lunedì 31 dicembre 2012

S'io fossi il Presidente...

Io non sono il presidente della Repubblica ma se lo fossi, stasera farei questo discorso alle italiane e agli italiani - a reti unificate - per augurare a tutti un felice anno nuovo.

Cittadine e cittadini, per il 2013 vi auguro più televisione spenta e più cervello acceso, che per usare quest'ultimo non si paga neanche il canone e in tempo di crisi non fa male.
Il 2012 è stato un anno difficile in cui tutte le forze politiche hanno lavorato per salvaguardare un modello di sviluppo ormai dimostratosi fallimentare e per permettere a chi è ricco di mantenere i suoi privilegi. Per far questo, care cittadine e cari cittadini, hanno tagliato le pensioni, alzato le tariffe di gas e luce, alzato il prezzo del gasolio (che poi se il trasporto costa di più fa costare di più tutte le merci), alzato l'Iva, tagliato sulla sanità pubblica e sulla scuola pubblica. Per non tagliare su tutto hanno preferito finanziare le missioni di "pace" all'estero, aumentare il numero di caccia a disposizione dell'aviazione militare nonché finanziare un sacco di grandi opere inutili, i cui appalti non porteranno lavoro se non sottopagato e mal-tutelato.
Per coloro che hanno i soldi, tutto questo è un toccasana. A loro non importa se la pasta costa 20 centesimi in più, se le bollette costano 200 euro in più l'anno, se la scuola pubblica fa 20 ore in meno (quella privata ha il tempo prolungato), se una visita all'addome la aspetti sei mesi e ti costa il doppio di ticket (in clinica non si fa coda se paghi cash). A loro conviene se il popolino vien su ignorante, se non si informa, se continua a seguire le orme di duci, ducetti e falsi profeti, se continua a guardare la tivù invece si scendere in piazza, se per vivere deve lavorare tanto da non poter alzare la testa. A loro conviene. E' più facile mantenere i privilegi in una società menefreghista che fa la fila di giorni per comprare l'Iphone nuovo e poi non dice niente quando chiudono gli ospedali di provincia. Solo per fare un esempio, poiché il discorso di capodanno non può durare dei giorni.
Care cittadine e cari cittadini, tutto questo è successo con il silenzio di gran parte delle istituzioni, ma questo avvalora la tesi che svecchiare la classe politica non può fare più danni di quanti se ne sian fatti finora. Tutto questo è successo ma pochi di voi hanno pensato che fosse il caso di dire qualcosa, di far sentire la propria voce, di lottare contro le ingiustizie. Lo so che destinare alla partecipazione il proprio tempo libero - soprattutto quando è poco - è un sacrificio ma io vi consiglio di pensarci su, di provare per il bene dei nostri figli e dei nostri nipoti.
Cittadine e cittadini, abbiamo una Costituzione bellissima, tra le migliori del mondo. Per il 2013 vi auguro che venga applicata nel suo complesso, per garantire una società solidale e partecipante, di liberi ed eguali, senza discriminazioni, vecchi e nuovi razzismi e fascismi. Vi auguro di studiare il passato per non replicarne gli errori in futuro. Vi auguro di percorrere la vostra strada nel rispetto delle strade degli altri, sapendo che abbiamo ereditato questa Terra dai nostri avi ma ce l'abbiamo in prestito dai nostri figli e non possiamo farne scempio.
Cittadine e cittadini, buon 2013.

Io non sono il Presidente, ma tutte queste cose me le auguro comunque. Buon anno nuovo!

Foto fantastica ma non mia. L'autore si palesi che ne scrivo il nome.

martedì 18 dicembre 2012

Tarsu più cara?


"La nostra tassa rifiuti aumenterà? Dall'attivazione dell'inceneritore potrebbe raddoppiare" è il titolo dell'assemblea che Etinomia e il Laboratorio civico di Almese organizzano per domani sera (mercoledì 19 dicembre), alle 21, presso l'auditorium Magnetto di Almese.

