domenica 31 marzo 2019

#276 Eccheccazz l'ora legale

Io odio l'ora legale.
Quest'anno, per una congiunzione astrale favorevole, sono riuscita a non patirla da subito. Ho dormito fino alle 10,38, che poi sarebbero le 9,38 sentendomi fortemente in colpa perché il canetto di solito mangia assai prima. "Odddiooooooo sono già quasi le 11!!"
Eh, niente. Io e la mia mezza mela abbiamo saltato la colazione. Che è il pasto più importante della giornata da che mondo e mondo, per non arrivare a dover pranzare alle 14,30. Siamo andati a fare due passi. Ho raccolto le erbe per un esperimento, di cui vi parlerò quando sarà passato sufficiente tempo per la loro stabilizzazione.
Siamo tornati con una fame da lupi e siamo riusciti a fare pranzo a un'ora sballata decente.
Io sono piemontese al 100% ma non ce la faccio a mangiare pranzo a mezzogiorno e cena alle sette. Mi sembra di fare colazione e merenda. Ho i ritmi caraibici nello stomaco. O quelli spagnoli. Che se ti palesi in un ristorante alle 20 della sera ti guardano come se fossi arrivato alle 18 in un ristorante italiano.
Così, dal punto di vista dell'alimentazione ho tamponato la questione "ora legale". Pur per la cena me la sono cavata, servita all'ora democristiana delle 20,30. Che non sono le 20 solite ma neppure le 21. Ma, diavolo, avevamo a cena un amico e ci siam messi tutti a giocare a un gioco di società e subito erano le 23,30. Non è mica una cosa con un senso.
Magari aveva un significato cambiare l'ore negli anni '70. 
Ma adesso, per favore, ci lasciate vivere in pace?
Se odierò il mondo nelle prossime tre settimane, darò la colpa all'ora legale.

PS La mia mezza mela sostiene che io non possa dare sempre la colpa ad agenti esterni per il mio odio verso il mondo. 

sabato 30 marzo 2019

#277 Il post pomeridiano

Dall'esperienza s'impara.
O almeno si dovrebbe.
Visto che stasera ho pianificato di andare a sentire suonare un gruppo di amici, ho pensato di scrivere prima per evitare di farlo in ritardo come ieri.

Le news in diretta dal Medioevo veronese si susseguono sul mio muro di Facebook e vorrei che fossero una lista di fake. Vorrei che fosse stata lanciata una campagna di fango sul congresso mondiale delle famiglie e che tutto quello che si racconta sia pura invenzione.
Sfortunatamente non è così.
Cure per l'omosessualità, cancro ad orologeria per donne che non fanno figli, ignominia per le donne che non si occupano sottomesse del loro uomo e dei loro figli, inferno per quelle che osano abortire o divorziare. Mi stupisce che invece dei feti di plastica non abbiano considerato l'idea di regalare mini kit per l'elettroshock da usare in difesa della famiglia "tradizionale" o "naturale".

E' già ributtante sentire un uomo che fa certe dichiarazioni ma sentirle uscire dalla bocca di una donna è spaventoso. Decenni di lotte contro il patriarcato, in difesa dei diritti, dell'uguaglianza di genere e per la tutela della donna, in quanto soggetto debole, spazzati via in un solo fine settimana.

La speranza che l'evoluzione non abbia subito un triste intoppo sono quelle decine di migliaia di persone che manifestano contro questo raduno di fanatici. Cui io non contesto il modo di vivere ma contesto fortemente la loro volontà di imporlo a chiunque.
Non ci riesco. Provo a capire ma non ci riesco.
Non immagino un dio che voglia tanta intolleranza, tanta arretratezza, così poco amore per il prossimo.

#278 Non sono morta sono solo in ritardo (bis)

Ci sono giorni in cui le ore di veglia non sono sufficienti per darmi anche il tempo di scrivere.
Vi chiedo scusa.
Così, sono per la seconda volta in ritardo sui tempi.
Che non ci sta neppure l'ora legale (ricordatevi domani o stanotte che dir si voglia di spostare le lancette) perchè sarei stata, nel caso, ancor più in ritardo.
Stasera mi sono dilungata dalla mia amica-socia-sorella a chiacchierare e il tempo è volato via.
Abbiamo parlato, tra le altre cose, di brave persone e di persone buone.
Per me c'è grande differenza. Una brava persona è... una brava persona. Che si comporta bene, che ha una dimensione individuale e collettiva sana e giusta, che vive la sua vita senza fare del male.
Una persona buona, beh, è differente. Perché ha il suo esistere incentrato sul benessere suo prima di quello altrui al di là di ogni questione e non ne sente il peso.
Poi magari mi sbaglio. Ma la bontà non è cosa da tutti. Anzi.
Io mi reputo una brava persona ma non una persona buona. Quando mi sembra opportuno antepongo i miei piccoli egoismi. Che per ogni brava persona sono una cosa differente, ma indispensabile per sopravvivere.
La discussione "filosofica" sul concetto di bontà questa sera mi ha rapita.
Ci sono state altre conversazioni di rilievo ma non potrei (e forse non vorrei) scriverle in poche righe. L'approfondimento mentale, tutto mio, sul concetto di bontà è quello su cui mi piacerebbe avere la vostra opinione.
Poi, siccome sono in palese ritardo (e io odio essere in ritardo) non mi dilungo.
Ma pensateci. "E' una brava persona" oppure "E' una persona buona" non hanno peso differente?

giovedì 28 marzo 2019

#279 Quale, non saprei dire.

Oggi ho ammorbato un po' Fb con la condivisione di una personale questione di lavoro. Non lo faccio mai, perché capisco che possa essere fastidioso come la pubblicità della super-spugna.
Ma ai pochi che leggono il blog posso dirlo.
Dobbiamo svuotare il magazzino perché da qui a fine luglio chiuderemo l'azienda e finirà questa avventura.
Io e Chiara ci abbiamo creduto.
Abbiamo lottato.
Abbiamo investito tempo ed energie (oltre che denaro).
Ma non riusciamo più a mandare avanti il tutto.
La crisi ci ha masticate e sputate via.
Non è una crisi che non ha nome. Un'ipotetica o temporanea mancanza di soldi. Hanno roso alle fondamenta tutto il nostro bacino di utenza. Chi è stato? Diciamo che è un concorso di cose. 
In parte, fare abbigliamento sportivo con la concorrenza dei grandi gruppi e del mercato d'importazione (in un momento in cui la maggior parte delle persone si può permettere solo l'indispensabile) pone già delle difficoltà. Il made in Italy funziona se sei un colosso e non una piccola azienda artigiana, a meno che tu non faccia qualcosa di assolutamente unico o destinato a un mercato di nicchia.
Dall'altra, le spese sono diventate insostenibili, L'affitto, le tasse (a vario titolo), la necessaria manutenzione dei macchinari e le spese di gestione (riscaldamento, energia elettrica e via dicendo) sono diventate per noi insostenibili. Alla fine, la spesa minore sono i fornitori. Che è pazzesco, se ci pensate.
Sono mesi che andiamo a lavorare come se potessimo permetterci di farlo per divertimento. E, ve lo assicuro, io non sono una che si piange addosso o, men che meno, lo fa per instillare nel prossimo un senso di pena.
Questo è semplicemente ciò che ci accade in questo momento.
Se avessi un'iniezione di soldi a fondo perduto, magari, tenterei ancora. Lo farei per noi, certo, e per la nostra dipendente a cui vogliamo molto bene. Ma non è così.
Quindi, grazie. 
A tutti coloro che ci aiuteranno in quest'ultimo tratto di avventura.
Poi, ne comincerà, in ogni caso, una nuova.
Quale, non saprei dire.

mercoledì 27 marzo 2019

#280 Buon cubo a tutti!

