giovedì 29 novembre 2012

Tutto c'entra

Stasera mi ero ripromessa di scrivere della protesta delle utenti dell'ospedale Valdese di Torino, che si sono messe a seno nudo per l'iniziativa "Mettiamoci le tette", volta a sensibilizzare la cittadinanza tutta sul drastico ridimensionamento del polo ospedaliero inserito nel nuovo piano regionale sulla sanità (Articolo di La stampa). Una protesta dura e diretta che, neanche a dirlo, è rimasta assolutamente inascoltata. 

Ne volevo scrivere sollecitata da una donna di Giaglione, che mi ha mandato appositamente una mail. Mi ha anche detto che sabato, in via Silvio Pellico a Torino, le stesse utenti scenderanno nuovamente in piazza. «Non tengono, come sempre conto delle necessità dell'utenza - mi scrive Annarosa - in questo caso siamo in 700 operate ogni anno e, 4500 donne seguite da loro». Tumore al seno ma non solo. Le donne si sono anche inventate un'altra forma di protesta: chiedono alle donne e agli uomini di scrivere una mail all'assessore regionale (assessore.sanita@regione.piemonte.it) per fargli sapere cosa ne pensano i cittadini, di questi tagli.

Sequestro del presidio di Chiomonte
La foto non è mia. L'autore si palesi che, se lo desidera, lo cito.
Volevo scrivere di questo, se non che, stamattina, in valle di Susa è stato sgomberato e messo sotto sequestro il presidio di Chiomonte, sono state effettuate perquisizioni e la Procura di Torino ha voluto procedere contro chi aveva partecipato ad alcune azioni dimostrative e di protesta sia a Torino che in valle. In valle... a febbraio a Chianocco, quando la frazione Vernetto sembrava Beirut a forza di lacrimogeni e le forze dell'ordine inseguivano i valsusini fin dentro locali e case e, tra gli altri, Titti (pericolosissima anarcoinsurrezionalista valsusina, vegetariana, nonna e pacifista) si è "accidentalmente" rotta una caviglia mentre veniva allontanata a suon di botte dagli agenti dal posto in cui manifestava il suo dissenso alla Torino-Lione.

Sembrava assurdo scrivere di tagli alla sanità mentre qui, in valle di Susa, è tutto un fermento di protesta e lotta. Ma poi, alla fine, ho pensato che non è tanto assurdo. Che tutto c'entra. Eccome. Il sottosegretario Improta ha spiegato (non solo a me, ma anche, in occasione del convegno Pd ad Avigliana) che i tagli del welfare non c'entrano con gli investimenti sulle infrastrutture. Perchè il welfare si deve finanziare da solo. Sono capitoli diversi di bilancio. Ora, io ho compreso benissimo il messaggio del sottosegretario ma non lo condivido assolutamente. Va bene che si cerchi di limitare gli sprechi, ma uno Stato che non investe (anche perdendoci, s'intende) nella sanità e nella formazione è uno Stato che non ha futuro. E' come se, in famiglia, io tenessi separati i capitoli delle spese dentistiche dai possibili investimenti previsti per l'acquisto di un'auto e che se Alice avesse mal di denti, le dicessi che non posso usare i soldi messi da parte per l'auto perché a me vien freddo e ci metto più tempo ad andare in treno a lavorare. Insomma, se vuole andare dal dentista mi dia i soldini che le ho messo da parte per studiare.

Mi vengono i brividi. Ma io faccio del populismo. Della politica da bar Sport. Con tutto il rispetto per il bar Sport.

Tutto c'entra. E io non voglio uno Stato che taglia i soldi al valdese per poi spendere l'ira d'Iddio in ordine pubblico per fare un'opera in Valsusa che nessuno vuole e che, per lo meno adesso, non serve a nulla. Io sono solidale con le donne-utenti del valdese (ai valdesi dono il mio misero 8 per mille da tantissimi anni). A maggior ragione perché chi ha i soldi se ne frega dell'ospedale valdese ma si cura o fa curare nelle cliniche private.