Il tema è caro a tutti i cittadini valsusini soprattutto in questo periodo di lacrime e sangue. I relatori invitati a parlarne sono Luca Mercalli - meteorologo che non bisogno di grandi presentazioni -, il direttore generale di Esper Attilio Tornavacca, l'assessore provinciale di Reggio Emilia Mirko Tutino, l'assessore di Comunità montana Marina Clerico, l'assessore provinciale Roberto Ronco e l'amministratore delegato di Acsel Paolo Borbon.

I promotori dell'assemblea illustrano che, a fronte delle tariffe stimate e di quelle attuali, nel momento in cui entrerà in funzione l'inceneritore del Gerbido e la valle di Susa smetterà di conferire nella sua discarica di Mattie, la tassa rifiuti subirà un pesantissimo aumento. Nell'ordine del raddoppio.

Gli stessi promotori hanno una proposta da fare ad amministratori ne cittadini affinché ciò non accada. Una proposta che, dicono: valorizza i rifiuti rendendoli nuova materia, salvaguarda l'ambiente, tutela la salute, è meno onerosa ed è in linea con l'attuale piano provinciale dei rifiuti. Se pensate che valga la pena di ascoltarla... affollate il Magnetto.

lunedì 17 dicembre 2012

Salviamo ostetricia

Domattina, davanti all'ospedale di Susa, un gruppo di mamme e non, donne e uomini si troveranno per protestare contro la chiusura del reparto di ostetricia. Non è la prima volta che corre la voce di un taglio del reparto, che ha il "difetto" di non avere i "numeri", ovvero di far nascere poche centinaia bambini e bambine l'anno rispetto agli ospedali di città. Il fatto che serva un territorio che va da Bardonecchia ad Avigliana (almeno!) e quindi molto vasto e per di più montano, pare non importare a nessuno.

Nell'ottica della guerra agli sprechi (anche se tagliare sulla sanità dovrebbe far inorridire chiunque) quelle poche donne che avranno complicazioni durante il parto in casa o nel viaggio fino a Rivoli (la struttura di riferimento più vicina) sono un prezzo che la Regione Piemonte può evidentemente permettersi di pagare. Questo, sommato all'evidente scomodità per una donna di Sestriere (ma anche di Susa o Condove) di doversi riferire a Rivoli.

Io ho partorito due figli a Susa. Non che sia sempre tutto rose e fiori nelle piccole strutture ma devo dire che la mia esperienza, rispetto ad altre donne che hanno partorito per esempio a Torino, è stata positiva. Il reparto piccolo è molto "umano" e le ostetriche ti seguono con più attenzione non dovendo far partorire numerose gestanti nello stesso giorno. Puoi anche permetterti di fare qualche domanda in più e ottenere qualche rassicurazione in più, che per una neo-mamma è molto importante.

Le voci di chiusura del reparto, finora, sono sempre state smentite - l'ultima in ordine di tempo solo quest'estate, quando era stata proposta una "pausa" estiva - e mi auguro che lo saranno anche queste. Tuttavia, ricordare l'importanza di una struttura ospedaliera con un presidio di fronte alla stessa non è mai troppo.

Io domattina non potrò esserci fisicamente ma ci sarò con il cuore. Quindi, faccio l'unica cosa che possoi fare per essere d'aiuto: divulgo.

venerdì 14 dicembre 2012

Lacrime di coccodrillo made in USA

Non volevo scriverne. Non volevo poiché odio la cronaca nera. L'ho sempre odiata. Non mi piace scriverne, non piace leggerla e non mi piacciono i giornali che vendono solo perché sguazzano a piene mani nella cronaca nera. Ma questo veramente mi fa infuriare.

