievito.
Ho usato per anni quello del supermercato. Sia quello di birra che quello in polvere. Che hanno, per ovvie ragioni, tempi più ristretti di lievitazione. Ma mi fissai che fosse sciocco comperare un lievito se puoi allevarne uno in casa.
I risultati mi danno ragione solo in parte perché la pizza continua a non venire come vorrei anche se la faccio lievitare 20 ore.
Internet in questo caso non mi è venuta in aiuto perché c'è un sovraccarico di informazioni, molte delle quali contrastanti. Quindi vado per esperimenti successivi.
Il giorno che io e Birba avremo fatto pace e tutto funzionerà come deve, sarò felice di poter condividere la ricetta. Nel frattempo, se ne volete un pezzo sarò felice di darvelo, così magari voi riuscirete laddove io, per il momento, ho fallito.

PS: comunque questa cosa che con la webcam del portatile puoi scattare foto solo verso la tastiera e non verso l'esterno non mi piace. Ci vorrebbe una fotocamera anche fuori, come nei telefonini.

mercoledì 27 febbraio 2019

#308 Magari vince il divano

Oggi, a partire dalle 11 del mattino sembrava maggio.
Fino alle 18 le temperature sono state comprese tra i 20 e i 26 gradi.
Siamo a febbraio, però.
Anche i miei macchinari, costruiti principalmente con ferro e affini, hanno accusato la variazione termica.
Mentre stamattina ne assestavo uno, con l'apposita pistola da ingrasso, il tubo è uscito dall'ugello e ha schizzato grasso in ogni dove. Principalmente addosso a me.
Così ho diviso tutto il resto della giornata con le gocce di grasso in ogni dove. Compresi i capelli, che sembrava non li lavassi da dieci giorni.
Una giornata unta, insomma.
E lunga. 
Lunghissima.
Ma domani è giovedì e il giro di boa è dato.
Bisogna sempre cercare il lato positivo delle cose.
Infatti, non solo domani è giovedì ma anche l'ultimo giorno di febbraio.
La prospettiva è che sia di nuovo una giornata bella e calda.
Meno male, perchè ho anche dimenticato la giacca al lavoro. Essendo tornata a casa in maniche corte.
C'è una bella partita in tivù. Atalanta-Fiorentina. Sono sul 2-2 alla fine del primo tempo. Scrivo durante l'intervallo.
Stasera impersono l'italiano medio: calcio in tivù e birra in mano. Forse però non riuscirò a guardarla tutta. Il divano, magari, vince lui.

martedì 26 febbraio 2019

#309 Fulmini e anatemi

In ogni mestiere ci sono momenti in cui c'è più lavoro.
Ogni professionista li gestisce come può.
Quando è tempo di fare il cambio gomme, impazziscono i gommisti.
Poi si accendono i riscaldamenti e impazziscono gli idraulici e caldaisti.
Natale? Tutti a comperare la qualsiasi nei negozi: profumi, abbigliamento e cose di casa.
E via dicendo.
Io e Chiara impazziamo adesso.
Per fortuna, verrebbe da dire.
Ma per settimane noi viviamo nella continua gestione dell'emergenza.

Quando andavo all'università e studiavo informatica, mi insegnavano i sistemi di stoccaggio dati (che ora saranno obsoleti): LIFO ovvero last in first out e FIFO ovvero first in first out.
Per tradurre ai non informatici, deve esistere un sistema di elaborazione di dati o processi quando essi si accumulano. Il FIFO prevede che il primo processo in coda venga elaborato per primo, come la coda in Posta. Il LIFO prevede invece che l'ultimo che entra in coda venga elaborato per primo lasciando tutti gli altri ad attendere il proprio turno. Come quando dal dottore hai l'appuntamento e passi davanti a tutti anche sei entrato da un minuto.

Il sistema di gestione delle nostre priorità non appartiene a nessuno dei due sistemi. Il nostro avrebbe un acronimo simile a LIHM(ao) ovvero last in help me (another one).
In un linguaggio informatico potrei dire che lo stack (la pila) è piena e quindi cola fuori. Non esiste una cosa del genere in informatica. Non si può colare fuori dati. 
Noi sì, si cola fuori.
Ma per cercare di stare a galla si fa anche l'impossibile.
Solo per i miracoli ci stiamo ancora attrezzando.
La prossima vita quando rinasceremo dee, ne promettiamo (miracoli) a tutti coloro che in questa vita ci hanno aiutato a non affogare.

Ho come l'impressione che chiunque abbia fatto parte degli ultimi docimiladuecentottantasei governi, purtroppo, riceverà solo milioni di fulmini e anatemi. Sarà dura, ma una volta a me una volta a te.

lunedì 25 febbraio 2019

#310 Anche gli orologi fermi, due volte al giorno, segnano l'ora giusta

Non capisco cosa vi stupisca delle elezioni in Sardegna.
A me quello che davvero stupisce è come sia stato possibile che, ancor prima della campagna elettorale delle scorse politiche, una gran parte degli "elettori di sinistra" abbia potuto credere che il M5S avrebbe in qualche modo portato avanti politiche di sinistra.
Qui in valle è tutto sballato dal Tav. Qui, chiunque dica pubblicamente "No Tav" (a meno che non sia, davvero, una compagine di sinistra) ottiene un consenso esagerato. Sembra che tutto il resto non conti nulla.
Io non metto in dubbio che la lotta la Tav abbia una sua importanza, anche a livello nazionale, uscendo dalla logica del Nimby di cui tutti ci accusano. Ma non c'è solo questo super-treno scellerato di cui occuparsi a livello nazionale.
Trent'anni di lotta avrebbero dovuto insegnare l'importanza della dignità del lavoro, della tutela dell'ambiente, dell'accoglienza, della solidarietà, della "decrescita felice" e di molti altri temi socio-politici fondamentali.

Invece. 
Invece niente.

Invece, se si dicono un sacco di cose e in due giorni di governo se ne sono già uccise tre, l'elettorato smette di credere. Non è strano. E' normale. E che si fa? Si dice: scusate abbiamo sbagliato adesso facciamo un passo indietro e ricominciamo da voi? Ma no. Si sta lì a cercare di portare a casa il "cavallo di battaglia" che sicuramente cambierà l'idea che l'elettorato si è fatta.