Tutto c'entra.

domenica 25 novembre 2012

Lidia

«Esorto i maschi a diventare uomini, per non restare indietro di un anello nella catena evolutiva. Un anello è tanto. Vuol dire che sei appena sceso dall'albero». Lidia Menapace. Saggista, femminista, partigiana. Le parole sono le sue. Abbiamo avuto l'onore di ospitarla come Dim (DoneInMovimento) a Bussoleno, ieri pomeriggio, all'interno della rassegna di eventi per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che ricorre oggi.

Lidia Menapace e io.
Per carattere e per mestiere, non sono persona che si fa mettere facilmente in soggezione. Ma di Lidia l'avevo. Perché lei è e rappresenta tutto quello che vorrei essere io. Le invidio anche l'età e, come iscritta Anpi, il suo contributo alla Resistenza. Anche grazie a donne come lei abbiamo una Costituzione tra le più avanzate al mondo. Sempre più calpestata ultimamente, purtroppo, ma comunque grande e importante riferimento di tanti.

"...A furor di popolo!" si intitola il suo ultimo libro. Non è un libro facile ("teoria politica d'occasione" la chiama lei)  ma ci sono pagine che bisognerebbe leggere nelle scuole, perché i giovani sappiano quanto questa incertezza del loro futuro sia figlia di una strategia preordinata volta a sacrificare i deboli affinché una minoranza mondiale mantenga i suoi privilegi. «Noi qui stiamo bene perché in Africa i bambini muoiono di fame. C'è un legame persino misurabile. Apprezzo chi si spende in progetti di aiuto ma sia chiaro che non può essere la soluzione». Lidia parla di tutto con estrema semplicità. Un suo grande pregio, insieme all'ironia, perché alla fine troppa serietà risulta indigesta.

Dim e Lidia Menapace
Lidia Menapace è No Tav. Si può dire senza crear scompensi. Ce l'ha spiegato con chiarezza ieri e l'ha scritto con altrettanta chiarezza sul suo libro. «Al grido di modernizzazione e progresso si sono fatti tutti avanti. Io invece sono sempre molto sospettosa quando si parla di modernità». Le ragioni della sua contrarietà al Tav in val di Susa si possono leggere in più capitoli. Non sto qui ad anticiparveli. Ma sull'accostamento tra Resistenza (quella partigiana) e lotta al Tav, su cui più volte la sezione Anpi di Bussoleno e il Movimento No Tav sono stati bacchettati (per così dire) anche dall'Anpi nazionale, Lidia ha un'idea precisa: «Ora e sempre Resistenza non può essere un motto privo di contenuti. Io vedo molte affinità, prime tra tutte l'attaccamento al territorio e una relazione sociale diffusa quotidiana non solenne».

Personalmente l'avrei ascoltata per ore raccontare della Resistenza, del '68 e di quest'attualità e di tutte le contraddizioni che tutti i periodi storici portano con sé. Perché ci sono tante cose apprezzabili di Lidia ma, secondo me, la più importante è che non ci sono argomenti tabù e con lei, alla fine, discussione significa sempre crescita personale e collettiva.

Abbiamo trascorso con Lidia un dopo-presentazione meraviglioso alla Credenza, parlando di politica e di donne, di Simone De Beauvoir e di Jean Paul Sartre, bevendo un bicchiere di vino e immaginando quale grande responsabilità abbiamo noi donne di oggi nella costruzione del futuro, guardando ad esempi come lei (Lidia, non la De Beauvoir). Non so riassumere, descrivere. Non mi capita sovente. Forse potrei raccontare ma non son certa. Quello che so è che Lidia ci ha lasciato tanta voglia di fare. Mi sembra estremamente positivo.

Il libro. Il libro dovrebbe essere letto. Soprattutto dai maschi. Soprattutto su soprattutto (scusate la non esistenza della locuzione) dai maschi di sinistra che non sono ancora diventati uomini. Forse Rita ne ha ancora alcune copie alla libreria La città del sole (http://www.librerialacittadelsole.jimbo.com). Costa 12 euro ma assicuro lettori e lettrici che li vale tutti.

