domenica 24 marzo 2013

La valle No Tav

La pioggia non ferma la protesta e nemmeno l'attutisce. Decine di migliaia di persone, valsusini e tanti altri amici del movimento No Tav provenienti da tutta Italia, hanno sfilato ieri in corteo da Susa e Bussoleno. Il messaggio è sempre lo stesso, da più di vent'anni - no alla Torino-Lione e alle grandi opere inutili - e si spera che prima o poi chi ci governa capisca che se il movimento continua a crescere probabilmente è perché la strada da seguire sta in quel solco.

La valle di Susa è tornata a sfilare nella sua unità (cittadine e cittadini, amministratrici e amministratori), lontana da quel cantiere dove anche le marce pacifiche rischiano di trasformarsi in guerriglia, anche se talune volte non si capisce neppure il perché. In quel cantiere, là a Chiomonte, sono entrati alcuni neo parlamentari M5S e Sel (e anche Pd ma non con le medesime opinioni) a verificare con i propri occhi com'è tondo quel buchetto di 25 metri che ci è già costato quanto la ristrutturazione di un bel po' di scuole/ospedali. Ora, anche parte del Pd sta cominciando a fare alcune riflessioni. La pressione popolare è stata indispensabile e, qui sì, il risultato del M5S alle elezioni ha dato una gran bella sferzata ai democratici. Non a tutti, ma i lunghi cammini partono sempre con un primo passo.

Mentre i parlamentari verificavano il verificabile, a Bussoleno, in sala consigliare, decine di amministratori - che in passato hanno avuto anche idee diverse riguardo il Tav - si sono ritrovati a dire le stesse cose. Riassumendole, in un periodo di profonda crisi, in cui non ci sono merci da spostare e in cui non c'è nemmeno richiesta di viaggiare, non ha alcun senso buttare via miliardi di euro per una linea AV dove ce n'è già una più lenta ma funzionale - soprattutto se risistemata a dovere.

E poi è pomeriggio. Susa si riempie. Dai treni scendono centinaia di persone, che ci si chiede come facciano a starci. Auto, pullman, gente che arriva da Bussoleno a piedi. Ombrelli, maschere e pupazzi. Bandiere con il treno crociato. Striscioni dei comitati no Tav e delle altre realtà in lotta, perché tutto è collegato e se i soldi li metti in un posto non li puoi investire in un altro e non vengano a raccontarla con i diversi capitoli di bilancio (la contabilità non la san tenere solo i nostri governanti). Migliaia. Decine di migliaia. Sono seduta sulle casse dell'impianto-trattore a fare le foto e non vedo la fine del corteo neanche quando cominciamo a uscire da Susa. Tutti insieme, tutti uniti, forti di quella forza che solo la condivisione di un obiettivo sa dare.

L'ho twittato ieri sull'onda dell'emozione ma credo sia vero. Ci sono momenti in cui si scrive la storia, anche se a prima vista non sembrerebbe.


venerdì 22 marzo 2013

Aspettando la manifestazione... qualche parola sullo sci

Bella giornata. Ancora un pomeriggio sugli sci. Gli elicotteri che flap-flappano sulla valle di Susa anticipano la manifestazione No Tav di domani. Sarei proprio curiosa di sapere a cosa serve pattugliare il cielo valsusino un giorno prima se non a sprecare tempo e gasolio... ma tant'è. Domani siateci. Anche se fa brutto. Ci sono momenti in cui è necessario e anche bello esserci.

Tuttavia, questo mio post lo voglio dedicare al Frais, piccola stazione sciistica sopra Chiomonte che quest'anno è stata un po' casa mia. Complice la crisi e una politica - a mio parere incomprensibile - delle grandi stazioni sciistiche, siamo approdati per il corso di sci dei bambini al Frais e ci siamo trovati davvero bene, oltre ad aver risparmiato notevolmente. I maestri di sci sono bravi e preparati. I prezzi sono più che onesti - anche considerando il numero degli impianti e delle piste - e si raggiunge in un batter d'occhio. Le convenzioni con alcuni Comuni della valle permettevano ai residenti di usufruire di sconti ulteriori e auspico che la stessa convenzione possa essere estesa anche (ma non solo) al mio comune di residenza.