Mio figlio si è innamorato del cubo di Rubik.
L'ha rivisto tra le mani di un suo compagno di scuola e ora vuole imparare a risolverlo.
Io avevo più o meno la sua età quando i miei genitori me lo regalarono. Insieme a uno spesso libretto di istruzioni per imparare a svolgerlo. Me ne innamorai anche io e imparai a farlo.
Prima che Alessio si prendesse bene con questo gioioso rompicapo, ho cercato di spiegargli che non avrebbe potuto farlo a caso. Che c'erano degli algoritmi precisi da seguire. Che neanche in un milione di anni, facendolo a caso, l'avrebbe risolto.

Ma se lui si mette di buzzo buono a fare qualcosa, difficilmente lascia perdere. Dunque, missione "cubo di Rubik".

Siccome a distanza di qualche decennio mi ricordo solo come arrivare a fare i primi due livelli, stasera ho cominciato con insegnargli il primo e il secondo. Per  tornare a fare anche il terzo mi attrezzerò.
Non ho più il mio libretto d'istruzioni. 
Se conosco mia mamma sicuramente da qualche parte l'avrà messo perché non si butta via nulla. Ma non è rilevante. Oggi, ci sono pagine internet in grado di svolgere il medesimo lavoro.

Ma Alessio è già un passo avanti. Mi sono distratta un secondo e, mentre scrivo queste righe, già si sta copiando gli schemi (su carta!) anche per il terzo livello.
E allora stasera, buon cubo a tutti.




martedì 26 marzo 2019

#281 Appendeteli per i coglioni

Sono andata sul sito de Il giornale perché mi aspettavo un titolone sobrio tipo: "Appendeteli per i coglioni".
Invece, i tre ragazzi che avrebbero stuprato la giovane americana sono di Catania (l'uso del condizionale è d'obbligo fino a processo avvenuto per evitare conseguenze legali, nda). Niente extracomunitari. Niente uomini di colore. Nessun migrante.
Così è toccato ripiegare su Battisti. 
Insieme a notizie di cui riporto alcuni titoli: "I migranti terrorizzano Milano. Ma Sala insiste sì allo ius soli", "Falsi attestati a 6mila migranti: permessi di soggiorno in regalo", "Cittadinanza (falsa) in 3 giorni. Nel business anche un parroco", "Iniziativa buonista nella scuola. Gli studenti in gita dai migranti", "Nel campo Rom c'è la refurtiva. E Sala regala altri 270mila euro".
Non li ho cercati. Sono uno dietro l'altro nella pagina de Il giornale in questo preciso momento.

Screenshot. Comunque, Google che mi avverte che il sito non è sicuro è da Nobel.

Poi sono andata sul sito di Libero Quotidiano e mi aspettavo un titolone sobrio tipo: "Appendeteli per i coglioni".
E, invece, incredibilmente, in prima, la notizia neanche c'è. D'altra parte un'americana stuprata, presumibilmente, da tre catanesi se la sarà cercata. L'hanno invitata a continuare la serata con loro, la colpa è sua. Poteva dire di no e tornare a casa a fare l'uncinetto. Aveva anche bevuto. Ha provocato con il suo essere donna. Magari aveva persino la minigonna o una scollatura invitante. Si è talmente divertita che l'hanno persino invitata a ripetere l'esperienza.
Immagino tutto il repertorio.
Però, in prima, leggo la notizia di uno straniero che, presumibilmente (il condizionale le titolo del quotidiano non c'è), avrebbe stuprato una 18enne e "i poliziotti sono furiosi" (nell'altro caso facevano il tifo?) e il maipiùsenza del tipo che scoreggia in faccia al collega.

Screenshot
Altro screenshot

Ho avuto una discussione l'altra sera con la mia mezza mela. Perché ho una definizione di "uomo della strada" che a lui non piace. Lui pensa, credo, che io intenda come UDS colui che non ha studiato. Invece non è proprio per nulla così. 
L'UDS è quello che si fa prendere per la pancia, che guarda sempre e solo al suo, indipendentemente dalle conseguenze sugli altri. Quello che giustifica tutto. Quello che se ne frega di tutto tranne che di se stesso e dei pochi che possono essergli utili.

Colui che non ha studiato non è necessariamente ignorante.
Spesso, ultimamente, succede che sia esattamente il contrario.



lunedì 25 marzo 2019

#282 La tivù zittita

Cominciamo con la presunta cazzata.
Che non è poi tanto presunta. 
E' proprio una cazzata. 
Mai lasciare lievitare l'impasto della pizza in una teglia di acciaio e poi cuocerla. Non che non sia buona ma gli ultimi cinque millimetri restano attaccati alla teglia. Va leggermente meglio con la teglia antiaderente. Comunque, la prossima volta cambio sistema.
Però la pizza era buona. La mia mezza mela mi ha portato da un mulino piemontese una farina particolare ed è venuta bella soffice con l'impasto con le bolle come le vere pizze. 
Anche Birba, il mio lievito madre, funziona bene. Bisogna solo lasciargli il tempo.

E stasera saltiamo, per così dire, di palo in frasca.

Ho la tivù accesa su La7 perché il lunedì sera c'è Grey's Anatomy. Una serie da cui non sono mai riuscita a disintossicarmi. Stasera c'è il finale di stagione.
Comunque, ho la tivù accesa su La7 e sulla trasmissione condotta dalla Gruber. La guardo senza volume. L'unico modo che ho per sopravvivere a Otto e mezzo. Senza volume era apprezzabile anche Massimo Giannini. Con la barba sembra mio nonno. Ha perso il 98 per cento del suo sex appeal. E pensare che a me piacciono gli uomini con la barba. Ci sono sempre le eccezioni che confermano la regola.

Stasera ho anche avuto un'interessante conversazione con mia figlia. A volte guardo quella quindicenne e mi stupisco di quanto sia cresciuta. Comincia a fare discorsi importanti, seri. Comincia a pensare a se stessa collocata nel futuro e non solo nel presente. 
Ho sempre pensato che non sarei uscita indenne dall'adolescenza di mia figlia. Solo per miracolo sono uscita indenne dalla mia. Invece (non vorrei vendere la pelle dell'orso prima di averlo ucciso), forse, riesco a farcela pure stavolta.