Io volevo chiudere ringraziando Lidia anche se, probabilmente, questo blog non leggerà mai. Perché leggerla, ma, sopra ogni cosa, conoscerla mi ha regalato nuove prospettive e anche nuove speranze.

giovedì 22 novembre 2012

Censura sempre più pesante

Sallusti non andrà in galera. Gli hanno redatto - stanno redigendo - una legge apposta (per Vauro lo avrebbero fatto?). Non voglio stare qui a riparlare della questione se non che hanno redatto - stanno redigendo - una legge che, in soldoni, salva il direttore ma condanna al carcere l'articolista e che, quindi, è garantista in modo per lo meno anomalo.

Non so se il lettore di qualsivoglia giornale/quotidiano/blog si renda conto di cosa significhi l'emendamento di questa norma (che già era discutibile per tante altre ragioni). Non significa semplicemente che l'articolista è responsabile di ciò che scrive perché lo era già (mezzo querela, anche in solido) ma che si è trasformato dall'ultima ruota del carro a ultima ruota del carro immersa nel guano.

Facciamo un esempio. Paola Meinardi (per non dire Tizio) scrive qualcosa di errato o infamante sul giornale per cui scrive. Viene querelata e, giustamente, le viene comminata una "pena" adeguata, a partire dalla semplice rettifica fino al risarcimento del querelante. Qualcuno potrà ritenere significativo che sia comminato anche il carcere ma io non sono d'accordo.

Facciamo l'esempio più probabile. Paola Meinardi (o Tizio) scrive qualcosa di esatto ma di estremamente scomodo e provabile solo con la testimonianza di fonti (non sempre affidabili). Viene querelata. La maggior parte del giornalismo è precariato o freelance, tra cui Paola Meinardi, per cui si deve far carico (pur avendo ragione) di una tutela legale - vero grande dramma del giornalismo italiano moderno. Il direttore per cui lavora anche, ma la maggior parte delle volte non è lui a dover pagare di tasca sua. Paola Meinardi affronta il processo ma dall'altra parte ci sono avvocati strapagati, corruzione e chissà cosa, la fonte scompare... insomma se la piglia nel deretano. Perde la causa. Finisce in galera. Il direttore (supervisore) no. Non che ci dovesse andare lui, beninteso. Ma rendiamoci conto del paradosso. Chi si metterà ancora in gioco? Chi avrà il coraggio (e le risorse) di sfidare il sistema pur stando dalla parte giusta? Sempre meno persone.

Tutto questo, per cui stiamo perdendo un mucchio di tempo, avviene mentre si distrugge la scuola pubblica, non si rifinanzia il fondo per la non autosufficienza, si chiudono o si ridimensionano gli ospedali (anche i nostri, cari valsusini), il tasso di disoccupazione è il più alto di sempre, a Gaza si muore ogni giorno, mancano leggi che tutelino le diversità... La lista è così lunga che non starò a tediarvi.

Dico solo che, se si voleva evitare a Sallusti la galera si poteva ottenere il medesimo risultato facendo molti meno danni. Io avrei votato a favore.

domenica 18 novembre 2012

Violenza, è ora di finirla

Trame impreviste isolano i violenti
Violenza sulle donne e violenza sulla terra. Questo il titolo della due giorni che le DonneInMovimento hanno (abbiamo) organizzato in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne tra Bussoleno, Chianocco e Chiomonte. Una due giorni che aveva l'ambizione di essere un'iniziativa di genere nell'ambito della lotta valsusina alla Torino-Lione. Il merito del successo (perché è stato un successo) va a tutte le donne che si sono impegnate in prima persona affinché la manifestazione fosse completa e accogliente: a chi l'ha immaginata, discussa e creata, a chi ha disegnato e dipinto, a chi ha portato in piazza i suoi saperi e le sue professionalità, a chi ha montato ciò che necessitava d'essere montato, a chi ha ospitato le tante donne venute da tutta Italia per partecipare.