Titolo: USA: Strage in una scuola elementare - 18 sui 27 morti sono bimbi

Non voglio immaginare il dolore straziante di quelle famiglie. Non voglio neanche pensarci perché mi si incrina il cuore allo stesso modo in cui mi si incrina quando guardo i bambini africani lasciati morire di fame o quelli asiatici o sudamericani costretti a lavorare o, dio non voglia, a battere se non venduti a un commercio di schiavi, prostituzione, organi. Penso ai miei figli che sognano il Natale e respiro e poi mi vergogno perché non c'è giustizia per i bambini che nulla possono ed è sicuramente anche colpa mia e del mio essere "benestante".

Con un groppo in gola proseguo e mi incazzo. Perché uno Stato che foraggia le lobby delle armi, che vende fucili e pistole anche al supermercato e che incoraggia la giustizia fai-da-te, poi non ha il diritto di piangere quelle morti innocenti. La colpa è solo sua. Sua e di tutte quelle persone che chiamano "sicurezza" il far-west e sia d'esempio (tragico, orribile, vergognoso) per tutti quelli che anche qui in Italia vorrebbero lo stesso far-west.

Stragi nei licei, per strada, stragi omofobe, dettate dal credo religioso, dall'essere psicolabili. Stragi. Che si aggiungono agli omicidi, ai femminicidi, alla violenza provocata da governi che quando non sanno dare dignità ed equità incoraggiano la guerra tra poveri, facendo credere alle persone che esista un diverso, un inferiore, una vittima predestinata.

Ma cosa ci serve ancora per capire, oggi, qui, che la strada imboccata è quella? Che dopo averci tagliato tutto e averci messo l'uno contro l'altro, non faranno altro che armarci perché ci sterminiamo a vicenda? I "privilegiati" saranno Nerone che guarda Roma bruciare, sorridendo.


Immagini da un'altra strage. A Tolosa.

mercoledì 12 dicembre 2012

Se il bosco brucia

Un blog deve essere una cosa viva. Se ci scrivi solo una volta a settimana, si perde un po' il significato. Pertanto mi scuso con i miei lettori (non tanti ma assidui... grazie!) per le assenze prolungate non dovute a pigrizia intrinseca, assicuro, ma a un carico non comune di impegni.

Questa sera voglio parlare del volontariato. In particolare vorrei parlare dell'Aib, associazione che si occupa non solo di anticendi boschivi (da cui l'acronimo) ma anche di protezione civile. In sostanza, se il bosco brucia l'Aib interviene coadiuvando i vigili del fuoco. Così, se c'è un'alluvione, un terremoto, una tromba d'aria o qualsiasi altra emergenza ugualmente interviene. Poi, pulisce i sentieri, le piste tagliafuoco, le sponde dei fiumi e dei torrenti e vigila sul territorio.

Il mio intento non è tanto quello di far conoscere l'Aib perché sono certa che la gran parte di voi abbia un'idea precisa di quanto possa essere preziosa. Quello che vorrei denunciare stasera è quanto lo Stato stia lasciando sempre più sole le associazioni. Ma se una Pro Loco, con tutto il rispetto, viene lasciata sola, nel peggiore dei casi diminuisce la qualità della vita della comunità. Se l'Aib o la Protezione civile vengono lasciate sole, quando la natura decide che ne ha abbastanza, ne va della sicurezza delle stesse comunità, della loro incolumità.

E' frustrante ed estremamente doloroso sapere che le Aib vengono, anno dopo anno, seppellite da quintali di procedimenti burocratici che sarebbero già pesanti per un Corpo dipendente dello Stato ma che sono assurdi e incomprensibili per un'associazione di volontariato. Perché le persone, i cittadini e le cittadine, vogliono bene al territorio ma se sono volontari e ostacolati in ogni modo possono anche decidere di appendere la divisa al chiodo e pazienza. In quel caso, mi chiedo, se brucia il bosco basteranno le squadre di vigili del fuoco? Se la mala-gestione del territorio, con la costruzione indiscriminata di ogni micro-ettaro edificabile, porta ad alluvioni o a frane, basteranno i vigili del fuoco? Se nessuno pulirà le sponde della Dora alla prima piena basteranno i vigili del fuoco?