Poi, vabbé, ci sono state le elezioni regionali in Basilicata. Salvini esulta e fa bene. Prendere per il culo i meridionali per anni e poi farsi votare da quasi il 20% dei meridionali (uno su cinque) non è mica da tutti.
Ma non mi stupisce più nulla del risultato delle urne, ormai.
Temo, però, che avesse ragione un amico sindaco democristiano con cui spesso discuto di politica. Questo governo non sarà il vaccino contro l'odio e l'ignoranza. Sarà la culla.

domenica 24 marzo 2019

#283 Tranne la menta

Giornata assolata.
Partita di calcio di bambini. E un'amica che mi dice che stasera potrei scrivere dei genitori in tribuna.
Magari no. Non sono un bell'esempio i genitori in tribuna.
Capisco che gli ingaggi siano alti e sperarci sia umano ma è raro che un bambino diventi il nuovo Gianni Rivera o Dino Zoff.
Giocare dovrebbe essere prima di tutto un divertimento.
Si potrebbe scrivere un libro con le stupidaggini che si sentono in tribuna, con l'aggressività degli adulti "responsabili", con le loro inutili polemiche, con gli insulti all'arbitro, allenatore e giocatori.
Un libro triste, specchio della nostra triste società moderna.

Quindi, niente.
Vi dirò che in attesa di trovare qualcuno dotato di escavatore che possa venire a prepararmi l'orto (c'è da togliere una vigna), ho cominciato con il sistemare una parte del nostro cortile. Se questa settimana sarà ancora bella, avrò da fare. Voglio piantare un po' di aromi vari. Tranne la menta, che nel nostro cortile cresce felice in abbondanza.

Poi ho fatto le pizze con il lievito madre.
Ma ho paura di aver fatto una cazzata.
Lo scoprirò solo quando saranno cotte.
E per il momento non lo sono ancora.


sabato 23 marzo 2019

#284 Il pianeta siamo noi

Marcia per il clima e contro le grandi opere inutili.
Io, oggi, non c'ero con la mia persona fisica ma ero là con tutto il mio essere e sentire.
Ora, "marcia per il clima" non mi piace. Non significa molto essere a favore o contro il clima. E' come essere pro o contro le zucchine. Sarebbe stato meglio "marcia per la salvaguardia del pianeta e contro le grandi opere inutili", ma la sintesi è ciò che trasforma una semplice frase in uno slogan facile da riportare sui titoli dei giornali.
Vorrei fare una lunga digressione sulla sintesi nel parlato (soprattutto nello scritto) ma ve la risparmio. Tanto è inutile.
Quello che non è inutile è cercare di salvaguardare il mondo in cui viviamo. Si può cominciare con semplicissime cose alla portata di tutti:
- non buttare l'immondizia per terra in ogni dove
- differenziare l'immondizia stessa, persino arrivando a portare quello che non si può buttare nel cassonetto alla rifiuteria
- non prendere l'auto per fare un piccolo tratto di strada
- cercare di comprare meno plastica possibile
- non tenere 26°C in casa d'inverno che poi vi lamentate pure d'essere sempre malati o di pagare uno sfacelo di bollette
Ma soprattutto, lo dico sempre (ma anche questa mia battaglia è come quella di Don Chisciotte) semplicemente non comperare quei prodotti che all'ambiente non guardano affatto. Per esempio, ma solo per esempio, le vaschette di prosciutto con quattro fette dentro e sei etti di plastica.
Il consumatore potrebbe fare la differenza. Purtroppo, non la fa mai, per lo meno qui in Italia. Il boicottaggio funziona solo in altri Paesi più evoluti. O sensibili. Decidete voi l'aggettivo che meglio si adegua.
Il pianeta terra siamo noi.
Quando al posto del pianeta, nella frase, c'era lo Stato non è andata bene.
Speriamo meglio per il pianeta.

venerdì 22 marzo 2019

#285 Ogni libro è un viaggio

Stasera, io e la mia mezza mela siamo andati alla presentazione di un libro, che una cara amica, di cui ho grande stima, ha scritto a quattro mani con il protagonista del libro stesso.
Non è mia abitudine parlare di libri prima di leggerli e, dunque, non ne parlerò per ora. Ma sono molto contenta che la sala consiliare in cui si è tenuta la prima del volume fosse piena. 
Credo fermamente che solo un libro sia capace di raccontare davvero una storia, con tutte le sue sfumature. Leggere un libro, a differenza di tutto ciò che appare in video, ti permette il lusso dell'immaginazione, non ti lega a canoni che qualcuno descrive per te. Per quanto possa essere dettagliato un romanzo (e io non amo le lunghe descrizioni) resta lo spazio per immaginare particolari, costruire percorsi, ragionare sui perché o sugli argomenti.
Un libro, alla fine, lo fa anche chi lo legge. Per fortuna. Altrimenti, fosse solo per me, Manzoni non avrebbe avuto neanche un lettore. Per dire di uno scrittore già morto. E lasciarvi nel dubbio riguardo chi, invece, scrive a tutt'oggi.
Nei libri cerchiamo noi stessi o quello che ci manca. Amiamo chi sa arrivarci al cuore, con pagine dipinte come col pennello o con dialoghi taglienti, con personaggi caratterizzanti o con fantastiche costruzioni della realtà.
Ogni libro è un viaggio. E come in ogni viaggio, per ognuno di noi, anche la stessa località può riservare sensazioni differenti.
Così mi appresto a questo nuovo viaggio.
Non stasera. E' tardino e io sto invecchiando. Se leggo a letto mi addormento. Una volta non succedeva. Ora il libro mi crolla sulla faccia all'improvviso (o viceversa, a seconda se la posizione è supina o prona) anche se il libro mi piace da matti.
Se prenderete la mia stessa destinazione, alla fine ci potremo scambiare le esperienze.


giovedì 21 marzo 2019

#286 286, per gli amici.

286.
E' un numero che mi ricorda la mia adolescenza. 
Una roba intorno al 1987, insomma.
A casa ne avevamo uno, di 80286. 286 per gli amici. Il primo con un vero hard disk e i dischi piccoli, da tre pollici e mezzo, che erano molto più funzionali dei loro papà da otto pollici e un quarto. Ma il floppy disk doppio era d'obbligo perché era un periodo di transizione.
Non mi ricordo quanti megabyte contenesse l'hard disk. Ora, persino sul telefono i megabyte sono quelli che si spostano in pochi minuti sulla rete guardando un video. I gigabyte, invece, allora erano roba per la Nasa o poco meno.