È bello sapere di poter contare su piccole realtà, in un'ottica di decrescita, anche in quest'ambito.

La giornata sugli sci mi ha suggerito un decalogo da seguire se volete portare qualcuno fuori con la certezza che non scierà mai più con voi. Dopo esservi accertati che scia peggio di voi, operate in tal modo:

1) Scegliete sempre la pista cercando, nel mazzo, quella che sapete metterà più in difficoltà la persona che vi accompagna.

2) Aspettate, riposando di tanto in tanto, sul ciglio della pista quella persona e quando arriva, ripartire immediatamente per non lasciarla riposare mai.

3) Alla prima rimostranza esordite con un "Forza, riposi in seggiovia" e poi la portate sullo ski-lift.

4) Alla seconda rimostranza sottolineate il numero esiguo di discese effettuate e portate chi vi accompagna su una pista non battuta - o in alternativa sulla nera più dura a disposizione.

5) Quando vedete che fatica a tenere gli sci insieme esordite con un "Su! È da adesso che fai ossa e muscoli".

6) Se siete usciti di mattina vietate un bel pranzo ristoratore al bar. Un panino freddo mentre si sale in seggiovia è più che sufficiente.

7) Sciate come se vi pagassero un tot a discesa.

8) Se uscite di mattina arrivate sul posto mezz'ora prima dell'apertura degli impianti e lamentatevi se non riesce a stare in piedi fino a che non chiudono gli impianti nel pomeriggio.

9) Sbuffate violentemente se la persona in questione vi chiede una pausa per la pipì.

10) Cercate la località dove fa più freddo in assoluto già prima di proporre la giornata sugli sci.


Non oggi, naturalmente, ma tutto questo è successo alla sottoscritta. Naturalmente nei panni di quella che scia peggio.

Buona manifestazione Valsusa!


Frais - Chiomonte (To)

martedì 19 marzo 2013

Auguri papà

Oggi è la festa del papà. San Giuseppe, il papà per antonomasia. Il mio augurio va, dunque, a tutti i papà che conosco e che non conosco ma che siano degni d'essere chiamati tali. I papà che amano i propri figli, che sono presenti nella loro vita e nella loro educazione, che se ne prendono cura e che sanno farsi rispettare senza incutere quel timore reverenziale di quei padri a cui si dava del Voi.

Il mio primo ricordo d'infanzia è una spettacolare giornata estiva, in cui il cielo era blu cobalto e nella strada dove abitavo la mia casa era l'ultima prima dei prati alle pendici del monte San Giorgio. Dovevo avere circa quattro anni e mio papà aveva deciso che ero abbastanza grande per togliere le rotelle alla mia bicicletta. Era bellissima la mia bicicletta. Piccina per una bambina piccina e meravigliosamente bianca e arancione, di quell'arancione che negli anni '70 dominava ogni ambiente. Mi ricordo come se fosse oggi che mio papà mi corse dietro tenendomi per la sella. Bastò pochissimo e già andavo da sola ma dicevo a papà «Non mi lasciare» e lui faceva finta di tenermi.

Mio papà era un uomo severo nell'educazione dei figli ma straordinariamente eclettico e in ogni cosa che faceva coinvolgeva me e mio fratello senza fare distinzioni di genere. Lui mi ha insegnato a lavorare sugli impianti elettrici, a guidare la Vespa, ad andare a spasso per boschi con il cane. Mi ha coinvolto nell'informatica quando ancora o personal computer erano dei carrozzoni senza neanche l'hard-disk e i fogli di calcolo sembravano fantascienza.

Ricordo come oggi la sera che andai allo Human rights now a Torino (un concerto). Avevo 18 anni ed era una delle prime volte che mi fu concesso di uscire da sola la sera. Usciti dallo stadio comunale c'era una coda spaventosa di auto e riuscimmo a tornare a casa solo intorno alle tre. Mio papà non era persona che metteva le mani addosso ai figli ma la sgridata è ancora ben impressa nella mia mente.