Anche gli orologi fermi due volte al giorno segnano l'ora giusta.
Ma continuano a essere orologi fermi. Ovvero inutili.

E allora non ci resta altro che restare nelle mani di chi fa credere che la soluzione stia nella caccia all'immigrato e all'omosessuale (prima) e a chi dissente, a chi manifesta per i propri diritti, a chi lotta per la dignità del lavoro o per il diritto a vivere in un ambiente più sano ecc (poi).

Sarà che non ho mai avuto il piacere di vedere la forza politica che ho votato al governo per cui ho ancora delle speranze che si possa anche essere differenti in senso positivo. Nel frattempo mi sento sempre come il personaggio delle vignette di Altan. Quello senza l'ombrello in mano.

domenica 24 febbraio 2019

#311 Mille parole francesi

Questo fine settimana mi sono dilettata nella preparazione di dolci.
Non ci sarebbe nulla di eccezionale se non che io non preparo mai dolci.
Adoro cucinare, ma solo pietanze salate.
Nella preparazione dei dolci ci va precisione. Cento grammi di questo, venti di quello, 125 di quell'altro. La fantasia è per il livello "pro", come direbbe mio figlio. Finché non sei a quel livello è meglio adeguarsi alla ricetta.
Preparare i dolci mi chiude un po'.

Con le altre ricette, raramente seguo pedissequamente le istruzioni. Se non ho un ingrediente o non mi piace ne metto un altro. Le dosi le faccio a occhio, assaggiando o sulla base dell'esperienza. Lascio esprimere la mia fantasia. Leggo la ricetta ma la mia mente fa già tutti gli aggiustamenti adatti al mio palato.
Magari succede anche a chi è capace di preparare dolci, non ne dubito, Ma, il fatto è che non mangiandone (io) non ho un palato addestrato.

Dunque, ho cominciato con due ricette semplici: il tiramisù (che già sapevo fare) e piccole cheesecake alla fragola.
Quello che ne è venuto fuori sono due dolci più che commestibili. Se dovessi dar loro un voto da uno a sei, darei sei e mezzo. Sei, perché sono mangiabili e hanno un buon sapore. Il mezzo è per l'impegno. Lo sprone a fare meglio.

Il prossimo step sarà inserire nei dolci il cioccolato. Con la sicurezza che non sarò mai io ad assaggiarli, perché il cioccolato è uno di quegli alimenti che mangio poche volte l'anno, per lo più malvolentieri, solo quando il mio corpo mi fa capire chiaramente che ne ha bisogno.

Tuttavia, non si può dire di saper cucinare se non si riesce neanche a fare una torta margherita senza l'aiuto della busta in cui c'è già tutto dentro.

Quando vado al supermercato sono sempre affascinata dall'enorme quantità di piatti già pronti e dal loro costo. E mi chiedo, quale totale assenza di capacità di cucinare ti spinge a comperare degli spinaci con la mozzarella congelati solo da mettere in pentola? Perché basta davvero comperare solo spinaci e mozzarella e metterli insieme, senza strapagare entrambi e non avere nessun controllo sul tipo di spinaci e mozzarella che metti in pentola.
Ma fateci caso. Ci sono piatti pronti freschi, surgelati, liofilizzati, pronti in cinque minuti, in tre minuti.

Mangiare bene, a seconda del palato di ognuno, è una delle poche cose che si possono fare anche senza spendere capitali. E non bisogna mica essere Cracco o Cannavacciuolo. Se metti in una pentola cose buone e che ti piacciono, difficilmente il piatto sarà immangiabile. Magari non sarà da bistrot, gourmet e altre mille parole francesi, ma un bel "chi se ne frega" ce lo vogliamo mettere?


sabato 23 febbraio 2019

#312 ... quando non lo sai neanche tu.

Ci sono giornate lente e veloci.
Questa settimana, per me è volata. Ho avuto a malapena il tempo di fare l'indispensabile, travolta dalle urgenze e dagli impegni.
Sono una donna fortunata, però, perché ho una mezza mela fantastica che divide con me ogni peso: quello dei lavori di casa (già non è poco), ma soprattutto quello dei periodi difficili.
Non è da tutti poter arrivare a casa e poter contare sulla propria mezza mela in ogni momento, potersi sfogare nelle gioie e nelle difficoltà. 
Non è da tutti poter arrivare a casa e sentirsi dire: "Non ti preoccupare, risolveremo tutto". Anche se non c'è la sicurezza che tutto si risolverà è già importante quel plurale. Già si sente il carico meno pesante.
Non è da tutti tornare a casa la sera e trovare tutto pulito e profumato perché lui è a casa in mutua ma fa lo stesso molto di più di quello che dovrebbe, considerata la ferita alla mano.
E' stata una settimana impegnativa e ne seguiranno altre.
Ma alla fine, poter contare sugli affetti è la cosa più importante. Sapere che ci sarà qualcuno a farti sentire i carichi meno pesanti. Le amiche e gli amici, la famiglia, la mezza mela.
Nulla. Non siamo nulla senza chi riesce ad amarci anche quando siamo stanchi, preoccupati, arrabbiati e insopportabili. Non siamo nulla senza quelle persone che sanno chi sei anche quando non lo sai neanche tu.



venerdì 22 febbraio 2019

#322 (l'avevo saltato e lo recupero) R-Esistenza

La Resistenza.
Quella con la R maiuscola.
Sembra lontana nel tempo. Settembre '43 - Aprile '45.
Decine di generazioni, compresa la mia, sono nate senza averne vissuto neanche un ricordo.
Eppure, tutti quei grandi valori, per cui tanti ragazzi e ragazze di allora hanno combattuto, li diamo oggi per scontati senza averne che un frammento. Il fascismo aveva in mano la nazione. La controllava con la propaganda, la scuola, la violenza. Quasi l'intera Italia era fascista prima del settembre '43. Perché alzare la testa poteva costare ben più che l'olio di ricino e botte.
Chi si ribella all'oppressione è sempre una piccola minoranza. In ogni periodo storico. Tutto sommato è più comodo cercare di essere invisibili, continuare a vivere la nostra piccola vita piuttosto che cercare di cambiare il corso della storia.