Il primo software con cui sono venuta in contatto in prima persona fu, su un Commodore 64: la versione in Basic della battaglia di Abukir, copiata pari pari senza capire quasi nulla da una rivista di informatica, credo intorno al 1984. Il C64 aveva un avanzatissimo sistema di stoccaggio dati: la cassetta a nastro. Aveva un gioco di calcio fichissimo (per lo standard di allora) con gli omini costruiti con circa 20 pixel in tutto, a cui potevi anche cambiare il colore della maglietta. Noi ci divertivamo un sacco. Soprattutto perché i più fortunati di noi prima avevano avuto solo la televisione con il tennis integrato: due lineette e un puntino che passava da campo a campo.
Mi piaceva l'informatica. Ero portata. Al liceo non ho fatto alcuna difficoltà a impossessarmi delle poche nozioni che ci erano richieste. A 19 anni ero in grado di elaborare programmi gestionali, semplici ma efficaci. Che è quello che ho fatto fino alla fine degli anni '90. Prima in Basic, poi con il magico Clipper e poi C++ e Visual Basic.
Poi, nei primi duemila sono rimasta incinta di Alice. 
E ho smesso di fare il programmatore per dedicarmi a a lei e alla mia altra grande passione: scrivere. Luna Nuova mi permetteva di stare di più a casa e allevare mia figlia sebbene lo stipendio fosse minore e le tutele inesistenti, essendo io una semplice collaboratrice coordinata e continuativa (prima) e a progetto (poi).
In dodici e più anni di Luna Nuova la tecnologia è schizzata alle stelle. Riprenderla è stato impossibile, stante il fatto che bisogna lavorare per vivere anziché studiare per sapere.
Adesso sono di nuovo sui computer. Li uso ma non li conosco più. Non so più come sono fatti dentro, quali sono le tecnologie all'avanguardia e quali desuete. Non saprei elaborare un codice in HTML o Java.
La tecnologia mi ha seminata.
Ma ne sono costantemente affascinata.

Adesso sono in cerca di un baratto. Sono in cerca di uno studente lento in matematica o inglese ma bravissimo con Adobe Illustrator o Photoshop con cui fare uno scambio alla pari. Io lavoro con un altro programma di grafica ma vorrei imparare a usare bene anche gli strumenti di Illustrator e PSP, che sarebbero in grado di colmare alcune mie lacune.

S'impara fino alla bara, dice una mia cara amica.
E io ho tutta l'intenzione di farlo.

mercoledì 20 marzo 2019

#287 Il piano B

Oggi ho fatto una stupidaggine senza volere.
Giunta a casa, grazie a una congiunzione astrale favorevole, anche la mia mezza mela era arrivata presto da lavoro. Dunque, abbiamo deciso di andare a fare due passi con il canetto. Ho chiuso la porta sul retro, preso chiavi e cellulare e mi sono tirata dietro la porta d'ingresso. Solo che le chiavi non erano quelle di casa ma quelle dell'auto. E la porta comune da cui si esce, una volta chiusa da fuori non si può aprire.
Abbiamo cominciato la nostra passeggiata esplorando le possibilità che avevamo di rientrare a casa. Speravamo nel ritorno delle vicine, cui avremmo potuto suonare il campanello per poter rientrare. Ho telefonato alla mia figlia femmina sperando che avesse le chiavi. Niente chiavi. Sul maschio non potevo sicuramente contare, essendo andato ad allenamento.
Dopo un'oretta nei prati lungo la Dora torniamo a casa. Nessuna traccia delle vicine. Pertanto abbiamo dovuto entrare come i ladri a casa nostra. Per fortuna la mia mezza mela è ancora sufficientemente atletico per inerpicarsi là dove io, da sola, non arriverei in nessun modo.
Così, grazie a lui, siamo riusciti a rientrare.
Volendo c'erano anche un paio di piani B ma non sarei mai arrivata in tempo a recuperare i figli sparsi per la media valle di Susa. 

La morale di oggi è che c'è sempre una soluzione.
Purtroppo, a volte non è alla nostra portata.
Bisogna saperne trovare, però, almeno una diversa, sebbene di più lunga realizzazione. Perché potrebbe non esserci la persona in grado di fare ciò che non è alla nostra portata.

martedì 19 marzo 2019

#288 Insegnare è un mestiere da eroi

Insegnare è un mestiere da eroi.
Insegnare non significa solo enunciare nozioni che si sanno a persone che non le conoscono ma significa trasmettere il proprio sapere affinché chi impara abbia gli strumenti per costruire se stesso e qualcosa di migliore a ciò che c'era prima. Un ottimo allievo è colui che riesce ad apprendere e allo stesso tempo insegnare al suo maestro.

Si potrebbe pensare che la prima difficoltà che si incontri insegnando sia la propria incapacità di trasmettere il sapere. In certi casi, lo è. Soprattutto se si è stati, in qualche modo, costretti (dalle condizioni di vita) a insegnare.
Ma secondo me, la più grande difficoltà dell'insegnare è, invece, avere di fronte persone che ritengono l'insegnamento inutile, una sostanziale perdita di tempo. Voi penserete che capita solo quando si tratta di ragazzi ma non è vero. Gli adolescenti, in genere, sono poco interessati a qualsiasi cosa che non siano altri adolescenti, musica, sesso e poche altre cose. Se li si sa prendere, alla fine, a qualcuno si arriva. Purtroppo non a tutti. Sarebbe l'eccellenza.

Parlo degli adulti. Insegnare è difficile ma insegnare agli adulti è da eroi.
Un adulto pensa di sapere sempre tutto ciò che gli occorre. Troppo spesso non ha curiosità o interesse verso null'altro che egli già sappia o che ritenga in qualche modo utile a breve termine. Come se sapere, pur bene, alcune cose ti renda immune dall'utilità di saperne altre.

Ritengo che sapere e saper fare siano essenziali per la nostra esistenza. Essere capaci di applicare nozioni apprese in un campo, in un'altra materia può fare la differenza, ogni giorno. Perché, secondo me, nulla di quello che non sapevamo prima e ora sappiamo è inutile. In nessun caso.

Insegnare è un mestiere da eroi. Persino la frustrazione che si prova, in molti casi, insegna qualcosa. Insegna che non si perde mai veramente tempo. Che ogni fallimento non sarà, in futuro, un identico fallimento.
Imparare dall'esperienza e dalla storia sono le basi per essere persone migliori
. A volte, anche in grado di insegnare.


lunedì 18 marzo 2019

#289 Neanche nei peggiori bar di Caracas

Sul canale 8, il pomeriggio alle 18,30, Pupo (il cantante) presenta un divertente, per i miei gusti, programma di cucina. 
I format di cucina adesso sono alla moda e a me piacciono in linea di massima. Ma questo è fenomenale perché fanno cucinare gente che proprio non sa da che parte cominciare a cucinare. E un coraggiosissimo chef, alla fine, assaggia pure il risultato.
Ora, io, gente che non sa cucinare ne conosco assai ma credo che persino loro toglierebbero dalle cozze tutti i filamenti. Magari male. Magari lasciandone pezzi dentro ma almeno la matassa fuori, sì. Invece, in trasmissione no. In trasmissione non sanno distinguere la farina dall'amido di mais, il pollo da una quaglia.
Magari è fatto apposta ma allora è fatto benissimo.
Ma se non è fatto apposta vien da pensare che queste persone non abbiano mai, nella vita, prestato attenzione a quello di cui si nutrivano. Mai. Perché una cozza con tutta la rete di filamenti attaccati non te la servono neanche nei peggiori bar di Caracas.
Io rido moltissimo. Mi mette di buonumore. Anche se mi spiace veder sprecare tutto quel ben di dio di ingredienti. Ma rido moltissimo.
Nemmeno io ai tempi del paleolitico, quando ho cominciato a metter su padelle ero così all'oscuro dei meccanismi della cucina.
Neanche a sei anni, credo. Quando mia mamma mi faceva girare il budino perché è uno sfranticamento totale di ovaie e, giustamente, lo si sbologna pure a una scimmia.
Lo consiglio. Io rido da matti.
Lo chef che assaggia un po' meno, ma alla fine anche lui.