Il volontariato è certamente una risorsa a cui attingere specialmente in periodo di crisi ma non si dovrebbe pretendere dalle associazioni di volontariato una gestione "aziendale" delle procedure. Non si può chiedere loro un impegno costante come fossero "dipendenti" e poi non sostenerle in alcun modo, almeno sollevandole dalla burocrazia. E non parlatemi di Bertolaso che là il volontariato è lontano anni luce. Se lo Stato, gli enti sovracomunali e, tante volte, anche i Comuni mettono i bastoni tra le ruote al volontariato non c'è alcuna speranza per il futuro. Ringraziare nei discorsi ufficiali la preziosa opera o pulirsi la coscienza con un micro-contributo non basta. Credo sia ora di capirlo.

domenica 9 dicembre 2012

8 Dicembre

8 dicembre 2012. La giornata è serena e ventosa ma arriva dopo una bella nevicata e il panorama intorno è da favola. Per la valle di Susa, l'8 dicembre è un appuntamento importante per due ragioni: si celebrano il simbolico avvio della Resistenza valsusina al nazifascismo (1943) e l'altrettanto importante e simbolica giornata di lotta al Tav nota come "La liberazione di Venaus" (2005).

Il giuramento della Garda
8 dicembre. C'era la neve nel 1943. Alla Garda di San Giorio un prete, don Francesco Foglia (don Dinamite), celebrava una funzione e un gruppo di ragazzi e di giovani uomini giurava che avrebbe lottato fino alla morte contro la dittatura nazifascista.
La Resistenza era già cominciata l'8 settembre ma il giuramento della Garda fu un momento fondamentale anche per l'auto-legittimazione della lotta così come per l'organizzazione della stessa.
Garda 2012 - Foto di gruppo
Dalla Liberazione, ogni anno si ricorda quel momento. Se possibile, alla Garda, sul posto, dove ora sorge un parco della Memoria. Quando non è possibile, per via delle condizioni meteo, in piazza del paese.

Ieri mattina, in piazza, c'era ancora uno di quei ragazzi di allora: Ugo Berga, comandante partigiano della 106° Garibaldi, amico e maestro di tutti noi. Il sindaco di San Giorio, Danilo Bar, ha sottolineato come quello non dovesse restare solo un mero momento di celebrazione ma dovesse essere un nuovo impegno per la tutela del territorio, dei beni comuni, dell'uguaglianza e della democrazia. Piero Del Vecchio, oratore ufficiale, ha guardato alle bandiere No Tav e ha detto: «Anche quello è un modo per difendere i beni comuni».

In marcia verso le reti
Alla Garda, ieri, i più avevan già su gli scarponi e lo zaino. Nel pomeriggio era prevista la manifestazione in Clarea. 8 dicembre 2005. C'era la neve anche allora. C'erano 60mila persone (io contavo due perché ero incinta di 7 mesi e mezzo). C'era la polizia a difendere un cantiere indifendibile. C'erano reti che non potevano reggere alla forza di un'intera valle.

Due contro mille
8 dicembre 2012. Un migliaio di persone, colorate e rumorose partono da Giaglione. Fa freddo. Tira vento. Gli scarponi fanno scricchiolare la neve. Sulla mulattiera (che prima del cantiere della Maddalena si percorreva solo per andare in vigna o fare la ferrata) si chiacchiera, si suona, si canta. Ancora una volta sono stati messi i jersey di ferro e cemento a sbarrare la strada, per non far raggiungere il cantiere ai manifestanti. Non stanno su molto. Sono due contro mille.