Invece, nel settembre '43, qualcuno decise che le cose potevano essere cambiate. Che la dittatura poteva essere soverchiata.
La gran parte di chi fece parte della Resistenza era giovanissimo. I più "vecchi" erano i soldati reduci dalle colonie e dalla ritirata di Russia. Diciamo che, facendo una media, potevano avere poco più di vent'anni. Venticinque, via.

Giovani uomini, ragazzi e, spesso, poco più che bambini.

Domattina andremo a salutare Attilio Bonaudo, che non ho avuto il piacere di conoscere personalmente, nel suo ultimo viaggio terreno. Attilio era nato nel '28. Ovvero, ha deciso di unirsi alla Resistenza che aveva sì e no 15 anni.

Quello che spingeva giovani e giovanissimi a lottare contro il fascismo dovrebbe essere, oggi, palese. Un assunto. Invece, oggi, assistiamo ogni giorno ad un passo indietro nella direzione della negazione delle libertà personali, della fratellanza, della parità di genere e via dicendo. Ci stiamo assuefacendo all'odio. Stiamo facendo dell'egoismo la nostra ragione di sopravvivenza.


Domani pomeriggio presenterò un libro alla libreria "La città del sole": "Il treno che va in Francia" di Roberto Gastaldo.
Tornerò a parlare di Resistenza. Io che non l'ho mai vissuta ma che l'ho sentita raccontare mille e mille volte da chi, invece, ha messo a rischio la sua vita per lasciarci un mondo migliore.
Parlerà di Resistenza, in particolare valsusina, l'autore. A mio parere, è riuscito ad arricchire di particolari e di pathos alcune vicende note ma troppo spesso dimenticate.

Sarà una giornata dedicata alla Resistenza e all'esistenza. Se noi possiamo avere un'opinione (pur ributtante) ed esprimerla pubblicamente lo dobbiamo alle partigiane e ai partigiani di allora. Se noi abbiamo una democrazia costruita sulla Costituzione (forse la migliore del pianeta) lo dobbiamo sempre a loro.
Perché forse non ci hanno spiegato abbastanza quanto orribile e buio fosse il periodo fascista. E non ci sono fogne, bonifiche o treni in orario che tengano. 
Mia mamma era una bambina di due anni al tempo. Mio nonno, suo padre, era un contadino. Classe '04. Era uno di quelli che non erano stati costretti ad arruolarsi per diverse ragioni. Non era partigiano. Non era fascista. Era un contadino. Un giorno ha abbattuto a colpi di mazzetta il balcone di casa sua, nel cuore delle Langhe, affinché i fascisti non ci potessero impiccare più nessuno.
Un giorno, per rappresaglia, su un camioncino i fascisti radunarono quasi tutti gli uomini del piccolo paese. Direzione: campi di concentramento. Non era uscito il nome di chi avesse ucciso un paio di camicie nere. Il parroco del paese si autodenunciò, pur essendo innocente. Fu portato via e di lui non si seppe più nulla.

Sembra lontano. In altri Paesi del mondo è successo più recentemente e succede tuttora. Ma noi siamo concentrati a cercare il nemico dove non c'è. Noi siamo concentrati a guardare il dito che indica la luna. Siamo così distanti da quello che avevano sognato i partigiani e coloro che li hanno aiutati in ogni modo, che potremmo tranquillamente ricadere nelle medesime dinamiche.

Peraltro, neanche 80 anni dopo.

giovedì 21 febbraio 2019

#313 Le vie dell'evoluzione sono finite

Foligno. 2019 d.C.

Il cuore dell'Umbria. Tra Perugia e Spoleto.
Posti bellissimi. Una regione ricca di arte e cultura. Cibo eccellente.

Scuola elementare.
Il maestro dice alla classe di bimbi, parlando di un loro compagno di colore: "Lo vedete quanto è brutto?" e a lui: "Vai alla finestra e guarda fuori così non sono costretto a guardarti".
La ricostruzione dell'episodio, cui diamo il beneficio di tutte le sfumature che volete, vedrebbe addirittura un precedente molto simile in un'altra classe con la sorellina del piccolo.
Il "maestro" si è giustificato parlando di un "esperimento sociale".

Darwin aveva ipotizzato un'evoluzione continua per le specie viventi ma, mi pare, che a questo punto (fosse ancora vivo) avrebbe alzato le mani dicendo che le vie dell'evoluzione sono infinite.

Non sto qui a dire quanto sia disgustoso questo episodio e di quanto altrettanto disgustoso sia un individuo che partorisce un'idea simile. Disgustoso ancor più perché il maestro è una guida, un riferimento.
I bambini nascono senza condizionamenti.
Imparano a confrontarsi con il mondo attraverso il nostro esempio. In famiglia prima, a scuola poi, nel gruppo di amici e, infine, sul posto di lavoro.

Ora, vorrei dire talmente tante cose su questa vicenda che non mi basterebbe un'ora. Ma mi chiedo (oltre al non far mai più insegnare nulla a questa persona), quale sarebbe la pena giusta per aver instillato il seme dell'odio in decine di piccoli umani.
Ci sono segnali ogni giorno di una recrudescenza d'odio del tutto ingiustificata. Una scritta su un muro di una casa che dice "Ammazza al negar" (oltretutto con una svastica nazista disegnata al contrario a dimostrazione che trovi dell'ignoranza pure nell'ignoranza). "Persone" che si rifiutano di essere aiutati/serviti/curati da gente di colore.
Ogni giorno. 
Come i femminicidi. Le violenze in famiglia.
Ogni giorno.

Allora che si fa? Quando chi dovrebbe dare l'esempio alla nazione, tra un panino alla Nutella e una stupidaggine sui social, è il primo a fomentare, nell'humus dell'ignoranza e della disperazione che ha creato, l'odio?
Quando capiremo quale sia la pena giusta per il "maestro" di Foligno, dovremo applicarla con le aggravanti del caso. Perché, in questo caso, la classe è l'intera Italia.

mercoledì 20 febbraio 2019

#314 Peccato

Sono rinfrancata.
Endomondo aveva sbagliato. O meglio mi aveva cancellato 600m di corsa inducendomi a pensare che io corressi, sì piano, ma anche poco.
Invece l'allenamento di stasera, che ha trasformato l'acido lattico in un doppio acido lattico on the rocks, mi ha rinfrancato. Corro sì piano, ma almeno per un numero di chilometri abbastanza congruo con un inizio di allenamento.
Ora devo solo non perdere il giro.
Sembra facile ma la pigrizia ha spesso il sopravvento su di me.
In fondo sono una persona pigra.
Faccio milioni di cose solo per dimenticare che sono pigra.

