mercoledì 31 luglio 2013

Leggere Lolita a Teheran

L'ho cominciato tempo addietro ma l'ho abbandonato due volte per due libri più "facili" e ora che sono riuscita a finirlo mi spiace non avergli concesso subito il tempo e l'attenzione che meritava. "Leggere Lolita a Teheran" di Azar Nafisi (Adelphi, 10 euro) racconta la rivoluzione iraniana vista attraverso gli occhi di una donna nonché insegnante di letteratura inglese all'Università, ovvero (cultura, donne e occidente) tutto quello che l'islamismo di Komeini ha cercato di annullare quanto più possibile.

Azar Nafisi è un'insegnante che non condivide, come la gran parte dei laici, la linea politica del governo di Komeini e si interroga. "Mi trovavo in un bel dilemma. Se avessi rifiutato, abbandonato i giovani alla mercé di un'ideologia corrotta, sarei stata considerata da alcuni una traditrice. Ma se avessi lavorato per un regime che aveva rovinato la vita di tanti colleghi e studenti, agli occhi degli altri avrei tradito ciò in cui credevo".

Si interroga sul suo ruolo di insegnante così come di donna e fino all'ultimo si rifiuta di farsi imporre un velo che per lei, laica, non ha significato. Si interroga sui diritti negati alle donne e sul ruolo di quelle stesse donne all'interno della famiglia e della rivoluzione. "Prima che Farideh scegliesse la clandestinità e si unisse al suo gruppo rivoluzionario, fuggendo all'inizio in Kurdistan e poi in Svezia, noi tre ci ritrovavamo spesso a discutere di letteratura e politica, a volte fino a notte fonda. In politica Farideh e Mina erano agli estremi - una era marxista militante, l'altra una monarchica convinta. Ciò che le univa era l'odio incondizionato per il regime".

È un libro ricco di particolari che riescono a farti immergere in un mondo per noi lontano e, a volte, incomprensibile. Un mondo che in quindici anni, tra il regime di Komeini e la guerra contro l'Iraq, ha cambiato volto e non in meglio. Ma si era donne e madri anche in quel periodo e così Azar Nafisi scrive: "Quando nacque mia figlia la accolsi come un dono, che in qualche modo misterioso mi aiutò a non impazzire. Eppure non riuscivo a darmi pace, e il pensiero che i loro primi ricordi, a differenza dei miei, sarebbero stati inquinati da quanto ci succedeva intorno non smetteva di tormentarmi".

La letteratura inglese è l'altra chiave. Un'altra chiave che il regime vedeva aprire le porte di Satana poiché proveniente da quel mondo occidentale che cercava in ogni modo di annientare. Henry James, Bronte, Austen sono un modo per resistere e anche un modo per interpretare il presente. Talvolta la Nafisi si perde un po' in queste parti di lettura e rilettura dei testi tuttavia serve al lettore per capire il suo modo di vedere e vivere l'Iran.

Non è un libro a cui si può dedicare una lettura superficiale. Pretende attenzione e lo sconsiglio a chi ha bisogno di continui colpi di scena. È uno spaccato di un recente passato che, personalmente, ai tempi non avevo cercato più di tanto di approfondire e non so se per la mia giovane età o l'esorbitante distanza culturale. "Leggere Lolita a Teheran" mi è piaciuto e mi ha dato nuovi spunti. Fatemi sapere che ne pensate, se lo leggerete o l'avete letto.

martedì 30 luglio 2013

Il fazzoletto della 42esima Garibaldi ed io.

Lontana dalla valle di Susa, seguo con gli occhi di altri (amici ma anche articoli di giornale di cui ben conosco il taglio) ciò che accade in questi giorni. Penso al foulard della 42esima Garibaldi che ho lasciato a casa - quando si va in vacanza non si può portare tutto, anche se io ci vado vicino - e che oggi vorrei poter indossare. Mi sembra incredibile e assurdo che alcuni compagni e compagne, con cui ho condiviso tanti momenti di vita, possano essere stati indagati come "terroristi o eversori" e che una delle prove di cotanta eversione possa essere il fazzoletto della nostra sezione Anpi.

Un fazzoletto, una felpa, una bandiera. Sono i simboli che spaventano, più delle azioni e delle persone. Perchè una persona si può zittire; un'azione si può censurare o condannare ma un simbolo resta al di là del singolo e del tempo. Allora si prova ad associare il simbolo a qualcosa di innegabilmente sbagliato, per farlo diventare meno importante o per intimidire chi in quel simbolo crede.

Quel fazzoletto, per la nostra sezione Anpi, rappresenta tutti gli insegnamenti che i nostri partigiani ci hanno lasciato, i loro sacrifici e la loro memoria. Rappresenta una generazione di giovani che ha messo in gioco la propria vita per liberarci dal regime fascista e da tutto quello che di orribile ha significato. Rappresenta la voglia di libertà, di democrazia e di partecipazione. Rappresenta la forza di liberarsi dai soprusi, per essere tutti liberi ed uguali, per avere tutti le medesime opportunità. Valori che valevano ieri come valgono oggi, immutati, anche se devono confrontarsi con un contesto storico diverso.