Mercoledì sera, apericena veg di autofinanziamento con le prelibatezze di Pat alla Credenza. Prima, un pomeriggio con tante compagne e amiche in cucina a preparare, ridere, confrontarci. Una serata partecipatissima e piacevole, che ha aperto una settimana intensa.

Sabato, le bancarelle tematiche in via Fontan e le donne della valle di Susa protagoniste. Cito chi crea mosaici, chi immagina borse coi vecchi ellepi, chi profuma la casa con le saponette, chi coltiva e chi dà vita a bellissimi capi d'abbigliamento, chi dipinge ma dimentico sicuramente qualcuna. Medea, Re.Fe, Sguardi sui generis fanno informazione. Il tema è importante, d'attualità e ancora tanto tanto sconosciuto.

Tela di Gabriella Geremia
Nel pomeriggio, l'assemblea. Sala consigliare strapiena. Donne che arrivano da Bologna, Roma, Bergamo. Donne che abitano qui. Ognuna con la propria esperienza, con il proprio vissuto e la voglia di approfondire, di condividere. Elina Colongo, del Soccorso violenza sessuale del Sant'Anna, traccia i numeri di un dramma sommerso: 130 femminicidi nel 2011 e 112 ad oggi nel 2012; violenza prima causa di morte per le giovani tra i 15 e i 44 anni; quasi il 25% delle donne ha subito una violenza sessuale tra i 17 e i 77 anni; quasi il 70% degli stupri sono effettuati dal partner; 53 Paesi dell'Onu non riconoscono come reato la violenza consumata nell'ambito del matrimonio; quasi nel 30% dei casi i maltrattamenti sorgono in gravidanza.

Cristiana Albino del Collettivo Medea di Torino lega la violenza sulle donne a quella sulla terra, introduce il tema specifico: «Le donne subiscono violenza e muoiono in quanto donne che dicono no, donne che fanno una scelta autonoma. La chiave, qui come nella vicenda della valle di Susa, sono l'esercizio del potere, il dominio, il senso della proprietà». Chiude Nicoletta Poidimani della Re.Fe con un interessante approfondimento sul mal-sviluppo attraverso i pensieri di Vandana Shiva e le sue lotte.
Il dibattito è aperto da Marzia del gruppo di donne di Giaglione. Poi interventi e ancora interventi per affrontare percorso verso un'indispensabile autodeterminazione.

Le Rivoltelle
Sera. Festa. Birreria Il cotonificio e le grandissime Rivoltelle, rock band calabrese al femminile energica, potente e simpaticissima. Birreria strapiena e tante, tante donne. E' stata una serata assolutamente magica. Il merito va ad Erme che le Rivoltelle le ha volute, proposte e cercate. Un'ora e mezza di spettacolo inarrivabile che ha coinvolto tutte e tutti.

Poche ore di sonno e la manifestazione si chiude alla Maddalena di Chiomonte, attorno alle reti del cantiere Tav. La convocazione delle DonneInMovimento porta in Clarea circa 300 persone. La giornata è bellissima. Il cantiere no. Ognuna e ognuno col suo passo si arriva alle reti, dove si condivide il pranzo. Un giro "turistico" intorno alle reti evidenzia lo scempio del territorio e quella violenza che la due giorni vuole evidenziare. La battitura per l'ormai noto carcerolazo chiude il pomeriggio ma non le iniziative.

Sabato prossimo, 24 novembre, le DonneInMovimento ospiteranno Lidia Menapace, saggista e femminista, che presenterà il suo nuovo libro "...A furor di popolo". Si parlerà ancora di violenza sulla terra da parte del mal-sviluppo e Tav.

Battitura in Clarea

giovedì 15 novembre 2012

La lotta al buio

Lo Stato ci guarda
non proprio con affetto
apparentemente placido ci osserva
ma in fondo, io sospetto
che lo Stato, questo Stato ha paura
altrimenti non si spiega come faccia
a vedere in questa valle in miniatura
questa orribile minaccia.