Mi piace arrivare fisicamente stanca a fine giornata.
Riesco anche a non cristonare (piemontesizzazione del verbo "tirar giù tutti i santi", ndr) ascoltando il tiggì della sera.
Mi piace andare a dormire, a una certa, e metterci dieci secondi ad addormentarmi. Giusto il tempo di far prendere temperatura al piumone.

Stasera c'è la Juve che gioca.
Naturalmente il mio vecchio cuore granata tiferà per l'Atletico Madrid.
La mia mezza mela, juventino, dice che sono una brutta persona perché dovrei tifare le squadre italiane. Ma soprassiedo sui commenti quando a perdere è, per esempio, l'Inter.
Ma stasera non c'è neanche il mio dolce figlio maschio, che è l'unico uomo al mondo per cui mi trattengo nell'esultare quando la compagine bianconera perde.

Io amo il gioco del calcio. Mi piace vedere belle partite (anche quando a giocare bene è la Juve, a dirla tutta). Mi piace giocarlo anche se ho i piedi come tombini. Se non ci fossero dietro tutti quegli interessi economici a stroppiarlo sarebbe un gioco meraviglioso e teso a insegnare la cooperazione e il sacrificio. Ecco, il gioco del calcio sarebbe meraviglioso se fosse come lo racconta De Gregori ne La leva calcistica del '68.

"Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore,
non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore.
Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo, dalla fantasia".

Il mondo non è bello come potrebbe essere. Peccato.

martedì 19 febbraio 2019

#315 L'importanza dei sostantivi femminili

Stavo ancora cenando quando ho cominciato a sentire le unghie di Bonafede che si arrampicava sugli specchi, cercando di spiegare perché il M5S ha deciso di negare l'autorizzazione a procedere della magistratura nel caso Diciotti-Salvini.
Tutto questo, dopo aver sventolato, per anni, la bandiera della legalità come se solo i pentastellati avessero l'etica in tasca.
No perché lui, il Salvini, in quel caso, "agiva negli interessi della nazione".
Ma che caspita di interesse della nazione ci sarebbe nell'impedire a poche decine di poveri disgraziati, per giorni, di scendere da una nave approdata in uno dei nostri porti?
E poi, supposto per assurdo che quest'interesse ci fosse, non ci avrebbe fatto una figura migliore presentandosi a processo e vincendo la causa?
Mah.

Ieri scrivevo che questa votazione on-line (le cui credenziali nessuno ha il diritto di mettere in discussione) era come chiedere al popolo di salvare Gesù o Barabba. E, infatti, la folla illuminata non si smentisce mai.
Barabba! Barabba! Barabba!

Alla fine, vi dirò, che processino o no Salvini a me non frega nulla. Anzi meno. Perché, in ogni caso, ci sarebbe il popolo illuminato a sostenerlo, pure in caso di condanna. Che fa fico, oggi, dar contro all'uomo di colore. E' la nuova tendenza europea. Un po' come prendersela con i monumenti e le tombe ebraici. Negazionismo, fascismo, razzismo are the new etica.
Che l'essere umano sia incapace di imparare dal proprio passato, pur recente, mi pare ormai più che palese.

A noi che crediamo in un altro mondo possibile mi pare che siano rimaste solo la resilienza e la resistenza. Che, secondo me, non a caso sono due sostantivi femminili. Dobbiamo imparare a impedire l'azione cui ci opponiamo e ad assorbire gli urti senza romperci. 
Questo ci servirà. Ne sono certa.

Una vignetta geniale di oggi. Peccato che non si legga bene il nome dell'autore.

lunedì 18 febbraio 2019

#316 Gesù o Barabba?

Oggi sono andata a correre. 
Erano mesi che non facevo nulla di sportivo di più impegnativo di una camminata domenicale in montagna. Infatti, ho anche messo su un discreto numero di chiletti.
Inutile dire che la ripresa dell'attività è stata un ritorno al passato notevole. Ridotto numero di km in un tempo davvero indicibile.
Ma ogni nuovo inizio incontra le sue difficoltà.

Non ho neanche dovuto adeguare la mia colonna sonora da corsa alla nuova proposta di legge della Lega perché, in sostanza, sono quasi tutti brani nostrani.
Ma ci pensate che idiozia pensare di imporre il palinsesto musicale a una radio? Ma vi pare che un politico qualunque, nella sua esistenza, debba preoccuparsi di una questione simile? Ma vi pare che possa aver pensato che la sua idea fosse intelligente al punto da comunicarlo anche a tutta la nazione?
D'altra parte Satana è dappertutto, figuriamoci nella musica straniera.
Ma perché? Non è meglio insegnare l'inglese, il francese e lo spagnolo così tutti possono capire i testi stranieri, invece di costringere centinaia di stazioni radio a mettere un pezzo di Pupo tra i Pink Floyd e gli Oasis?

Tuttavia, la vera notizia di oggi è se il popolo M5S deciderà o no di permettere alla magistratura di processare Salvini per il caso Diciotti.
Su internet.
La serietà della parola del popolo. Gesù o Barabba? Su i forconi! Votate!
Io rabbrividisco.
Penso che impedire ai migranti di sbarcare, violando un principio costituzionale, sia un'azione fascista, ignorante e disumana. Da un partito politico che ha sempre sbandierato la legalità ad ogni costo questo "referendum" tra gli iscritti mi fa ridere. Gesù o Barabba? Che il popolo parli. Si esprima nella sua sobrietà, intelligenza e lungimiranza.
Sobrietà.
Gesù o Barabba?

