lunedì 24 gennaio 2022
L'esercizio
lunedì 17 gennaio 2022
La medusa di montagna
Sono tre anni che non metto gli sci ai piedi.
Avrei voluto farlo a dicembre, subito dopo l'unica seria nevicata di questo inverno strambo, ma non ho potuto e ho perso l'attimo. Tra l'altro, mezza mela sostiene che è inutile che io provi anche solo a risalirci sugli sci considerata la mia forma fisica, che ha raggiunto lo stadio "celenterato" dopo due anni di nulla totale e qualche breve camminata. Mezza mela scia da quando era bambino e dovrei fidarmi della sua esperienza, visto che dopo tre anni di inattività, lui non ha neanche la velleità di rimettere ai piedi gli sci. Andrebbe a finire che alla prima discesa i miei quadricipiti chiederebbero pietà. Nella migliore delle ipotesi.
Nonostante la realtà delle cose, ho detto a figlio maschio che mi sarebbe piaciuto andare a sciare con lui. Anche a lui manca lo sci. Ma lui è molto più in forma. Dalla sua, ha il fisico di un adolescente che non ha mai smesso di fare sport se non durante i tre mesi di lockdown totale del 2020. Insomma ha l'asso di briscola, il tre e diverse figure.
Forse, come forma di avvertimento dal cosmo, non è più nevicato. Qui da noi, intendo.
Di positivo c'è che la luna è cambiata e posso cominciare a seminare. Aglio, cipolle, rucola e valeriana, per il momento. Poi ci saranno le verdure primaverili e via, la mia malinconia per lo sci potrà aspettare il prossimo autunno. E, magari, una forma fisica migliore. E, magari magari, anche un inverno senza questa pandemia che ci ha sfracellato tutto lo sfracellabile.
Ho il terrore anche solo di immaginare quanto potrà costare, la prossima stagione, andare a sciare. Che già tre anni fa, in due e con l'attrezzatura, dovevi considerare che partisse la banconota da 100 euro, tra tutto. Ma sciare non è mai stato uno sport economico. A meno che si salga con le pelli, ma io non ho mai avuto né fisico né tentazione, sebbene riesca a comprenderne il fascino.
Complice l'inattività di mesi, tra i propositi per il 2022 c'è quello di sostituire il celenterato con qualche cosa di meno flaccido. Anche se, pare, ci sia una piccola specie di medusa dotata di una vita così lunga da ritenersi immortale. Che, tutto sommato, non è malaccio.
lunedì 10 gennaio 2022
Un filo sottilissimo
Tra dieci giorni la mia figlia maggiore compirà 18 anni.
Vi dirò che sto accusando un po' il colpo. Non l'ho accusato entrando nei primi "anta" e neppure nei secondi "anta", ma veder lei entrare nella maggiore età è come se, improvvisamente, lo specchio mi riflettesse l'immagine di una mummia.
Non so perché. Io non avevo quest'impressione di mia mamma al compire dei miei 18 anni. La vedevo come un'adulta stabile e strutturata ma non come una mummia. E non che fosse meno grande il gap generazionale. Anzi.
Mi sono interrogata spesso sul tipo di mondo che stiamo lasciando agli adulti di domani. E dev'essere questo, più di qualsiasi altra cosa che mi fa sentire antica. Io sono arrivata alla maggiore età e mi sembrava di poter fare tutto ciò che volessi. Non dal punto di vista economico ma mentale. Erano gli anni '80 e, per dirla alla Guccini, avevamo tutto per possibilità.
Sono trascorsi i decenni e quel mondo in cui mi accingevo ad entrare con il compimento della maggiore età si è disgregato. Subito, a vent'anni, non è che m'importasse molto, a dire il vero, ma a vent'anni ci si sente invincibili e non si pensa molto a quello che sarà. Forse è stato un mio errore o l'errore di una generazione che, tutto sommato, viveva bene senza avere grandi necessità ed è diventata "avida" ed individualista.
Vivere fuori dai grandi centri urbani mi ha, in qualche modo, salvato. Mi ha impedito di perdere il contatto con la natura, con il territorio e, soprattutto, con le persone. Ho cercato di cucire quel mondo in frantumi con un filo tessuto con i valori che i miei genitori mi avevano trasmesso. Tanto è bastato per ricostruire me stessa in un ambiente ostile e per non perdere completamente la bussola di ciò che è "giusto" e "sbagliato". Ma, non per ricostruire sulle macerie.
Perché questo sto lasciando ai miei figli. Un mondo in macerie e un rocchetto di filo fatto di valori in cui credo. Un rocchetto di filo sottilissimo e delicato, tanto che mi sembra di doverlo seppellire per preservarlo dalla distruzione, come facevano i miei nonni in campagna con il sale e gli aghi e altre oggetti preziosi durante la guerra, per poi ritrovarli a conflitto terminato. Perché nessuno sa quanto duri una guerra ma, dopo, bisogna ricominciare con quello che è rimasto.
In questi giorni si sente parlare assai del calo della natalità ma, onestamente, bisogna essere un po' folli, un po' irresponsabili o decisamente ottimisti per pensare di far crescere in questo mondo le persone che più amerai nella vita. Io sono stata folle, irresponsabile oppure ottimista e ne sono felice ogni giorno della mia esistenza. Ma continuo a cucire faticosamente con quel rocchetto sperando che loro possano essere, quando lo vorranno, altrettanto folli, irresponsabili oppure ottimisti.
lunedì 3 gennaio 2022
La forza dell'oblio
Foto di una pila di giornali presa a caso |