Il blocco
Al ponte, ci sono le forze dell'ordine schierate. Alberto Perino, Mario Fontana e gli avvocati del Legal team parlamentano con la Digos e il comandante dei carabinieri per riuscire a passare, per arrivare alle reti. Loro sono inamovibili. Dicono che la manifestazione non era autorizzata, che non si può passare. Lo stallo non si supera. Alcuni costruiscono un ponte-diga di legno e arrivano sull'altra sponda del rio lo stesso. Poi tornano indietro. Le reti sono lì a meno di cento metri. Volendo, si passerebbe. Ma forzare la mano avrebbe portato inevitabilmente allo scontro e si preferisce soprassedere.

Il ponte-diga
E' inverno e vien buio presto. Pian piano, le persone ritornano indietro. Essere là era un modo per ribadire ancora una volta il proprio no alla Torino-Lione. Il dispiegamento delle forze dell'ordine è sempre imponente e la domanda che ci si fa è sempre la stessa: ma in questo periodo di crisi val proprio la pena di buttare i soldi così, tra ordine pubblico e opere invise, invece di pensare alla scuola, alla sanità, alla ricerca e al futuro?

La neve illumina il sentiero buio. Non tutti tornano. Alcuni provano un gesto dimostrativo più forte: cercare di tagliare le reti. Gli scarponi dei più non hanno ancora raggiunto Giaglione quando si sentono i botti delle bombe-carta e dei lacrimogeni. Tutti si affrettano verso casa, dove potranno avere notizie più fresche. Le foto e i filmati caricati su internet sono decine. I racconti, altrettanti.

Ma che bella la valle di Susa quando è sereno dopo una nevicata. Mi piange il cuore se penso che la si vuole trasformare in una colata di cemento.


martedì 4 dicembre 2012

Biblioteca e biblioteche

La biblioteca. Mi piace l'idea di parlare della biblioteca in biblioteca. Già, perché ora sono qui, circondata da migliaia di volumi e penso e scrivo. Fuori è freddo. Gli argomenti di attualità da cui prender spunto e da commentare sono tanti ma stasera voglio parlare di lei e delle centinaia di ore che vi ho trascorso. Oh, non tutte qui, certo. Paese che vai, biblioteca che trovi.

La biblioteca di Bruzolo è una biblioteca atipica anche se non unica nel suo genere. In primo luogo è gestita interamente da volontari, sotto l'occhio attento e vigile di Francesca che l'ha adottata come fosse figlia sua. Grazie ai volontari, è aperta tutti i giorni della settimana (domenica compresa), anche in orario serale. Perché possano possano usufruirne tutte e tutti. In secondo luogo, questa biblioteca è viva. E' consentito parlare, ritrovarsi, discutere, confrontarsi (chi vuole leggere in silenzio e in loco ha il suo spazio) e andare a cercarsi di persona le proprie letture. Anche se questo, per i bibliotecari, significa poi passare ore a rimettere a posto i libri perché non solo i piccoli utenti hanno uno strano senso dell'ordine alfabetico.

La terza cosa che rende questa biblioteca speciale è che non è capace di dire di no alle donazioni. Sembra una scemenza ma ci sono persone che svuotano la cantina e portano i libri in biblioteca. Beh, libri. Diciamo che ci portano quanto trovano di cartaceo. Una mattina Francesca ed io abbiamo trovato uno scatolone di Topolino abbandonati davanti alla porta. Come una volta si faceva coi figli illegittimi e i portoni della chiesa. Tutti i Topolino hanno trovato spazio sugli scaffali. Beh, spazio. Diciamo, posto. Altri volumi non l'hanno trovato, il posto, ma lo attendono pazienti negli scatoloni.

Bel logo di un'iniziativa a Novate Milanese
La biblioteca (non solo questa, ma in generale) è un posto magico. Un posto dove puoi fare tutti i viaggi che vuoi senza muoverti che di qualche metro. I libri parlano, sanno chiamarti, corromperti, consolarti, farti arrabbiare, farti piangere o ridere a crepapelle. Ogni pagina è una sfumatura di un colore nuovo. Magari può sembrare uguale a un'altra ma molto raramente lo è. Forse mai. E' come la musica, una creazione infinita con un limitatissimo numero di note.