Mi perdonerà Daniele Silvestri se ho storpiato un poco la sua bellissima Cohiba per introdurre una mia riflessione. Da due giorni, la valle di Susa è nuovamente teatro di scontri tra Stato e cittadini (cosa che va a sommarsi alle proteste di lavoratori e studenti in tutta Italia). E' inverno e vien buio presto ma la lotta al buio non è certo il buio di questa lotta No Tav.

Traduerivi
Le trivelle (si badi, atte a effettuare solo alcuni carotaggi geognostici e non certo "buchi" tra Italia e Francia) sono arrivate martedì notte. Alle due e mezza. Scortate da centinaia e centinaia di agenti delle forze dell'ordine. Lo ripeto sovente ma credo che, chi non è venuto in valle di Susa almeno una volta, stenti a determinare l'entità del dispiegamento di uomini e mezzi tra carabinieri, polizia, cacciatori di Sardegna e chi più ne ha più ne metta che quotidianamente circolano su questo territorio. Le trivelle, scortatissime, sono state piazzate a Susa e più precisamente in località San Giuliano e Traduerivi.

Il movimento No Tav si è autoconvocato in meno di un giorno. Martedì pomeriggio, prima manifestazione. Cinquecento persone al presidio, un po' meno in corteo. Dietro lo striscione portato dalle donne del movimento, i cittadini della valle di Susa. Il corteo arriva a Traduerivi. Centinaia gli agenti in assetto antisommossa. Il corteo si sparge per le vigne, attraversa Traduerivi e il grosso degli agenti si muove, lo accoglie al prossimo sbocco. Nelle vigne è buio ma l'aria è pregna della luce blu dei lampeggianti, dei fari sparati verso il buio, dell'inverno surreale della valle di Susa. Scoppia qualche petardo ma tutto è tranquillo. I manifestanti rientrano. Un brutto episodio coinvolge un gruppo di ragazzi e un paio di agenti della stradale. Quando la tensione è alta, può succedere anche questo.

Corteo
Il traffico è bloccato, in parte dai manifestanti e in parte dalle forze dell'ordine. La coda di Tir arriva fino a Bussoleno. In tarda serata la protesta si sposta al Vernetto di Chianocco. Ancora blocchi. E poi barricate sull'autostrada a cui viene dato fuoco e protesta fino a tarda notte.

Ieri sera, i manifestanti ritornano a Susa ma questa volta vanno verso i jersey e il tentativo di buttarli giù (si tratta comunque di un centinaio di persone contrapposte a tanto "esercito") si risolve con un fitto lancio di lacrimogeni. Il gas penalizza poco chi è al centro dello scontro. Più che altro l'aria lo tira verso San Giuliano e avvolge i suoi residenti (che non sono molto contenti). E poi, ancora protesta fino a notte.

Questa la cronaca di due giorni che non sono ancora finiti, perché il movimento No Tav ha annunciato mobilitazioni fino a domenica, quando in Clarea si svolgerà la marcia indetta dalle DonneInMovimento.

Al di là della cronaca, mi chiedo come si possa pensare di portare avanti un'opera pubblica in questo modo, che la si condivida oppure no, tra manganellate, lacrimogeni e centinaia di milioni di euro per l'ordine pubblico in un momento di crisi pesantissima e di tagli su qualsivoglia settore sociale.

Io mi chiedo se qui, ora, la posta in gioco non sia più un treno che (palesemente) non ha ragione di essere (per portare velocemente cosa e chi, dove? tutto stagna da anni) ma la credibilità e la capacità dello Stato di imporre un'opera invisa. La posta in gioco potrebbe essere un esempio.

sabato 10 novembre 2012

Il sacchetto del pane

Non abbiamo più la coscienza del riuso e del riciclo. In due o tre generazioni è stata stroncata dal consumismo esagerato: serve tutto anche se non serve. Se non ce lo si può permettere lo si compra a rate. Avere serve per essere, non di ausilio alla quotidianità.

