venerdì 14 giugno 2013

Non so niente di te

Ho appena finito di leggere un libro molto bello che consiglio vivamente e che mi ha fatto fare un sacco di riflessioni sul "downgrade", sull'essere genitori, sulla ricerca di se stessi e del proprio ruolo nell'esistenza umana. Il libro si intitola "Non so niente di te" ed è l'ultimo romanzo di Paola Mastrocola. Del libro, posto la copertina ma non vi dirò nulla se non che vale davvero ogni pagina (edito da Einaudi, non è propriamente economico al prezzo di 18,50 euro) e che, a dispetto del titolo, non ha nulla di romantico se non le pecore. Sì, le pecore. Non capre. Pecore, preziosissime pecore Shetland.

Vi dirò invece delle riflessioni che mi ha sollecitato. La prima riguarda il cosiddetto "downgrade" ovvero la scelta di alcune persone di abbandonare professioni ambite o ben pagate per tornare a vivere con professioni più umili ma più umane, più solidali, più naturali ma certamente meno remunerate. Se il downgrade professionale è certamente un lusso, sono convinta che tanti di noi potrebbero permettersi un downgrade quotidiano negli usi delle cose per ridurre gli sprechi e razionalizzare le risorse, partendo dall'eliminazione degli acquisti che si fanno solo per "status symbol". Non starò a fare degli esempi. Non che non ce ne siano ma credo sia riduttivo e rischi di concentrare il problema su questo o quel prodotto in particolare, quando invece, dai vestiti al cibo, dalla tecnologia ai mezzi, dallo sport all'arte è sufficiente pescare nel mazzo.

A me non piace buttare via. Sono un po' fissata. Ma vivere in un continuo usa e getta credo sia fortemente negativo, non solo per noi ma soprattutto per le generazioni future a cui non daremo alcun insegnamento costruttivo e a cui lasceremo un mondo stracarico di rifiuti.

Essere genitori è anche questo, per me, insegnare al rispetto. Non solo delle persone ma anche delle cose, del lavoro che sono costate a chi le ha fatte e a chi le ha comperate. Non è facile in un mondo che butta sul mercato ogni giorno una nuova moda, un nuovo oggetto del desiderio di cui sembra che nessuno possa fare a meno. E' una battaglia continua, immane. La cosa più difficile è insegnare ai propri figli a stare bene con se stessi anche se non hanno la griffe o l'oggettistica del momento, anche se in teoria ce la potremmo pure permettere. Insegnare loro a essere indipendenti. La vita è una lunga ricerca di sé. Ci sono persone fortunate che si trovano subito. Altre che non si troveranno mai ma che, forse proprio per questo, aiutano tante altre nella ricerca. 

Il libro della Mastrocola mi ha fatto riflettere anche su questo e su quanto sia difficile essere genitori e su quanto sia complicato capire quando è giusto che l'uccellino voli con le proprie ali e se necessario cada e si faccia male. Essere genitori - e madri in particolare - è il mestiere più difficile in assoluto perché la paura di essere almeno corresponsabili se non responsabili di qualsivoglia errore dei figli è difficile da dominare. Da figlia, so che mia madre e mio padre non sono responsabili dei miei errori ma, da madre, non riesco ad alleviare quel peso. Perché, in fondo, è così poco quello che sappiamo degli altri. Anche quando crediamo di conoscerli bene.

giovedì 6 giugno 2013

Una montagna di libri (ma non solo) contro il Tav

Questo fine settimana, a Bussoleno, si terrà la seconda edizione di "Una montagna di libri contro il Tav" ovvero una grande rassegna culturale e un'occasione per guardare alla valle di Susa e alla sua lotta più che ventennale contro la Torino-Lione sotto un punto di vista diverso dal solito. Una fiera dell'editoria all'aperto, condizioni meteo permettendo, e un momento di discussione e approfondimento con autori ed editori.
Domenica si tornerà in Clarea dove le parole dei racconti e degli autori accompagneranno quei percorsi compiuti ormai centinaia di volte, fino a quel cantiere, ferita aperta e sanguinante nel cuore della valle.

Io non sono una scrittrice ma, per questa occasione, voglio condividere con voi alcuni pensieri. Chiamiamolo un racconto, se volete, sul mio personale legame con questa valle meravigliosa e ostile al tempo stesso.

Radici

Ci sono persone che nascono con le radici. Nascono in un posto e subito sanno di appartenergli. Sarà che io son nata in un paese della seconda cintura di Torino, simile ad altri cento paesi di cintura, ma non ho mai pensato che nel posto in cui sono nata avrei trascorso la mia vita. Pensavo di essere una persona senza radici, incapace di affezionarsi a un luogo, seppur bello. Ci sono persone così, che amano viaggiare, che amano i luoghi ma che non stringono con essi alcun legame se non quello del ricordo.

Poi un giorno, 12 anni fa, sono approdata in valle di Susa per restare. C'ero già stata tante volte ma solo di passaggio. Sono venuta qui e, come una piantina che finalmente trova il terreno giusto, ho messo pian piano radici. Non me ne sono quasi accorta. A un certo punto mi è sembrato di voler andare e non ho più potuto. Qui ho costruito legami solidi e intensi non solo con le persone ma con i luoghi, con le tradizioni, con il passato. Sono diventati anche un po' miei e io ormai appartengo loro indissolubilmente. Quella piantina si è rafforzata grazie al terreno da cui ha trovato nutrimento e così io devo molto a questa valle e tento, come posso, di restituirle qualcosa, di proteggerla da chi non la rispetta, da chi la calpesta, la strazia, la umilia.

E' una valle meravigliosa la valle di Susa. Ostile anche. E dura, a volte. Come la sua gente, che da questa terra ha assorbito pregi e difetti. E' una valle resistente come la roccia delle sue montagne, perché un'altra terra sarebbe già morta al suo posto. Invece lei tiene duro e noi con lei. Ogni mattina, vado sul balcone, guardo le montagne e capisco che anche se dovessero strapparmi via di qua, le mie radici affondano già talmente tanto in questa terra che un pezzo di me resterebbe comunque in valle di Susa.