Alla biblioteca non importa se puoi permetterti tutti i libri del pianeta o nemmeno uno, se hai 10 anni o 90, se sei un lettore incallito oppure no. Lei accoglie tutti e mette a disposizione tutta se stessa, in un meraviglioso esempio di come dovrebbe essere la cultura a tutti i livelli. Leggere è un diritto e se non lo è, dovrebbe esserlo. La biblioteca è come una mamma che sa prendersi cura di tutti i suoi figli ma ciascuno a suo modo e secondo le sue necessità. Io la amo profondamente. Ma questo, immagino, si sia capito.

giovedì 29 novembre 2012

Tutto c'entra

Stasera mi ero ripromessa di scrivere della protesta delle utenti dell'ospedale Valdese di Torino, che si sono messe a seno nudo per l'iniziativa "Mettiamoci le tette", volta a sensibilizzare la cittadinanza tutta sul drastico ridimensionamento del polo ospedaliero inserito nel nuovo piano regionale sulla sanità (Articolo di La stampa). Una protesta dura e diretta che, neanche a dirlo, è rimasta assolutamente inascoltata. 

Ne volevo scrivere sollecitata da una donna di Giaglione, che mi ha mandato appositamente una mail. Mi ha anche detto che sabato, in via Silvio Pellico a Torino, le stesse utenti scenderanno nuovamente in piazza. «Non tengono, come sempre conto delle necessità dell'utenza - mi scrive Annarosa - in questo caso siamo in 700 operate ogni anno e, 4500 donne seguite da loro». Tumore al seno ma non solo. Le donne si sono anche inventate un'altra forma di protesta: chiedono alle donne e agli uomini di scrivere una mail all'assessore regionale (assessore.sanita@regione.piemonte.it) per fargli sapere cosa ne pensano i cittadini, di questi tagli.

Sequestro del presidio di Chiomonte
La foto non è mia. L'autore si palesi che, se lo desidera, lo cito.
Volevo scrivere di questo, se non che, stamattina, in valle di Susa è stato sgomberato e messo sotto sequestro il presidio di Chiomonte, sono state effettuate perquisizioni e la Procura di Torino ha voluto procedere contro chi aveva partecipato ad alcune azioni dimostrative e di protesta sia a Torino che in valle. In valle... a febbraio a Chianocco, quando la frazione Vernetto sembrava Beirut a forza di lacrimogeni e le forze dell'ordine inseguivano i valsusini fin dentro locali e case e, tra gli altri, Titti (pericolosissima anarcoinsurrezionalista valsusina, vegetariana, nonna e pacifista) si è "accidentalmente" rotta una caviglia mentre veniva allontanata a suon di botte dagli agenti dal posto in cui manifestava il suo dissenso alla Torino-Lione.

Sembrava assurdo scrivere di tagli alla sanità mentre qui, in valle di Susa, è tutto un fermento di protesta e lotta. Ma poi, alla fine, ho pensato che non è tanto assurdo. Che tutto c'entra. Eccome. Il sottosegretario Improta ha spiegato (non solo a me, ma anche, in occasione del convegno Pd ad Avigliana) che i tagli del welfare non c'entrano con gli investimenti sulle infrastrutture. Perchè il welfare si deve finanziare da solo. Sono capitoli diversi di bilancio. Ora, io ho compreso benissimo il messaggio del sottosegretario ma non lo condivido assolutamente. Va bene che si cerchi di limitare gli sprechi, ma uno Stato che non investe (anche perdendoci, s'intende) nella sanità e nella formazione è uno Stato che non ha futuro. E' come se, in famiglia, io tenessi separati i capitoli delle spese dentistiche dai possibili investimenti previsti per l'acquisto di un'auto e che se Alice avesse mal di denti, le dicessi che non posso usare i soldi messi da parte per l'auto perché a me vien freddo e ci metto più tempo ad andare in treno a lavorare. Insomma, se vuole andare dal dentista mi dia i soldini che le ho messo da parte per studiare.

