Oggi ho ammorbato un po' Fb con la condivisione di una personale questione di lavoro. Non lo faccio mai, perché capisco che possa essere fastidioso come la pubblicità della super-spugna.
Ma ai pochi che leggono il blog posso dirlo.
Dobbiamo svuotare il magazzino perché da qui a fine luglio chiuderemo l'azienda e finirà questa avventura.
Io e Chiara ci abbiamo creduto.
Abbiamo lottato.
Abbiamo investito tempo ed energie (oltre che denaro).
Ma non riusciamo più a mandare avanti il tutto.
La crisi ci ha masticate e sputate via.
Non è una crisi che non ha nome. Un'ipotetica o temporanea mancanza di soldi. Hanno roso alle fondamenta tutto il nostro bacino di utenza. Chi è stato? Diciamo che è un concorso di cose.
In parte, fare abbigliamento sportivo con la concorrenza dei grandi gruppi e del mercato d'importazione (in un momento in cui la maggior parte delle persone si può permettere solo l'indispensabile) pone già delle difficoltà. Il made in Italy funziona se sei un colosso e non una piccola azienda artigiana, a meno che tu non faccia qualcosa di assolutamente unico o destinato a un mercato di nicchia.
Dall'altra, le spese sono diventate insostenibili, L'affitto, le tasse (a vario titolo), la necessaria manutenzione dei macchinari e le spese di gestione (riscaldamento, energia elettrica e via dicendo) sono diventate per noi insostenibili. Alla fine, la spesa minore sono i fornitori. Che è pazzesco, se ci pensate.
Sono mesi che andiamo a lavorare come se potessimo permetterci di farlo per divertimento. E, ve lo assicuro, io non sono una che si piange addosso o, men che meno, lo fa per instillare nel prossimo un senso di pena.
Questo è semplicemente ciò che ci accade in questo momento.
Se avessi un'iniezione di soldi a fondo perduto, magari, tenterei ancora. Lo farei per noi, certo, e per la nostra dipendente a cui vogliamo molto bene. Ma non è così.
Quindi, grazie.
A tutti coloro che ci aiuteranno in quest'ultimo tratto di avventura.
Poi, ne comincerà, in ogni caso, una nuova.
Quale, non saprei dire.
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