Nella fremente attesa che le fiaccole si alzino al cielo, mi riprendo dalla mia corsa. Perché tra le meravigliose reazioni dello sport praticato saltuariamente c'è il dolore a muscoli che non si immaginava neanche più di avere, ormai nascosti da un rassicurante strato di adipe.

domenica 17 febbraio 2019

#317 La ricrescita veloce

Ho trascorso un fine settimana piacevole lontano dalle notizie.
Mi hanno regalato una torta bellissima.
Ho fatto mille discorsi con tante amiche e amici che amo.
Io e la mia mezza mela siamo riusciti anche a dedicarci una mezza giornata, per poi passare l'altra mezza a togliere pelo di cane da ogni luogo della casa. Un quintale di pelo di cane. Una montagna di pelo di cane. Aspirapolvere ovunque e appena cambi stanza dovrei poi ricominciare da capo.
Escludendo l'ipotesi che Aaron stia diventando calvo molto in fretta io non mi spiego come possa perdere tutto quel pelo, continuamente, senza restare senza. Ogni volta che lo spazzoliamo tiriamo via un piccolo cuscino di peli. Poi lui rientra in casa e ne perde altri due cuscini.
Credo che la folle ricrescita di pelo di cane dovrebbe essere studiata per trovare un rimedio contro la calvizie.
Se i nostri capelli crescessero quanto il pelo, saremmo una grandissima banda di hippies e barbieri e parrucchieri avrebbero carriere floridissime. Potremmo cambiare pettinatura ogni settimana. Permanenti, colori, tagli corti, tagli lunghi. La gioia di ogni donna su questo pianeta.
Il pelo del cane raggiunge qualsiasi posto della casa. Si attacca ai vestiti e alle coperte che proteggono il divano in un modo tale che non c'è spazzola che risolva definitivamente la questione.
Se qualche proprietario di cane riuscisse a darmi qualche consiglio utile io ne sarei veramente felice.

#318 Non sono morta sono solo in ritardo

Avrei dovuto scrivere entro la mezzanotte.
Mi hanno consigliato di dire che vivo con l'ora solare.
Così avrei sì e no 15 minuti.
Forse sarei in ritardo lo stesso.
Perché alla fine non so se mi bastano 15 minuti.
15 minuti quando sei rallentata da una bellissima giornata e da un'opportuna  quantità di vino sono pochetti.
E' bello trascorrere la giornata con tutti i miei amori.
E' stato un bel sabato.
Ci sono piccole nuvole ma ci sono sempre piccole nuvole.
Uno, nello specifico io, vorrebbe che il cielo fosse sempre sereno.
Ma niente. Le nuvole ci sono sempre. A meno che non ci sia vento e forse è peggio. Insomma basta guardare le nuvole e vederci le forme. Conviverci con le nuvole.
La vita è tutto un casino tremendo.
Ma le persone che mi circondano sono bellissime.
E io parto sempre da loro. Che sono la ragione per cui vale la pena vivere.

venerdì 15 febbraio 2019

#319 Come cane e gatto


Il due quadrupedi di casa, appartenendo a due specie animali differenti, hanno un rapporto di amore-odio veramente buffo. 
O meglio, il cane ha un rapporto buffo con il gatto. 
Il gatto per lo più si fa i fatti suoi dal mattino alla sera.
Aaron, il quadrupede abbaiante, è arrivato a casa che Mirò, il felino psicopatico, c'era già. Aaron era cucciolo e, come tale, non è partito prevenuto nei confronti del gatto. Credo volesse soltanto giocarci, come fa un cucciolo. Solo che un cucciolo di grosso cane è più grande di un gatto adulto. E Mirò non apprezzava molto l'irruenza del nuovo inquilino scodinzolante.
Ma non ne ha mai avuto timore. Anzi, quando Aaron è in vena di essere più tranquillo, si fa annusare e struscia la testa sul musone del cane.
Sono piccoli momenti di quiete.
Appena Mirò decide che deve muoversi per andare ovunque in quel momento il suo cervello decida che deve andare, Aaron lo insegue come solo un cane insegue un gatto. A volte temo lo agguanti e se lo mangi. Ma, per sua fortuna, Mirò è agile e molto più veloce.
Il problema è che il gatto accede a luoghi irraggiungibili per il cane e Aaron, per dirla in parole semplici, è geloso come non mai. Il gatto sale sul letto e dorme sul piumone? Lui va fuori di testa. Ma non può salire. Così, quando Mirò scende, anche in piena notte, lui gli abbaia e lo rincorre. Mirò neanche lo guarda. Salta sul tavolo e sembra schernirlo.
Però sono tutti e due dolcissimi. In modi completamente diversi sanno dimostrare e dimostrarsi un amore infinito.
Adesso scrivo seduta sul divano. Il loro calore e il loro amore sono una bellissima cornice.

giovedì 14 febbraio 2019

#320 San Valentino, Terni e Coburgo

Il 14 febbraio è San Valentino.
L'agiografia è sempre interessante. Non avendo un volume ad essa dedicato mi sono documentata sul fantastico mondo del web.
San Valentino da Terni è stato ordinato vescovo a 21 anni. Era il 197 d.C. Comincia insomma con un bello scatto di carriera. La leggenda narra che durante la sua vita compia alcuni miracoli.
Su Wiki-p ne ho letti due che mi hanno fatto sorridere assai.
Cito testualmente "un giorno il vescovo, passeggiando, vide due giovani che stavano litigando ed andò loro incontro porgendo una rosa e invitandoli a tenerla unita delle loro mani: i giovani si allontanarono riconciliati". Ora, capisco la difficoltà del dialogo nei rapporti di coppia ma far riconciliare due persone non lo chiamerei un miracolo.
In un altro caso Valentino sposa un centurione con una donna ma come nelle migliori saghe del momento la loro unione era osteggiata. Quando lei si ammala gravemente il centurione lo chiama al capezzale e gli chiede di fare in modo di non separarsi mai più da lei. Detto fatto, lui lo battezza, per sicurezza, li risposa e appena dopo muoiono entrambi. La mia socia Chiara lo chiamerebbe "iettapigole".
Comunque, in un periodo dove arrivare a 40 anni era un traguardo da apprezzare, lui, tra una persecuzione e l'altra, vive fino a 97 anni. Poi muore. Decapitato, mica di vecchiaia. Gli chiesero di abiurare la sua fede e lui rifiutò. Tempi duri per i cristiani.
Comunque morire decapitato a 97 anni non mi pare neanche così terribile. Per lo meno rispetto alle morti di altri santi le cui pene orrende sono così ben illustrate in moltissime delle nostre chiese.

