domenica 17 agosto 2014

Sotto il segno del vento



È certamente il vento. Sono nata sotto il segno dl vento.
Per questo il vento mi piace e allo stesso tempo lo detesto. 
Il vento che soffia freddo e mi costringe al riparo e allo stesso tempo mi fa sentire viva.
Il vento che soffia caldo e mi toglie il respiro e allo stesso tempo mi carica di energie nuove.

Stasera il vento spazza un condominio. 
Le finestre sono chiuse. Quasi tutte. Occhi chiusi in una notte appena iniziata.
Intorno solo mura e una palma, piccolina, che ti chiedi perchè sta lì, in quel luogo che evidentemente non avrebbe mai scelto come posto in cui vivere.
É chiusa anche la finestra del tale che non fa che insultare la moglie - "Cazzo fai?", la roba più genitle - che se io fossi in lei già dovreste portarmi le arance. E me la immagino una sera, vestita come Uma, che con la katana fa saltare prima i suoi coglioni e poi la sua inutile testa. E invece lei sono almeno due decenni che sopporta e come fa lo sa solo lei.
É chiuso l'attico del tale che faceva sempre le grigliate e noi lo si invidiava un po' perchè avere il balcone non è roba da tutti, figuriamoci un attico su cui fare le grgliate e invitare gli amici. 

Il vento soffia. Subito sembra freddo ma alla fine non lo è. Ti accarezza il viso, le spalle. Poi va via. Il vento non è mica una roba che viene quando la vuoi. Il vento arriva e si fa amare oppure odiare e poi se ne va com'era venuto. É facile così, se ci pensi. 

Ma io sono nata sotto il segno del vento. E non c'é montagna, non c'è pascolo, non c'è città o periferia che mi faccia sentire a casa come il vento. Se in un luogo il vento soffia, lì c'é un pezzettino di me.


lunedì 4 agosto 2014

Il libretto d'istruzioni

Tolleranza: (Zingarelli) cit. Disposizione d'animo per la quale si ammette, senza dimostrarsi contrariato, che un altro professi un'idea, un'opinione, una religione diversa o contraria alla nostra / Atteggiamento comprensivo, indulgenza.

Spesso, sono i miei figli a far nascere in me riflessioni sul significato delle parole e sulla loro applicazione nel quotidiano. Oggi, in una giornata di particolare quiete, io e Alice abbiamo avuto una discussione sul cibo.
La premessa è che io adoro cucinare e che, a casa nostra, raramente si mangia due volte di fila la stessa cosa a meno che non ne sia avanzata veramente molta (prima regola, non sprecare). Alice ha dieci anni, il cervello di una sedicenne e le abitudini alimentari di un bambino di quattro anni. Mangia poco e non sarebbe gravissimo perché le basta ma sfortunatamente mangia pochissime cose.
Oggi, seduta davanti a una rolatina di pollo sembrava l'avessi condannata alla sedia elettrica. La conversazione che ne è seguita, frutto di una giornata particolarmente quieta che mi ha dotato di molta pazienza, è stata più o meno questa:

«Alice, a me piange il cuore quando ti vedo soffrire così davanti a un piatto di carne. Io non voglio costringerti a mangiare la carne. Ma se non mangi la carne, devi magiare sufficiente verdura e legumi. Se tu mi dici che la preferisci io ti cucino la verdura»
«La verdura... a me piace l'insalata, gli zucchini, le patate e i fagiolini»
«Non basta. Devi mangiarne più tipi»
«Io non li voglio i broccoli»
«Niente broccoli. Ma devi mangiare almeno i piselli, gli spinaci, le costine... se vuoi al mare facciamo questo esperimento. Io ti cucino il pesce che ti piace e la verdura in tanti modi e se la mangi io non ti propino più la carne»
«Ma a me la carne impanata e i McNuggets piacciono»
«E quelli continui a mangiarteli»
«Va bene»

Così proveremo.
D'altra parte Alice ha già le sue idee tutte chiare e noi cerchiamo di lasciarla crescere in autonomia. Lei è l'unica credente di famiglia. Va in chiesa e a catechismo nonostante abbia genitori (e non solo) praticamente agnostici. Quando è stata ora di scegliere la sua via, lo abbiamo chiesto a lei e lei ha deciso. Una scelta che noi rispettiamo portandola a messa e a fare la comunione e tutto il resto.
E mi chiedo quanti cattolici rispetterebbero una scelta inversa.
E mi chiedo quanti vegetariani o vegani rispetterebbero una scelta inversa. E ricordo una coppia vegan con un bimbo di un anno e mezzo che mi chiede di portar via la pasta con le cime di rapa e salsiccia su cui il bimbo si era avventato «perché "noi" siamo vegetariani».

Per questo mi è nata la riflessione sul significato di tolleranza. La tolleranza si comincia a praticare nel quotidiano rispettando le scelte dell'altro. Perché la libertà altrui può arrivare fino al punto in cui non lede la propria.
E' un punto di partenza sul quale sto investendo molto, con non poco sforzo e lavoro su me stessa. E sarebbe una menzogna dire che ci riesco sempre. E' molto più comodo dire «Adesso basta! Mangia la bistecca» o «Non mangiare la bistecca che hanno ucciso una bestia per mettertela nel piatto».
A volte bisogna essere tassativi con i bambini. Ma loro non sono noi e hanno il diritto d'essere diversi da noi, pur insegnando loro che ci sono valori sui quali misurare ogni scelta.

E sarebbe molto più facile se ci fosse un fottuto libretto d'istruzioni. Almeno sui passi base dell'essere genitori.