domenica 17 marzo 2019

#290 Passo e chiudo

I tortellini erano buoni. 
Non so se i più buoni del sistema solare ma buoni. E ho anche mangiato le cervella impanate che erano anni che non le mangiavo.
A parte la digressione culinaria, la gita fuori porta a Modena è stata piacevole e interessante. Ha avuto un unico difetto: è durata pochissimo.
Tra poche ore è già lunedì.
Se non fosse stato per la mia mezza mela, oggi mi saltava il proposito di inizio anno perché ero già svenuta dal sonno sul divano e allo scrivere, forse, ci avrei pensato domattina.
Modena, comunque, è una bella città. Il duomo è splendido e, purtroppo, non siamo riusciti a salire sulla Ghrilandina. Sarà per la prossima volta. Parte del tempo a nostra disposizione lo abbiamo utilizzato anche per visitare la casa-museo di Enzo Ferrari.
La domenica, invece, l'abbiamo trascorsa con le compagne e i compagni modenesi tra dibattito politico, grigliata di solidarietà e concerto della Banda popolare dell'Emilia rossa. Il tutto organizzato al Vibra, uno spazio molto bello e strutturato bene per gli eventi, soprattutto musicali.
Ma se da casa ti dividono tre ore e mezza di auto non si può perdere tempo e nel pomeriggio siamo dovuti, nostro malgrado, fuggire.
Ora passo e chiudo che ho un sonno che sembrano tre.
A Modena bisognerà che ci torniamo.

sabato 16 marzo 2019

#291 In viaggio

In viaggio.
Tra qualche ora saremo a Modena. Ospiti dei compagni della Banda Popolare dell'Emilia rossa. Domani parteciperemo a una manifestazione in solidarietà ad attivisti colpiti da provvedimenti giudiziari per aver partecipato a manifestazioni antifasciste.
E' una mattina di primavera. Appena fresca. Piacevole.
Fuori dalla valle di Susa non c'è vento.
La Torino-Piacenza scorre sotto le ruote della nostra auto.
Guardo le persone dentro gli abitacoli e mi chiedo dove stiano andando.
Ognuno guida a suo modo. C'è chi sta chino sul volante, chi sta quasi disteso come in una vasca da bagno, chi stringe forte il volante con due mani anche sui rettilinei da venti chilometri, chi lo sfiora con una mano giusto perché l'auto da sola non si guida. C'è chi guarda continuamente lo specchietto, chi sta con gli occhi fissi sulla strada, chi si guarda intorno per vedere chi supera e da chi è superato.
Intorno a noi è tutto piatto. I campi sono stati già seminati e sbucano piccoli germogli verde chiaro. La mia mezza mela guida. Io scrivo. Non ho mai patito la macchina. Posso stare china sulla tastiera, su un giornale o sulle parole crociate per ore. Ma è bello guardare fuori. Il cielo è opaco, sporcato appena da qualche nuvola piatta. Gli alberi ancora spogli mettono a nudo i nidi degli uccelli. 
Ci sono case e cascine sparse vicino all'autostrada. Non mi piacerebbe vivere qui. Mi mancherebbero le montagne. E sicuramente sarei divorata dalle zanzare e patirei il caldo. Mi chiedo come si faccia a fare comunità in un posto come questo, così rado. Poi, pensandoci, non ci si riesce neanche in città, dove le persone vivono una sull'altra e neanche si conoscono. Magari qui è diverso.
Scrivo adesso perché sono sicura che stasera non sarei riuscita.
Non sono mai stata a Modena. Paolo ci ha promesso che ci porta a mangiare i migliori tortellini del sistema solare. Come si può dire di no ai migliori tortellini del sistema solare?
Vi farò sapere. Anche se io non ho una grande esperienza da assaggiatrice di tortellini. Ma se c'è un posto dove li sanno fare, quello è certamente Modena.

Noi

venerdì 15 marzo 2019

#292 The world congress of families

The World congress of families.
Sentite come suona bene.
Il congresso mondiale della famiglia.
La Lega ha aderito senza tentennamenti. 
D'altra parte chi non ha una famiglia. Tutti hanno una famiglia.

Deve essere una famiglia tradizionale
- Tradizionale che vuol dire? Quando eravamo poco più che scimmie, la famiglia era la tribù. Poi, la famiglia era un po' quello che ci pareva: società matriarcali, patriarcali, poligamie, ascetismo. La famiglia per ognuno è una cosa diversa e chi siamo noi per giudicare.

No. La famiglia tradizionale è uomo, donna e uno o più figli quanti ce ne da Dio.
- Quale dio? L'uno e trino, Buddha, Visnù, Allah, il totem del gabbiano? Perché ogni dio ha le sue preferenze. Giove non faceva che ingravidare giovani umane. Per dire.

Non un dio qualunque, scema. Quello dei cattolici. Dio con la d maiuscola.
- Ah, perché gli altri lo scrivono con la minuscola?

Ma che importa come lo scrivono gli altri? 
- E' importante come si scrivono le cose. Direi essenziale. Senti come suona "congresso mondiale". Mondiale. Ma di che mondo state parlando? Il mondo è una poliedricità totale di famiglie. La famiglia contiene coloro che si prendono cura di te e coloro di cui tu ti prendi cura. Con tutto il rispetto, mamma e babbo non sono sempre degli esempi.

Sarai mica lesbica? Guarda che ci sono delle terapie. Non è tutto perduto.
- Quindi mi stai dicendo che il vostro dio, del congresso mondiale della famiglia, non vuole che le persone si amino indistintamente. Che per amare bisogna fare una distinzione di genere.

Lo sapevo sei lesbica.
- Eh, sono argomentazioni che prenderò in considerazione. Hanno messo davvero in dubbio le mie convinzioni. Adesso vado a casa dalla mia mezza mela che non ho ancora sposato, con i miei due figli nati da una precedente relazione di tre lustri e ci penso. Ma con i divorziati come siamo messi?

Non c'è più la scomunica per i divorziati. Possono tornare in chiesa.
- Ah meno male. E come siamo messi con i mafiosi dal funerale santissimo, i preti pedofili, chi scopa ma non è sposato o è sposato ma non scopa per far figli, chi va a puttane ma è sposato (ma anche single), chi convive ma è credente, chi si fa le pippe nel bagno o in salotto?

Lo sapevo. Sei lesbica.

giovedì 14 marzo 2019

#293 Non sembra proprio

Oggi ho trascorso - senza successo - più di un quarto d'ora al telefono per spiegare a un essere umano adulto, di professione grafico, come fare lo sviluppo di una figura solida su un piano. Una figura solida non complessa, appena sopra il livello parallelepipedo.
Terminata la telefonata anche la scopa nel mio ufficio avrebbe saputo farlo.
Alla fine, frustrata, gli ho detto che l'unica cosa che poteva fare per capirlo era di rifarsi la figura solida con la carta e poi di schiacciarla.
Deve aver funzionato perché dopo "sole" tre ore mi è arrivata la grafica così come avrei dovuto stamparla.
- Ma non lo può fare lei?
- No, mi spiace ma io non so come la vuole disegnata e che misure deve avere.
- Eh, ha ragione.