Dipinto di Leonhard Beck

Alla fine, San Valentino mi è simpatico. 
Non sembra essere stato neanche particolarmente matto.
Mi è venuta voglia di visitare Terni. Non ci sono mai stata.
E anche Coburgo (da per là nella Baviera) dove è conservato il dipinto che ho allegato a questo post.
Ogni luogo ha una storia da raccontare. Sarebbe bellissimo se ogni luogo quella storia la sapesse raccontare a chi ci capita. Chissà quante volte sono stata in posti con storie interessanti e rimaste non narrate.

mercoledì 13 febbraio 2019

#321 ... zero!

Stremata.
Sono assolutamente stremata dalla giornata.
Non so neppure se riuscirò a scrivere qualcosa di sensato oppure butterò giù pensieri a caso. 
La giornata di oggi è stata infinita e massacrante.
Molti di voi che lavorano a contatto con il pubblico capiranno l'immenso sforzo che si deve compiere per sembrare cordiale e concentrata anche se dentro hai un mezzo inferno che si scatena.
Buongiorno, sì mi dica. Ma certo. Non c'è problema. Passi quando vuole.
E poi cose da fare che si accumulano e il cui momento della consegna si avvicina sempre di più.
Di buono c'è che non faccio il cardiochirurgo o qualcosa di simile per cui, almeno, non ho la responsabilità immensa della vita delle persone. Male che vada, insomma, non riesco a consegnare in tempo una fornitura di maglie. 
Senza una maglia si può vivere.
Per lo meno non si sono registrati casi di defunti a seguito del dover gareggiare con una maglia dell'anno prima.
Sono stanca perché nel mio lavoro si passa dal nulla più totale da fare alla gestione quotidiana dell'urgenza. Quando si entra in stagione tutti hanno fretta ma mai che si muovano un mese prima in modo da non mettere in difficoltà chi lavora.
Per quando le serve? Per ieri. Sempre ieri.
Che se a me serve una roba per ieri mi muovo a fine dicembre.
Ma la maggior parte delle persone no.
Ho avuto da fare, sono stato influenzato, aspettavo le iscrizioni... ma la gara guarda caso è la prossima settimana. 
Se riuscisse a prepararle per fine febbraio... Ok, ma oggi è il 12. Io l'abbigliamento non lo tiro giù dagli scaffali. Lo devo produrre. Insomma prima c'è la stoffa. Deve essere tagliata. C'è la grafica da fare che poi diventa un disegno su un plotter e poi viene trasferito sulla stoffa. E poi, incredibile ma vero, la stoffa va anche cucita per diventare una maglia.
Il motto di quest'era in cui viviamo è spendere il meno possibile e pretendere la qualsiasi. Eh ma su quel sito o quel grosso negozio le pago meno. Le prenda là. Mi faccia il favore, così poi vede la differenza. Perché c'è differenza. Soprattutto se ci sudi dentro tutta la tua voglia di fare sport.
Comunque basta lamentele.
Domani è un altro giorno.

martedì 12 febbraio 2019

#323 Da grande voglio fare il ministro degli esteri


Alla fine di questa intensa giornata politica mi è venuta voglia di tornare a casa per rivivere gli inizi degli anni '90.
Lo sapevo di essermele portate dietro nei vari vagabondaggi della vita.
E infatti, eccole qui. Le copie di Cuore targate 1991/2.
Le ho riguardate e, sostituendo opportunamente i nomi, Cuore rimane il giornale di satira più attuale del momento.

Capitolo 1. Hanno la faccia come il culo/87
La trena ad alta velocità. Lo ribadisco per l'ennesima volta. Dei dati reali non è mai fregato nulla a nessuno laggiù nelle stanze dei bottoni. Se si vuole la trena è mica perché porterà merci su un "corridoio" che, in sostanza, per dirlo alla francese, non si è mai cagato nessuno. La trena è una meravigliosa colata di cemento che fa arrivare soldi a chi cola cemento. Oddio, non mi si mal comprenda. Non all'operaio che il cemento lo versa davvero. Lui no, resta assunto a chiamata anche su festivi di tanto in tanto o con contratto precario rinnovato ogni tre mesi e con la pausa opportuna per non doverlo mai assumere davvero. Quando va bene. Ma che parlo a fare?


Capitolo 2. I limiti della democrazia...
Le elezioni in Abruzzo mi pare dimostrino palesemente che tu puoi insultare, dimenticare o svilire una persona, una categoria di persone o un intero popolo ma se, dopo qualche anno, vai a dire che la soluzione di tutti i problemi è il nero che ruba i posti di lavoro (sottopagati o al nero), stupra le nostre donne (violenze domestiche solo nostrane, per favore) e spaccia la nostra droga (ah, non dovevo dire nostra?)... l'elettore si infervora e vota per te!


Capitolo 3. Stavolta si vince. Sinistra unita alle elezioni.
Sinistra? Sinistraaaaaa? Sinistraaaaaaa? Spiace ragazze e ragazzi, non so dove sia. Forse è a spasso col cane. Gliel'ho detto di portarsi il cellulare ma niente. Mi ha detto che di queste novità diaboliche non vuole sapere nulla.

Capitolo 4. Volevate mangiare la guerra senza fare briciole?
Questa si commenta da sé. E' la magia della satira. Ma a noi la politica estera piace. Non ci capiamo niente perché alla fine non ci interessa, ma ci piace. 
Ci piace come commentare le partite di calcio.
Io avrei fatto entrare Belotti. Una formazione come quella non tiene. Manca il centrocampista difensivo centrale. Cosa esattamente faccia un centrocampista difensivo centrale lo sanno in cinque ma va bene lo stesso. Siamo tutti allenatori e subito dopo ministri degli esteri. Mica servono le competenze. Largo a chi ignora ma ci mette passione! Naturalmente solo in politica. Provate a metterlo sulla panchina della Juve uno che ignora il giuocodelcalcio ma che ha tanta passione.

lunedì 11 febbraio 2019

#324 Mai perdere l'ironia

Ieri sera ero seduta in sede Anpi per una riunione.
Dopo mezz'ora suona il telefono.
Mia figlia.
"Mamma, stai calma, ma dovresti venire a casa per portare la tua mezza mela al pronto soccorso".
Ma? Ma come? Ma cosa? Che è successo?
"Lui dice di stare calma ma di venire subito a casa per portarlo al pronto soccorso".
Arrivo.
Ci vogliono quattro minuti d'auto. Mille milioni di scenari mi si aprono nel cervello. Ricordo quel giorno di tanti anni prima in cui mia figlia con il suo solito aplomb mi ha gridato da sotto casa "Mammmaaaaaaaa devi venire subito che Alessio (il mio figlio maschio, ndr) si è fatto un buco nella testa". Ok, era piccola. Ed erano entrambi badati dalla nonna. Ed era un taglietto per cui non l'hanno nemmanco cucito. Ma io non lo sapevo ancora e il mio cervello va più veloce degli eventi e gli scenari tra i miei neuroni erano a due metri dal cataclisma.