Mi vengono i brividi. Ma io faccio del populismo. Della politica da bar Sport. Con tutto il rispetto per il bar Sport.

Tutto c'entra. E io non voglio uno Stato che taglia i soldi al valdese per poi spendere l'ira d'Iddio in ordine pubblico per fare un'opera in Valsusa che nessuno vuole e che, per lo meno adesso, non serve a nulla. Io sono solidale con le donne-utenti del valdese (ai valdesi dono il mio misero 8 per mille da tantissimi anni). A maggior ragione perché chi ha i soldi se ne frega dell'ospedale valdese ma si cura o fa curare nelle cliniche private.

Tutto c'entra.

domenica 25 novembre 2012

Lidia

«Esorto i maschi a diventare uomini, per non restare indietro di un anello nella catena evolutiva. Un anello è tanto. Vuol dire che sei appena sceso dall'albero». Lidia Menapace. Saggista, femminista, partigiana. Le parole sono le sue. Abbiamo avuto l'onore di ospitarla come Dim (DoneInMovimento) a Bussoleno, ieri pomeriggio, all'interno della rassegna di eventi per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che ricorre oggi.

Lidia Menapace e io.
Per carattere e per mestiere, non sono persona che si fa mettere facilmente in soggezione. Ma di Lidia l'avevo. Perché lei è e rappresenta tutto quello che vorrei essere io. Le invidio anche l'età e, come iscritta Anpi, il suo contributo alla Resistenza. Anche grazie a donne come lei abbiamo una Costituzione tra le più avanzate al mondo. Sempre più calpestata ultimamente, purtroppo, ma comunque grande e importante riferimento di tanti.

"...A furor di popolo!" si intitola il suo ultimo libro. Non è un libro facile ("teoria politica d'occasione" la chiama lei)  ma ci sono pagine che bisognerebbe leggere nelle scuole, perché i giovani sappiano quanto questa incertezza del loro futuro sia figlia di una strategia preordinata volta a sacrificare i deboli affinché una minoranza mondiale mantenga i suoi privilegi. «Noi qui stiamo bene perché in Africa i bambini muoiono di fame. C'è un legame persino misurabile. Apprezzo chi si spende in progetti di aiuto ma sia chiaro che non può essere la soluzione». Lidia parla di tutto con estrema semplicità. Un suo grande pregio, insieme all'ironia, perché alla fine troppa serietà risulta indigesta.

Dim e Lidia Menapace
Lidia Menapace è No Tav. Si può dire senza crear scompensi. Ce l'ha spiegato con chiarezza ieri e l'ha scritto con altrettanta chiarezza sul suo libro. «Al grido di modernizzazione e progresso si sono fatti tutti avanti. Io invece sono sempre molto sospettosa quando si parla di modernità». Le ragioni della sua contrarietà al Tav in val di Susa si possono leggere in più capitoli. Non sto qui ad anticiparveli. Ma sull'accostamento tra Resistenza (quella partigiana) e lotta al Tav, su cui più volte la sezione Anpi di Bussoleno e il Movimento No Tav sono stati bacchettati (per così dire) anche dall'Anpi nazionale, Lidia ha un'idea precisa: «Ora e sempre Resistenza non può essere un motto privo di contenuti. Io vedo molte affinità, prime tra tutte l'attaccamento al territorio e una relazione sociale diffusa quotidiana non solenne».