La casa dove sono cresciuta è una bella villetta che allora era circondata dal verde. Mio papà e mia mamma hanno lavorato tutta la vita per farsi la casa e un po' li invidio perché probabilmente io lavorerò tutta la vita se va bene per non lasciare debiti ai miei figli. Una volta un topolino si era introdotto nel nostro bagno, era entrato nella vasca e non riusciva più a uscirne. Era un topino minuscolo ma io ho la fobia dei topi. Sono entrata in bagno, l'ho visto e ho piantato uno strillo neanche ci fosse Jack lo squartatore. Papà, tre secondi dopo era lì. Ha guardato me, poi il topolino e poi mi ha detto «Paola, diofà, io soffro di cuore!».

Papà era comunista, laico, legato alla Cgil, odiava i socialisti e Craxi, ascoltava Gaber e Santana e la musica classica e con mio fratello realizzava aerei di balsa a motore che poi portavano a volare. Ha lavorato una vita all'Enel, fino a che non gli hanno detto che non poteva più per via dei gravi problemi di salute. Allora lui si è reinventato nell'informatica, si è riscoperto e sembrava se la fosse mangiata quella sua malattia.

L'ultima mattina che gli ho parlato era sul tetto di casa con un muratore che faceva sistemare l'antenna del CB che avevamo messo su alla membro di segugio solo perché potessi comunicare con i miei amici. Poi quella stessa mattina la malattia se l'è portato via, in un soffio per fortuna, senza che se ne accorgesse. 

Sono passati più di 20 anni da quel giorno ma gli auguri li voglio fare anche a lui. Ovunque sia. Auguri papà. Almeno un rimpianto non l'avrò mai perchè so di avergli detto «Ti voglio bene» e di averlo abbracciato quando ancora gli anni '70 e '80 ci lasciavano sperare che tutto sarebbe stato possibile.

martedì 12 marzo 2013

Il sussurro degli alberi

Il 29 marzo, alla libreria "La città del sole" di Bussoleno, presenterò questo volumetto, recente fatica letteraria di Tiziano Fratus. Il post su questo blog non vuole essere un promemoria ma un respiro di meraviglia. Dopo aver letto il libro non potevo non scriverne. Mi ha colpito molto e attendo con grande curiosità il momento in cui potrò confrontarmi con l'autore.

Chi mi conosce sa che le mie letture, pur eterogenee, si orientano raramente su libri che descrivono paesaggi. Mi piace viverlo il paesaggio, respirarlo, sentirlo sotto i polpastrelli delle dita. Sentirlo raccontare, in genere, mi entusiasma meno. Tuttavia, questo piccolo volume si legge tutto d'un fiato. In certi passaggi si può persino provare la sensazione forte, profonda e piacevole del contatto con gli alberi pur essendo chiusi nella propria stanza.

«Credo che la schiavitù dell'uomo nei confronti del tempo sia una delle cause della crisi perenne che attraversa l'epoca moderna - scrive Fratus - vincolati come siamo, individualmente e socialmente, a produrre, ad arricchirci, a ottenere successo, quel successo che crediamo alla nostra portata e che diamo per scontato gli altri vogliano da (o per) noi, per poterci ammirare, rispettare, e magari, al fondo, amare».

Sarà per questi incisi, per queste riflessioni e per questo mettersi delicatamente in discussione, al confronto - e al cospetto - di alberi millenari che trovo così piacevoli queste pagine. Per alcuni, queste pagine potranno essere appunti di viaggio; per altri un modo per conoscere un aspetto diverso del proprio Paese - ma non solo - e per altri ancora, un modo per guardare da un altro punto di vista la storia. Dal punto di vista di chi può osservare i secoli come fossero attimi - in una staticità solo apparente - vivendoli e subendoli al tempo stesso.

Per me, questo piccolo volume è stato un interessante viaggio dentro me stessa, accompagnato dal frusciare delle fronde e da quel fresco meraviglioso che ti avvolge all'ombra di quelle stesse fronde in una calda e assolata giornata in montagna.

giovedì 7 marzo 2013

L'agonia della Beltrame

Momenti al presidio
Mercoledì notte. Pioviggina e fa freddo al presidio dei lavoratori dell'acciaieria Beltrame, che ha sede sul confine tra Bruzolo e San Didero. È il settimo giorno di blocco e di protesta per le maestranze, fortemente preoccupate per il futuro dello stabilimento, incerto come non mai. Si teme un primo ridimensionamento forte che porterebbe alla conseguente chiusura della fabbrica. Il 3 aprile scadrà la cassa integrazione straordinaria. Altri ammortizzatori sociali si potrebbero mettere in campo, ma la paura diffusa è che la proprietà decida in modo diverso, togliendo la speranza a circa 360 famiglie.