Comunque entro in casa.
Alice che è "lievemente" impressionabile, mi porgeva a occhi chiusi il portafoglio e il telefono della mia mezza mela.
Gli hai dato una mano a mettersi la giacca?
No mi fa impressione!
La cucina... CSI Bussoleno. Schizzi di sangue su tutta la cucina.
La mia mezza mela in bagno con la mano avvolta da uno straccio insanguinato. 
Le ho detto di dirti di stare calma.
Uff. Che hai fatto? 
Pulivo la cappa. Mi sono tagliato con l'acciaio.
Ci vogliono punti?
Eh credo di sì.

Pronto soccorso di Susa, dieci minuti dopo.
Stante il fatto che il palmo della mia mezza mela è squarciato, entra subito. In sala d'aspetto, un delirio. Alcuni tossici e amici di tossici (si potrà dire tossico o è poco politically correct?), un paio di persone anziane e un bimbetto con una brutta storta alla caviglia.
Mi siedo. Ci saranno 75 gradi centigradi. Aspetto giocando a Candy Crush e ascoltando le conversazioni delle persone.
Io adoro la gente. Le conversazioni della gente, anche le più banali. mi fanno sempre pensare, immaginare vite, costruire personaggi. Lo faccio anche al supermercato. Ma lì è meglio perché hai anche davanti quello che acquistano. La spesa della sera o della settimana, la scappata per prendere le due cose che mancano, mozzarella e sei birre, pane nero e insalata. A me piace la gente.

Ma torniamo a noi. Mi arriva un Whatsapp con la mano della mia mezza mela fasciata.
Quanti punti?
Cinque, nemmeno tanti.

Un quarto d'ora dopo siamo pronti per andare a casa con i fogli di dimissione. Arriviamo all'auto e la benda si riempie di sangue. 
Mmmmh... magari torniamo eh?

Scusi infermiera, non me l'avete ricucito bene.
Rientra.
Un'altra mezz'ora e altri tre punti.
Hanno detto di stare qui una decina di minuti.
Temono che la tua mano possa esplodere?
Qualcosa del genere.
Mai perdere l'ironia.

Alla fine rientriamo a casa.
Otto punti è il risultato finale. Una cicatrice che sembra cucita da Rambo.
Poteva andare peggio.
Ora pulisco la scena del crimine.

domenica 10 febbraio 2019

#325 Se ancora esistesse

Febbraio è un mese strano.
Almeno per me.
Ogni giorno guardo le giornate allungarsi di qualche minuto, la temperatura che pian piano si alza di uno o due gradi la mattina e che mi permette di stare senza giacca al sole il pomeriggio e comincio a cercare il profumo di primavera nell'aria.
Lo so che è presto per annusare la primavera ma è più forte di me.
Quando smetto di usare la giacca anche per uscire a buttare la spazzatura davanti a casa per me è già primavera. I 16 gradi di pomeriggio al sole sono primavera. L'acqua nella ciotola del cane che non ghiaccia più è primavera.
Sono un'inguaribile ottimista.
E la primavera, se ancora esistesse, è la mia stagione preferita.
Invece, da qualche anno a questa parte passiamo nell'arco di due settimane dal maglione alla canottiera.
Mi ricordo che quando ero bambina c'era un lungo periodo dell'anno in cui si indossavano i golfini di cotone, le maglie della mezza stagione, i giubbottini di jeans. Adesso passo dagli scarponi alle infradito e viceversa senza soluzione di continuità. Spesso, nell'arco della stessa giornata.
C'erano i fiori che spuntavano al momento giusto e solo qualche tardiva nevicata, magari, li imbiancava. Ma era neve da niente, bagnata e subito sciolta. Oggi, dopo quattro giorni di sole spuntano le primule e poi la settimana dopo gela tutto. Della neve, poi, quest'anno non abbiamo visto che l'ombra.
Rivoglio la primavera. Rivoglio i golfini di cotone, le primule e le violette che sbucano dalla neve, il sole tiepido e piacevole. Rivoglio la primavera senza che si passi dal gelo all'ustione o si attraversi la stagione delle piogge.
Rivoglio la primavera di quando ero bambina.
Sono disposta a sacrificare anche un mese d'estate.

sabato 9 febbraio 2019

#326 Brutti retrogusti

Stasera faccio difficoltà a scrivere.

Sì che ce ne sarebbero di cose da dire.
A Torino si toglie con la forza, principalmente ai giovani, uno spazio occupato e autogestito che funzionava bene da 24 anni. Giovani e meno giovani che si sono sempre impegnati nelle questioni sociali, non ultime le lotte contro i Cie (considerati veri e propri lager) a fianco dei migranti.
Lo si fa con la violenza e la repressione e con pretesti che hanno sempre il retrogusto di cercare capri espiatori e di sviare l'attenzione dai temi che stanno a cuore a una generazione. La repressione dà sempre l'impressione che, in mancanza di vere risposte, l'unica risposta sia riportare tutti alla "normalità" del non-pensiero dilagante.

Poi c'è un ministro leghista che va al Sud a dire che il problema delle scuole in meridione non è la mancanza di soldi ma di impegno. Insomma, con quel retrogusto di "dagli al terrone" che la Lega si porta dietro da sempre. Insomma, il lupo perde il pelo... ma questo mi sa che al Sud mica tutti l'hanno capito. 
Oltretutto il problema principale di tutte le scuole è che non ci sono i soldi: per la formazione, per l'evoluzione dell'insegnamento, per i materiali, per i laboratori. Perché il nuovo politico (da qualche decennio) vede la scuola solo come un costo e non come un investimento nelle giovani generazioni e negli adulti che verranno. Il nuovo politico guarda all'oggi. Del domani non gli importa perché tanto lui non ci sarà a governare il disagio che genera.