Ma dai?
Che poi, se mi prendo la briga di fare certe scelte, trovo sempre quello che ha da ridire. Un caro amico mi ha detto che i personaggi così sono quelli che vedendo Van Gogh dipingere la notte stellata avrebbero avuto da dire sulla tonalità di blu utilizzata.
Io non ho grandi pretese ma se un grafico mi manda un file da stampare su stoffa mi aspetto, quanto meno, che sappia seguire poche semplici indicazioni affinché il lavoro sia decente: colori in CYMK, la grafica su un unico livello e i testi convertiti in tracciati. E, sì, mi aspetto anche che sappia fare lo sviluppo di un solido su un piano. Ci riescono i ragazzi delle scuole medie. Può non riuscirci un macellaio, un panettiere o un veterinario. Ma un grafico deve saperlo fare. Mica gli si chiede di macellare un vitello, fare una pizza o curare un cavallo.

Poi c'è sempre la questione dell'urgenza. Si prendono giorni e giorni per decidere cosa fare, decidere le taglie o le misure, scegliere i colori e i tessuti. Trascorso tutto questo tempo, pretendono che il lavoro sia fatto per l'altro ieri. Quando i compiti non sono più di loro competenza, diventa tutto urgente, impellente, indispensabile.

Per tornare al soggetto di cui sopra, martedì mi ha portato il campione e gli ho spiegato che se avesse voluto il tutto per venerdì avrebbe dovuto mandarmi le grafiche in giornata. Nella giornata di martedì. La grafica corretta è arrivata oggi alle ore 15.
- Ma non ce la fa per domani?
- Lei mi aveva promesso le grafiche martedì
- Eh ma tra parlare col cliente, prendere le misure e fare la grafica (sulla cui complessità soprassiederei con grazia, ndr) ...
- Guardi, i miracoli in questa vita non li posso fare. La prossima, se rinasco dio, le farò sapere.
- Capisco.

Davvero? Non sembra proprio.

mercoledì 13 marzo 2019

#294 Il fascismo, cose buone non ne ha fatte.

Il fascismo, cose buone, non ne ha fatte.
A sentir parlare della bonifica delle paludi e dei treni in orario mi viene l'orticaria. 
Se lo sento al bar, detto da Gigi il grezzo che ha 40 anni e il titolo di studio più elevato conseguito è la quinta elementare, mi fa arrabbiare ma magari cerco anche di spiegargli che non è andata proprio come pensa. E che se lui fosse nato ai tempi del fascismo magari sarebbe già in galera o morto.
Ma se lo sento da un politico, oltretutto più che maturo (ha 65 anni), sento sempre un'orribile puzza di revisionismo. Considerando l'humus epocale di ignoranza dilagante e di egoismo generalizzato, queste affermazioni non fanno che rafforzare in me l'idea che tutto potrebbe ripetersi fin troppo presto. E sono terrorizzata. Pur avendo avuto la grande fortuna di essere nata decenni dopo il fascismo.
L'antifascismo è uno dei fondamenti della nostra Costitutizione.
E' un nostro preciso dovere. Non un'indicazione di massima. Non un suggerimento. Un dovere. E un nostro gigantesco, incalcolabile, incommensurabile diritto.
Il fascismo di cose buone non ne ha fatte.
Prima di sostenere anche solo vagamente il contrario, consiglio vivamente a tutti di andare a leggere la storia e di non informarsi solo attraverso i tweet di qualche "illuminato de no'artri". Perché, io sono sicura che più di metà della gente che conosco e che ha tendenze filo-fasciste, al tempo del fascismo, non sarebbe sopravvissuta una settimana. Andate a leggere cosa faceva il fascismo, ben prima di allearsi con Hitler e dichiarare la guerra al mondo. Poi cercate di contestualizzare le vostre esistenze allora e pensate alle libertà che non avreste mai avuto (compresa quella di esprimere un'opinione non concorde con la dittatura).
Non vi chiedo neanche di pensare a quanti giovani sono morti per combatterla, quella dittatura. Sono anime ormai distanti, no?
Loro sapevano da che parte stare.
Constato che, oggi, molte persone sono assai confuse.
Alcune, invece, hanno deciso che la confusione è facile da cavalcare.

martedì 12 marzo 2019

#295 I miei monumenti

Bisognerebbe che si erigessero alcuni monumenti.
Il primo, all'inventore della doccia. A colui che, nella storia, per la prima volta ha bucato un paiolo, l'ha sospeso sulla sua testa e l'ha riempito d'acqua. Senza nulla togliere alla vasca da bagno, la doccia resta la benedizione delle mie giornate lunghe e faticose.
Il secondo, all'inventore della lavatrice. Perché mi fa stancare solo l'idea di lavare tutto a mano in una famiglia di quattro persone (ma anche fossi sola). Mi immagino a bestemmiare sull'asse nella vasca da bagno, che peraltro non ho. A tirar giù tutti i santi del calendario sui vestiti macchiati, invece di cospargerli di smacchiatore e cacciarli senza grazia nell'oblo della mitica lavatrice.
Il terzo, all'inventore della birra. Chissà se il primo a pensare di poter tirar fuori dal luppolo una bibita commestibile fu un celtico? Ci sono tracce di birra che arrivano lontanissimo nei secoli. Così è facile immaginare Asterix e Obelix bere birra mangiando interi cinghiali, invidiando il metabolismo veloce di Asterix.
A parte le celie, se dovessi scegliere di tenere un solo elettrodomestico tra quelli che possiedo, terrei la lavatrice. Il frigo, pur indispensabile, potrei sacrificarlo. Tutti gli altri, non entrano neppure in gara: forno, microonde, aspirapolvere, televisione, frullatori, impastatrice e via dicendo.
La doccia, per fortuna, non rientra nella categoria degli elettrodomestici.
La birra, men che meno.
Salvo i miei monumenti.