Lo sciopero e il blocco di ogni attività di carico/scarico sono cominciati martedì 26 febbraio. Lo hanno convocato le Rsu con il supporto delle sigle sindacali tutte (Fiom, Cobas, Fim, Uilm), anche quelle che erano state più "tiepide" finora. La speranza era che lunedì, a Vicenza, il Gruppo Beltrame e i sindacati trovassero una soluzione condivisa. Ma questo non è accaduto e le maestranze hanno deciso di proseguire il blocco fino almeno al 18 marzo, quando dovrebbe tenersi a Roma, al Ministero per l'industria, un nuovo incontro che siederà di fronte a un tavolo tutte le parti in causa. Ma con quale governo andranno a discutere nessuno lo sa.

In questo momento, i dipendenti della Beltrame sono circa 360. Quasi la metà di loro sono in cassa integrazione continua da maggio 2012, quando il reparto acciaieria ha fermato la produzione per non ripartire più. Gli altri lavorano a rotazione, così come a rotazione producono i due laminatoi. Le maestranze potrebbero avere diritto ad ancora 5 o 6 mesi di cassa integrazione straordinaria (per completare i 3 anni su 5) e ad altre 52 settimane di ordinaria. Ma non si sa quale sia la volontà dell'azienda. «Il problema non è che non ci sono gli ammortizzatori sociali - dice Claudio Calliano, Rsu Cobas - ma è che non sappiamo dove vuole andare l'azienda. Anche i precedenti, con altri stabilimenti dello stesso gruppo, non sono rassicuranti. L'acciaieria è stata chiusa a maggio 2012. A dicembre abbiamo avuto la conferma che per tutto il 2013 non lavorerà. La produzione 2013 dei laminatoi è inferiore a quella del 2012. I segnali non sono buoni».

I sindacati temono che l'azienda voglia chiudere definitivamente le acciaierie a cui, dicono, seguirebbe la chiusura dei laminatoi per un effetto "carciofo". «Anche così non fosse - chiarisce Calliano - 120 lavoratori dell'acciaieria non si lasciano a casa. Non è una questione di reparto ma di stabilimento». Con questo spirito si lotta uniti. Sono unite le maestranze, che non fanno mai mancare una massiccia presenza al presidio/blocco. Sono uniti i lavoratori, i sindacati e gli enti locali del circondario, i cui sindaci e amministratori hanno più volte portato la loro solidarietà. Sono unite le maestranze di diverse fabbriche, tanto che fin dall'Ilva di Taranto sono venuti a Bruzolo a portare un po' di sostegno alla lotta. «I lavoratori sono consapevoli del pericolo occupazionale - dice ancora Calliano - C'è sempre partecipazione e ogni decisione viene presa in assemblea».

C'è crisi ed è pesante. Chi guadagnava 1500 euro, tra straordinari e festivi, adesso, in cassa integrazione, ne prende 850 circa. Un lavoratore racconta che tutto quello che prende di cassa lo gira per il mutuo. A casa vivono con il poco che la moglie porta a casa con il suo lavoro saltuario. Tante famiglie. Molte monoreddito.  L'affitto, la luce, l'Imu, il riscaldamento, le spese per il sostentamento, per i figli. Per molti la pensione è lontana e incerta. Senza contare le difficoltà di tutto l'indotto, già falcidiato in gran parte dalla prima grande ondata di crisi del 2010/11.

Fuori dai cancelli della Beltrame ci sono uomini che lottano per una speranza. Sono questo, prima ancora di essere maestranze che difendono il posto di lavoro. Si può vivere rinunciando a molto ma non a una prospettiva, a una speranza che il domani possa essere migliore e che le difficoltà possano essere superate. Senza la speranza, stringere la cinghia, lottare, faticare, aver dato tanto sembra tutto inutile.