Insomma, cose da dire ce ne sarebbero.
Ma io ho difficoltà a concretizzare i pensieri.
A volte capita.
E ho solo brutti retrogusti, oggi.

venerdì 8 febbraio 2019

#327 La mia analisi costi-benefici

Trent'anni fa volevo comprare un'Audi Quattro.
Costava 150 milioni di lire. Era fichissima.
Non avevo i soldi ma c'era movimento nell'aria, io facevo tanti chilometri su ruota e l'economia girava e si poteva presumere che io, di lì a pochi anni mi sarei potuta permettere l'Audi.
Quindi ho messo in programma di comperare l'auto.
Ho cominciato a dire a tutti che l'avrei comprata e ho messo le prime 100mila lire nel salvadanaio.
Nel corso degli anni sono riuscita a mettere via un milione di lire ma mia mamma diceva che non era il caso che mi comprassi una vettura così costosa perché, non mi sarebbe servita. Oltretutto inquinava un sacco.

Non capisci niente. Le prospettive sono buone. Vedrai. Dicevo.

All'inizio del nuovo millennio il movimento nell'aria era molto meno euforico. Il lavoro che mi doveva far fare carriera era stantio.
Ma io non mollavo. L'Audi Quattro nel frattempo non era più un nuovo modello. Lo Stato, per farmi spendere soldi, mi ha promesso anche un contributo di 20 milioni di lire se avessi comperato quell'auto.
Mi mancavano, però, in tutto circa 129 milioni di lire.
Questo rendeva un po' impossibile l'acquisto.
Ma io insistevo. Vedrete se non la compro.
E mamma: non ti serve a un tubo. Oggi meno che mai.

Non è vero. E' un'auto fantastica e con quell'auto vedrai farò i soldi perché diventerò un'icona del benessere.

Poi passano altri dieci anni. La crisi. Al lavoro sempre peggio. A volte sono pure in cassa integrazione.
I soldi che avevo messo da parte li ho usati per comperare da mangiare e per fare le rate per un'utilitaria che è più dal meccanico che a casa.
Ma non posso mica passare per deficiente.
L'Audi la compro, mamma, vedrai.
Lei saggia ma inascoltata continua a dire che è meglio che ridimensionassi le mie aspettative.
Ma niente. Io vado avanti nel mio progetto.
Lo Stato mi fa notare che se io non compro quella maledetta auto non potrò mai avere i miei 20 milioni. Allora per dimostrare di avere intenzione d'acquisto compro un treno di pneumatici da neve. E mi indebito per farlo.
E non riesco più a comprare da mangiare e allora vendo il mio catorcio per quattro soldi e campare un altro po'.

2019. 
L'Audi Quattro non è più neanche un'auto interessante se non per i collezionisti. Superata e desueta. Campo a malapena tra precariato e mille rate per comprare il minimo indispensabile.
Mi rendo conto che dovrei vincere al superenalotto per poter comprare quell'auto che nemmeno mi piace più ma è talmente tanti anni che rompo le balle a tutti con quest'Audi che, se non la compro, mi faccio una figura di merda colossale.
Un giorno mi sposo e mio marito mi impedisce di comprare l'auto. E dico allo Stato che mi spiace ma mio marito non vuole. E i 20 milioni? 
Eh beh mica è colpa mia e poi chissenefrega dei 20 milioni. Usali per fare altro.
E mamma: te l'avevo detto, si capiva da subito che non serviva!

Ma mica è colpa mia. Mio marito mi ha detto di non comprarla più io che ci posso fare? Io sono ancora intenzionata ad acquistarla!

Morale A: Adesso ho un treno di pneumatici da neve di cui non me ne faccio nulla.
Morale B: Prima di comprare i pneumatici avrei dovuto fare una seria analisi dei costi e dei benefici. Prima.

PS: tutto questo non è mai successo, ma la metafora mi piaceva.

L'Audi Quattro


giovedì 7 febbraio 2019

#328 Però... i libri no

A metà marzo il nostro canetto compirà un anno.
Avendo avuto due figli, so precisamente di cosa siano capaci i cuccioli di qualsiasi specie.
Ma Aaron, il canetto, sta un pelino esagerando.
Un po' come quando Alessio (il mio secondogenito) ha deciso che poteva disegnare, con un sasso, un teschio sul cofano della mia auto.
Ecco, esagerazione.
Aaron ha morsicato qualsiasi cosa in questi mesi. Le prede predilette erano ciabatte o scarpe. Poi abbiamo deciso che era più opportuno non abbandonarle nel corridoio.
Allora siamo passati a cose a caso. L'elenco è talmente lungo che neanche mi ricordo. Posto alcune foto di oggi a dimostrazione. 


Ma oggi c'è stato il reale sacrilegio.
Oggi mi ha mangiato un libro. Di cui allego prova fotografica:


Ora, va bene tutto. Ma i libri no.
Chi mi conosce sa che io non sono una che si affeziona alle cose. Tengo tutto perché sono cresciuta con la scuola che "può sempre servire". Ma raramente mi affeziono alle cose.
Ai libri, però sì. Ad alcuni, poi, in maniera così eccezionale da fare concorrenza a Gollum con l'anello.
Ad Aaron è andata bene. Di questo libro mi importava poco. Mi spiace perché non era neppure mio ma tutto sommato non era IL libro. Non era una copia autografata e non era uno dei miei preferiti.

Se fosse stato un cucciolo di specie umana l'avrei punito costringendolo a leggere tutte le sere due capitoli de "I promessi sposi" o de "Il pendolo di Foucault". 
Ma è un cucciolo di cane.
Non sa se rosicchia un osso, un telecomando, una pila o un libro.
Rosicchia per istinto.

Dunque, cerco persona in grado di creare un'essenza di peperoncino tale da non macchiare le pagine ma essere comunque così persuasiva da fargli distinguere un libro da un qualsiasi altro oggetto.
Poi, gli lascerò una copia de "I promessi sposi" a portata di muso.