Quel fazzoletto è un simbolo che tutti noi portiamo con orgoglio e che non fa di noi, nemmeno in parte, dei terroristi o degli eversori. E rifiuto anche la sola idea che tale accostamento sia fatto, appositamente, per essere esteso a tutti coloro che condividono i valori che quel rosso porta con sè.

domenica 28 luglio 2013

Turisti come gallinelle da spennare...

Ciclabile di Arma, pedalando verso Sanremo. Ci fermiamo in un baretto, che affaccia proprio sulla ciclabile... Ci sono le rastrelliere per la bici e i tavolini. Tre gelati - confezionati, della Motta, non sciolti - e mezzo litro d'acqua fanno sette euro. Massimo mi dice: vedi perchè non c'era il tabellone dei gelati per sceglierli? Se ci fosse stato avrebbero dovuto venderli a prezzo imposto.
Non ero lì vicino quando quattro inglesi sono andati a comprare i gelati. Chissà quanto glieli avrà fatti pagare, il ladro.

Da Marina degli Aregai a Sanremo, laddove c'erano i binari del treno - spostato nell'entroterra - hanno realizzato una bella pista ciclabile. Bella per essere una ciclabile italiana, s'intende. Un'idea straordinaria e naturalmente la ciclabile è frequentatissima, soprattutto dalle famiglie poichè i pericoli sono decisamente inferiori al circolare sulle strade. Ci sono tanti bike rent, che lavorano bene e tutto sommato non costano neppure cari.

Poi ci sono i ristoratori, liguri e no, e i gestori del bar che spennano le persone quanto più possibile e in ogni modo, rovinando tutto il lungo e lento processo di attrazione del turista - straniero come italiano - che andrebbe fidelizzato, trattandolo bene e con rispetto. In periodo di crisi, poi, spennare chi sceglie la bicicletta e non chi scende dai lussuosi yaght che battono bandiera straniera nel porto di Sanremo è veramente meschino.

Naturalmente quel gestore di bar non vedrà mai più un mio euro ma mi resta l'amaro in bocca pensando a quante altre persone penseranno male dei liguri e della Liguria dopo essere stati lì come in altri numerosi locali della Riviera.

lunedì 15 luglio 2013

Se questo è un governo...

Manco da qualche tempo da queste pagine. Me ne scuso e vi racconterò cosa ha rubato tempo al mio scrivere (solo perché ha risvolti interessanti dal punto di vista delle opinioni e non per l'uso del mio tempo in sé) ma non oggi.

Oggi voglio ricominciare a parlare su questo blog, chiedendo a me stessa e a voi cosa deve fare ancora questo governo Pd/Pdl prima che il Paese si renda conto che, forse, son tante braccia rubate all'agricoltura - ma la terra è bassa, ce la farebbero?

Ieri l'illustre - si fa per dire - Roberto Calderoli (leghista) vice-presidente del Senato (non proprio la compagnia delle freccette del bar Sport, dunque) ha insultato pesantemente la ministra italiana di colore Kyenge. Non solo non sono arrivate in tempo zero le sue dimissioni ma nessuno le ha pretese. Ha provato a chiederle Napolitano ma il suo peso politico è ormai quello di una farfalla e non è stato neanche considerato.


Che gli insulti di Calderoli siano gravissimi mi pare palese non solo per gli insulti in sé - vergognosi - ma anche per il becero esempio che si dà al Paese e il fiato che si dà a tutti quei gruppi xenofobi che si rifanno al fascismo. Tanto che Forza Nuova, oggi a Pescara, ha pensato bene di appendere niente meno che dei cappi ai lampioni laddove la ministra Kyenge era attesa per una visita. Una protesta contro l'immigrazione doppiamente ignorante perché i neofascisti dovrebbero sapere che la ministra è italiana quanto loro.


Non voglio addentrarmi nella grandissima figura di guano fatta dal ministro Alfano (e dalla ministra Bonino) sul caso Shalabayeva. Sottolineerei solo che tra le varie scuse addotte c'è quella che loro ignoravano che sul passaporto lei avesse il suo cognome da nubile. Per fare il ministro, evidentemente, basta avere un ridottissimo numero di cognizioni e saperi e la grande attitudine a negare sempre. Prima o poi una testa cade per salvare la loro.


Tra tutti i grandi luminari di questo governo spicca Bondi. Non il portavoce del Berlusca (quello che quando era ministro ai beni culturali è crollata Pompei) ma Enrico Bondi, che appena eletto commissario dell'Ilva ha pensato bene di dire che se i tarantini muoiono è perché fumano troppo. L'inquinamento durato decenni non c'entra, secondo lui, e a me piacerebbe che fosse costretto per vent'anni a vivere a Taranto in due stanze con vista sullo stabilimento, a lavorare all'Ilva e a prendersi lo stipendio di un operaio dell'altoforno.


Le parole hanno ancora un significato? Se questo è un governo, beh, il ministro può farlo davvero chiunque.