lunedì 11 marzo 2019

#296 La zona grigia

In occasione della giornata in cui formalmente sono invecchiata di un anno, la mia dolcissima mezza mela mi ha regalato un nuovo paio d'occhiali da vista. 
I miei erano in uno stato pietoso. Poco sotto il livello "scotch sul naso", come i nerd dei film comici. 
Lo so che non dovrei trascurare la mia miopia ma va così: domani vado, oggi riesco ancora a incollarli, alla fine non ci vedo così male, ecc ecc.
Comunque, la mia dolcissima mezza mela mi ha regalato un paio di occhiali nuovi. Ed è fantastico. Ci vedo benissimo da lontano. Tutti quei particolari cui chi non è miope neanche fa caso.
Ma, niente, con l'avvicinarsi dei nuovi anta sono diventata anche lievemente presbite. Capita a tutti, mica è grave.
I miopi, generalmente, per vedere da vicino tolgono gli occhiali e, avvicinando a sufficienza il foglio, leggono tutto benissimo. 
Io non faccio eccezione. 
Il problema è la zona grigia. Quella tra i 20 cm e il mezzo metro in cui senza occhiali non ci vedi nulla ma con gli occhiali nuovi pure.
Mi direte che sarebbe bastato farle graduate, le lenti.
Ma non è così facile se sei abituata a cambiare gli occhiali una volta ogni dieci anni e quando vai dall'ottico cerchi la medesima montatura che avevi perchè sei, per così dire, un pelino restia ai cambiamenti. 
Un occhiale graduato, poi, va cambiato spesso perché la presbiopia alla mia età cammina molto più velocemente della miopia e io mi rifiuto tassativamente di cambiare occhiali ogni anno. 
Va contro la mia personale idea della vita tranquilla.
E io voglio una vita tranquilla e non schiava di un occhiale graduato.
Ora crocifiggetemi.
Vi vedrò bene quando arriverete da lontano.
Con i miei occhiali nuovi.
Che non sono neanche assolutamente identici a quelli che avevo prima solo perché la mia dolcissima mezza mela e la mia socia-amica-sorella si sono opposti in modo tassativo all'ipotesi. 
Ci sarebbe pure stata la montatura identica.
Ma io non l'ho scelta.
Sono piccoli passi avanti nel superamento delle compulsioni.
Apprezzateli.

domenica 10 marzo 2019

#297 Un soffio di vento

Questa cosa che il fine settimana dura pochissimo deve finire.
E sarebbe bellissimo anche che finisse questa cosa che tira sempre vento forte. In casa non si sente molto, per fortuna, ma credo che adesso Eolo si sia sfogato a sufficienza.
Sarebbe disonesto da parte mia non apprezzare le temperature primaverili e le giornate di sole. E' bello aver abbandonato i giacconi ormai da due settimane. E' bello non arrivare in ditta e dover tenere addosso maglioni e guanti per poter lavorare senza congelare. 
Tuttavia mi guardo intorno ed è tutto secco. Il Rocciamelone praticamente senza neve. I rii senz'acqua. La sofferenza dell'ambiente in cui vivo non mi piace. E ho il timore che quando comincerà a piovere, come dovrebbe fare in questa stagione, dovremo contare i danni.
Non ho le competenze per parlare di clima, quindi non mi cimento.
Vorrei solo che non tirasse più vento.
Anche se dovessi rimettere la giacca.
Il vento mi ha stancata.
Anni fa mi piaceva molto. Il vento.
Mi caricava. Come fa con gli abiti sintetici.
Poi, sono venuta a vivere in valle di Susa. Il vento, qui, è di casa.
Adoro la valle di Susa. Mi sono sentita subito in famiglia.
Il vento fa parte della famiglia. Qui non puoi ignorarlo. Come lo zio chiacchierone e sopra le righe che irrompe quando meno te lo aspetti. Che, subito, è anche simpatico ma poi dopo un po' rompe i delicati equilibri tra le persone. E, allora, niente. Ormai lo zio c'è e non puoi farci nulla.
Comunque questa cosa che il fine settimana va via in un soffio di vento dovrebbe davvero finire.

sabato 9 marzo 2019

#298 Abbiamo un orto

Oggi sono felice. Abbiamo trovato un orto. O meglio, un pezzo di terra che in primavera diventerà un orto.
Da ottobre scorso ci siamo trasferiti a Foresto. In un appartamento con un cortile comune dove non è possibile coltivare.
Ma a me mancava la terra. Alla mia mezza mela sarebbe piaciuto metterci anche delle galline ma, mi sa, che per quello aspetteremo ancora un anno. 
Così, abbiamo cercato un pezzo di terra. Ci sono mille pezzi di terra che nessuno coltiva ma, non so per quale ragione, sono tutti spesso restii a concederla in usufrutto. Come se la si consumasse la terra a coltivarla, invece che arricchirla.
Grazie a un amico abbiamo trovato un pezzo di terra, che fino a un paio d'anni fa era una vigna ma che adesso nessuno coltiva più. E' di proprietà di una simpatica signora anziana che sa bene quale sia il valore di una terra se non la si lascia andare a gerbido.
E' un bel pezzo di terra. Grande. Al sole. Almeno dieci volte più grande di quella che per alcuni anni ho avuto a disposizione.
Ci sarà lavoro. Ma il lavoro non mi spaventa. In più, mettere le mani nella terra è una delle poche cose che riesce a rilassarmi completamente. Come leggere un bel libro. O fare un complicato cruciverba.
Il profumo della terra, la soddisfazione di veder crescere quello che ho seminato, il gusto di mangiare un cibo del quale conosco la storia. E poi c'è la stanchezza che io considero sana e che magari tanto sana non è. Quella stanchezza che ho quando faccio lavori pesanti e non quella dello stress, che sono a pezzi ma neanche riesco a dormire perché mi manca un pezzo.
Abbiamo trovato un orto e io sono felice.
Contemporaneamente, ho scoperto che il dolore ai gomiti che avevo da qualche tempo si chiama epicondilite. Il medico mi ha detto che la miglior cura, oltre agli impacchi di ghiaccio, è il riposo. Credo che vangare, sarchiare e lavorare la terra non siano consigliati ma io sono impaziente di poterlo fare. Soprattutto perché quest'anno avrò lo spazio per mettere giù tutto quello che voglio senza dover scegliere per priorità.
Abbiamo un orto. E io sono felice.

venerdì 8 marzo 2019

#299 Lotto marzo

Se escludiamo i ceffoni di mia madre, che facevano più male all'orgoglio adolescenziale che al corpo, io non ho mai subito violenza fisica.
Ho preso un pugno, una volta, tirato a freddo da un tizio che neanche conoscevo, fuori da una birreria, per concludere un diverbio verbale che non era in grado di sostenere. Non ho neanche risposto. Non mi sono mossa. Gli ho chiesto solo "Adesso stai meglio?" e lui se n'è andato.

Violenza verbale ne ho subita assai, invece, una volta cresciuta, fuori dalla bolla della famiglia.
La maggior parte delle volte non mi ha lasciato segni. Ho una grande qualità (che mia madre riteneva un difetto): spesso quello che mi dicono mi attraversa come se fossi fatta d'aria. Ti passa da una parte all'altra, diceva lei. Tuttavia, quando la violenza mi ha lasciato segni ho sempre cercato prima il riscatto e poi la vendetta. Non credo sia un segno di maturità ma non posso farci nulla. Il male che ricevo, se si crea l'occasione adatta anche a distanza di anni, lo restituisco con tutti gli interessi. A mia parziale discolpa, faccio lo stesso con il bene ricevuto.

La rabbia per una condizione sociale iniqua rispetto al mondo maschile che mi girava intorno, l'ho sempre convogliata imparando a fare bene tutto quello che fanno i maschi e per cui loro, chissà perché, si sentono superiori: sostituire una ruota, riparare un oggetto rotto, orientarsi con una cartina, guidare una moto o un altro qualsiasi mezzo, sapere come funziona un motore, un impianto elettrico o un'antenna e via dicendo. Senza trascurare, naturalmente, tutto il resto.
Perché i maschi, con tutte le eccezioni del caso, rispettano solo quello che sono in grado di capire. Così, per molti versi, io sono un maschio fatto e finito.
Nonostante questo, o forse per questo, per anni mi sono trovata ad occuparmi, da sola, di tutte quelle mansioni che la società attribuisce al mondo femminile (la cura della casa, della persona e dei figli) e anche del resto. Perché se un maschio, sempre con tutte le eccezioni del caso, non ha necessità di occuparsi di qualcosa semplicemente non se ne occupa. E io, caratterialmente, non sono in grado di obbligare le persone a fare qualcosa. Scioccamente, mi aspetto una cooperazione che di fatto non esiste, non solo tra uomo e donna ma in generale tra esseri umani.

