giovedì 7 marzo 2013

L'agonia della Beltrame

Momenti al presidio
Mercoledì notte. Pioviggina e fa freddo al presidio dei lavoratori dell'acciaieria Beltrame, che ha sede sul confine tra Bruzolo e San Didero. È il settimo giorno di blocco e di protesta per le maestranze, fortemente preoccupate per il futuro dello stabilimento, incerto come non mai. Si teme un primo ridimensionamento forte che porterebbe alla conseguente chiusura della fabbrica. Il 3 aprile scadrà la cassa integrazione straordinaria. Altri ammortizzatori sociali si potrebbero mettere in campo, ma la paura diffusa è che la proprietà decida in modo diverso, togliendo la speranza a circa 360 famiglie.

Lo sciopero e il blocco di ogni attività di carico/scarico sono cominciati martedì 26 febbraio. Lo hanno convocato le Rsu con il supporto delle sigle sindacali tutte (Fiom, Cobas, Fim, Uilm), anche quelle che erano state più "tiepide" finora. La speranza era che lunedì, a Vicenza, il Gruppo Beltrame e i sindacati trovassero una soluzione condivisa. Ma questo non è accaduto e le maestranze hanno deciso di proseguire il blocco fino almeno al 18 marzo, quando dovrebbe tenersi a Roma, al Ministero per l'industria, un nuovo incontro che siederà di fronte a un tavolo tutte le parti in causa. Ma con quale governo andranno a discutere nessuno lo sa.

In questo momento, i dipendenti della Beltrame sono circa 360. Quasi la metà di loro sono in cassa integrazione continua da maggio 2012, quando il reparto acciaieria ha fermato la produzione per non ripartire più. Gli altri lavorano a rotazione, così come a rotazione producono i due laminatoi. Le maestranze potrebbero avere diritto ad ancora 5 o 6 mesi di cassa integrazione straordinaria (per completare i 3 anni su 5) e ad altre 52 settimane di ordinaria. Ma non si sa quale sia la volontà dell'azienda. «Il problema non è che non ci sono gli ammortizzatori sociali - dice Claudio Calliano, Rsu Cobas - ma è che non sappiamo dove vuole andare l'azienda. Anche i precedenti, con altri stabilimenti dello stesso gruppo, non sono rassicuranti. L'acciaieria è stata chiusa a maggio 2012. A dicembre abbiamo avuto la conferma che per tutto il 2013 non lavorerà. La produzione 2013 dei laminatoi è inferiore a quella del 2012. I segnali non sono buoni».

I sindacati temono che l'azienda voglia chiudere definitivamente le acciaierie a cui, dicono, seguirebbe la chiusura dei laminatoi per un effetto "carciofo". «Anche così non fosse - chiarisce Calliano - 120 lavoratori dell'acciaieria non si lasciano a casa. Non è una questione di reparto ma di stabilimento». Con questo spirito si lotta uniti. Sono unite le maestranze, che non fanno mai mancare una massiccia presenza al presidio/blocco. Sono uniti i lavoratori, i sindacati e gli enti locali del circondario, i cui sindaci e amministratori hanno più volte portato la loro solidarietà. Sono unite le maestranze di diverse fabbriche, tanto che fin dall'Ilva di Taranto sono venuti a Bruzolo a portare un po' di sostegno alla lotta. «I lavoratori sono consapevoli del pericolo occupazionale - dice ancora Calliano - C'è sempre partecipazione e ogni decisione viene presa in assemblea».

C'è crisi ed è pesante. Chi guadagnava 1500 euro, tra straordinari e festivi, adesso, in cassa integrazione, ne prende 850 circa. Un lavoratore racconta che tutto quello che prende di cassa lo gira per il mutuo. A casa vivono con il poco che la moglie porta a casa con il suo lavoro saltuario. Tante famiglie. Molte monoreddito.  L'affitto, la luce, l'Imu, il riscaldamento, le spese per il sostentamento, per i figli. Per molti la pensione è lontana e incerta. Senza contare le difficoltà di tutto l'indotto, già falcidiato in gran parte dalla prima grande ondata di crisi del 2010/11.

Fuori dai cancelli della Beltrame ci sono uomini che lottano per una speranza. Sono questo, prima ancora di essere maestranze che difendono il posto di lavoro. Si può vivere rinunciando a molto ma non a una prospettiva, a una speranza che il domani possa essere migliore e che le difficoltà possano essere superate. Senza la speranza, stringere la cinghia, lottare, faticare, aver dato tanto sembra tutto inutile.




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