Ci pensavo oggi mentre usavo la carta del sacchetto del pane per togliere l'unto alle patate fritte. A casa mia non si butta nulla che possa avere un qualsiasi futuro di riciclo ma solo perché io insisto, stresso, strepito. La mia è una lotta quotidiana con la maleducazione civica insita e derivata. Insita degli adulti che mi vivono intorno, a cui sembra inutile e sciocco fare la raccolta differenziata e non capiscono perché se buttano un vasetto di vetro nell'immondizia a me vien quasi un infarto. Derivata nei bambini, i miei bambini, che hanno intorno esempi contrastanti e che a scuola imparano che non hai le superfighissimematite oppure il pupazzettorobotdiultimagenerazione non sei nessuno. Poi, però, i miei figli leggono, sono bravi a scuola, hanno fantasia e, forse non capendo il perché, si adattano a vivere senza (o quasi) tutte le cazzate che escono in edicola ogni due ore.

Io sono cresciuta in una casa in cui non si buttava via niente e tante cose sono tornate utili. Altre no, ma c'è sempre tempo a buttar via. Sono cresciuta in una casa in cui mia madre, alla fine della cena, raccoglieva le briciole con il cucchiaino. Non perché si morisse di fame. Ma perché sprecare è brutto. Questa cosa mi è rimasta dentro in ogni mio passo. Tant'è che ho ancora le magliette di quando facevo il liceo. Anche i pantaloni, ma in quelli non ci entro più.

Stamattina ho incontrato un'amica che mi ha detto «Hai visto? Ostetricia a Susa chiude». Meno male che a giugno quando ne scrissi su Luna Nuova mi dissero che le "ferie" estive non erano il preludio della chiusura, ho pensato. Poi il discorso è finito sulle scuole e sulla provocazione di Saitta di fare un giorno in più di vacanza per risparmiare sul riscaldamento. «Mio padre - mi ha detto questa mia amica - andava a scuola e si portava il suo pezzo di legno da mettere nella stufa». Sembra che siano passati millenni ma non è così. A scuola c'era la stufa e ognuno si portava il suo ciocco per scaldarsi. Solo 60 anni fa.

Non auspico che si torni ai tempi in cui ci si portava il ciocco di legno a scuola ma voglio leggerci il bello in questa immagine. Gli alberi che, invece di essere rasi al suolo indiscriminatamente, o abbandonati nei boschi con i rischi di smottamenti che sappiamo, diventano legno utile e poi cultura, educazione. Un'educazione civica che abbiamo completamente perso in nome dell'avere per essere e le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti noi ogni giorno. Auspico che la modernità ci faccia crescere invece che seppellirci sotto montagne di cose inutili e ci insegni anche a riutilizzare il sacchetto del pane.

domenica 4 novembre 2012

La pace il 4 novembre

E' un po' che non scrivo. La vita, a volte, mi mastica e non è semplice essere comunicativa quanto vorrei. Ma ritorno oggi non a caso perché è il 4 novembre. La festa della vittoria (abbiamo vittoriosamente sterminato centinaia di migliaia di giovani e vittoriosamente vinto la guerra dopo essere, come sempre, saltati sul carro dei vincitori all'ultimo) e la festa delle forze armate, che esportano la democrazia ogni giorno e se poi ci sono dei civili morti non è che possiamo sempre stare a sindacare. La democrazia ha il suo prezzo. Bambino morto più o bambino morto meno.

Così, per questo 4 novembre faccio mia una frase che ho visto pubblicata sulla bacheca di un'amica di Faccialibro. Perché è bella. Perchè è vera e perché la condivido al mille per mille. Spero non si offenda se la rubo per il mio blog.

«Questo è il mio 4 novembre: Emergency. FORZE positive e umane ARMATE di competenza, rispetto e amore». http://www.emergency.it

Quando abbiamo due soldi in più, mettiamoli anche lì.