Ho costruito me stessa con dieci corazze. Solo alle persone che amo mostro davvero come sono, ma le capacità e le competenze che ho appreso nel corso dei decenni mi sono servite in mille occasioni. 
Il germe di tutto questo lo devo a mio papà, che mi ha tirata su esattamente come faceva con mio fratello. Lo devo alla sua capacità di insegnare quello che sapeva - sia a livello culturale che a livello pratico -, alla sua pazienza e alla sua naturale abilità a non fare differenze di genere.

Così, questo mio 8 marzo, voglio dedicarlo a mio papà (che non c'è più da quasi trent'anni). Perché vorrei che ci fossero sempre padri capaci di capire che nascere femmina o maschio non fa nessuna differenza.
E vorrei dire a tutte quelle donne che si sentono in trappola e che credono che una via d'uscita non ci sia, che è difficile (a volte molto difficile e apparentemente impossibile) ma una via d'uscita c'è. E sempre, sempre, sempre, quella via d'uscita è trovare la forza di capire noi donne siamo esseri umani con gli stessi identici diritti dei maschi. Se qualche meccanismo nel nostro cervello ci farà sentire in qualche modo inferiori, il nostro peggior nemico sarà sempre il nostro cervello.

giovedì 7 marzo 2019

#300 Allora, lo compra o no questo trenino?

- Allora, lo compra o no questo trenino?
- Mah, non so, mi piace ma mamma non vuole. Anche a papà piace, lui sarebbe contento, che si fa bello con gli amici. Ma la mamma ha detto che mi mette in punizione sei mesi se lo compro.
- E' a buon prezzo.
- Ma poi non mi serve.
- Ma mica deve servire. Pensi in prospettiva. Ha un futuro connesso con l'Europa. Fa viaggiare le merci velocissime. Fa girare l'economia. Mi alza il Pil.
- Ma le merci non ci sono.
- Vabbè allora le persone. I koala. I baobab. Quello che vuole lei.
- Ma costa troppo.
- Guardi, sua nonna mi ha detto che è disposta ad arrivare a pagarne la metà.
- Non so. Preferisco prima a fare un consiglio di famiglia.
- Guardi, in famiglia è in minoranza. Sono tutti favorevoli a parte la sua mamma e lei, che non sa neanche bene come farsi ascoltare e cosa dire.
- Ma io mi posso opporre.
- Certo, ma secondo me nell'analisi costi-benefici le conviene la punizione della mamma. Cosa sono in fondo sei mesi?
- Ne ho già ricevute assai per altre concessioni a papà. Gli ho pure parato il culo difendendolo quando era indifendibile.
- Ma infatti. Come vede, alla fine le conviene così.
- Magari cerco di tergiversare finché non son passate le ferie. Così riesco a non essere in punizione proprio ad agosto che devo andare al mare con la fidanzata.
- Non c'è tutta questa fretta. I suoi fratelli sono riusciti a tergiversare due decenni. Una volta comprando un cantierino, un'altra facendo partire bandi, un'altra portando una talpa gigante. Ci pensi bene. Faccia partire anche lei un bando. Dica che non si poteva evitare, che ci sarebbero state multe da pagare. Qualcosa sarà capace di inventare per far credere alla mamma di stare facendo di tutto per non comprare. Ho un sacco di amici capaci di trovarle tutte le scuse che vuole.
- Vabbé, dai, ripasso domani.
- Bravo. Vede che piano piano entra nel mood.

mercoledì 6 marzo 2019

#301 Però è Caffarel

Quando ho sentito per radio la notizia pensavo che scherzassero.
Trenitalia, l'8 marzo in occasione della festa della donna, alle clienti del Frecciarossa e Frecciarossa 1000 (che oltretutto usufruiscano di una serie di servizi) regala una caramella gelée al limone.
Il "generosissimo" regalo è stato giustamente perculato su tutti i social per tutto il giorno.
Ma io voglio concentrarmi sulla mente che può aver partorito un'idea come questa. Trenitalia è sempre nella bufera per una serie di disservizi notevoli e costanti: ritardi, soppressioni delle corse, carrozze sporche o rotte e via dicendo. E tu, mente superiore, decidi di riabilitare l'immagine di quest'azienda regalando una caramella alle viaggiatrici su Frecciarossa (nel giorno in cui si ricorda una strage di lavoratrici e si rivendicano diritti, uguaglianza e rispetto)?
Immagino si precipiteranno in massa ad esigere questo superpremio degno di "Chi vuol essere miliardario". Compreranno tutte un biglietto da decine/centinaia di euro in prima classe e usufruiranno del bar o del ristorante per poter avere la loro caramella.
Ma, dico, anche le offerte più pezzenti fanno uscire almeno una colazione o uno sconto. Invece Trenitalia regala una caramella. Al limone. Mica puoi scegliere il gusto. Se ti fa schifo il limone, pazienza. Non la mangi.
Non solo. Ma è anche un'offerta limitata "fino ad esaurimento scorte".
Però è Caffarel. 
Mica micio micio bau bau.

martedì 5 marzo 2019

#302 Mo' me lo segno

Oggi sono andata dal macellaio a prendere qualche etto di carne trita per fare le polpette.
Dentro, la persona al bancone e una cliente.
Parlavano di argomenti allegri: la morte. Partendo da un defunto in paese, son giunti a parlare dell'ineluttabilità della nostra fine terrena.
"Si muore tutti, anziani, adulti o bambini"
Ho, palesemente, eseguito alcuni scongiuri sul momento. Pur non essendo particolarmente scaramantica, ma non si sa mai.
Mi si è apostrofato dicendo che la vita migliore deve venire.
"Può anche essere, signora, ma io sto bene qui dove sto".
"Perché non ha letto le Mistiche".
Ammetto la mia crassa ignoranza. Non le ho lette. Non solo, ma non so neppure di cosa si tratti.
Mi informerò.
"La vita migliore è di là ma c'è una porta un po' difficile da superare: la morte" - mi dice la signora - "Ma c'è una preghiera da recitare al trapasso per rendere la porta più facile da aprire".
Prova a cominciare a recitarla.
Silenzio.
La persona al bancone cerca di sdrammatizzare. E mi fa il conto rapida della mia carne trita. La ringrazio tantissimo per la solerzia tra me e me.
Dico qualche parola di cortesia, ringrazio, saluto ed esco.
Mi sembrava di essere in "Non ci resta che piangere" quando gridano a Troisi da un balcone "Ricordati che devi morire!".
Ok. Mo' me lo segno.
Alla fine ho fatto le polpette. Con la carne trita.