Personalmente l'avrei ascoltata per ore raccontare della Resistenza, del '68 e di quest'attualità e di tutte le contraddizioni che tutti i periodi storici portano con sé. Perché ci sono tante cose apprezzabili di Lidia ma, secondo me, la più importante è che non ci sono argomenti tabù e con lei, alla fine, discussione significa sempre crescita personale e collettiva.

Abbiamo trascorso con Lidia un dopo-presentazione meraviglioso alla Credenza, parlando di politica e di donne, di Simone De Beauvoir e di Jean Paul Sartre, bevendo un bicchiere di vino e immaginando quale grande responsabilità abbiamo noi donne di oggi nella costruzione del futuro, guardando ad esempi come lei (Lidia, non la De Beauvoir). Non so riassumere, descrivere. Non mi capita sovente. Forse potrei raccontare ma non son certa. Quello che so è che Lidia ci ha lasciato tanta voglia di fare. Mi sembra estremamente positivo.

Il libro. Il libro dovrebbe essere letto. Soprattutto dai maschi. Soprattutto su soprattutto (scusate la non esistenza della locuzione) dai maschi di sinistra che non sono ancora diventati uomini. Forse Rita ne ha ancora alcune copie alla libreria La città del sole (http://www.librerialacittadelsole.jimbo.com). Costa 12 euro ma assicuro lettori e lettrici che li vale tutti.

Io volevo chiudere ringraziando Lidia anche se, probabilmente, questo blog non leggerà mai. Perché leggerla, ma, sopra ogni cosa, conoscerla mi ha regalato nuove prospettive e anche nuove speranze.

giovedì 22 novembre 2012

Censura sempre più pesante

Sallusti non andrà in galera. Gli hanno redatto - stanno redigendo - una legge apposta (per Vauro lo avrebbero fatto?). Non voglio stare qui a riparlare della questione se non che hanno redatto - stanno redigendo - una legge che, in soldoni, salva il direttore ma condanna al carcere l'articolista e che, quindi, è garantista in modo per lo meno anomalo.

Non so se il lettore di qualsivoglia giornale/quotidiano/blog si renda conto di cosa significhi l'emendamento di questa norma (che già era discutibile per tante altre ragioni). Non significa semplicemente che l'articolista è responsabile di ciò che scrive perché lo era già (mezzo querela, anche in solido) ma che si è trasformato dall'ultima ruota del carro a ultima ruota del carro immersa nel guano.

Facciamo un esempio. Paola Meinardi (per non dire Tizio) scrive qualcosa di errato o infamante sul giornale per cui scrive. Viene querelata e, giustamente, le viene comminata una "pena" adeguata, a partire dalla semplice rettifica fino al risarcimento del querelante. Qualcuno potrà ritenere significativo che sia comminato anche il carcere ma io non sono d'accordo.

Facciamo l'esempio più probabile. Paola Meinardi (o Tizio) scrive qualcosa di esatto ma di estremamente scomodo e provabile solo con la testimonianza di fonti (non sempre affidabili). Viene querelata. La maggior parte del giornalismo è precariato o freelance, tra cui Paola Meinardi, per cui si deve far carico (pur avendo ragione) di una tutela legale - vero grande dramma del giornalismo italiano moderno. Il direttore per cui lavora anche, ma la maggior parte delle volte non è lui a dover pagare di tasca sua. Paola Meinardi affronta il processo ma dall'altra parte ci sono avvocati strapagati, corruzione e chissà cosa, la fonte scompare... insomma se la piglia nel deretano. Perde la causa. Finisce in galera. Il direttore (supervisore) no. Non che ci dovesse andare lui, beninteso. Ma rendiamoci conto del paradosso. Chi si metterà ancora in gioco? Chi avrà il coraggio (e le risorse) di sfidare il sistema pur stando dalla parte giusta? Sempre meno persone.

Tutto questo, per cui stiamo perdendo un mucchio di tempo, avviene mentre si distrugge la scuola pubblica, non si rifinanzia il fondo per la non autosufficienza, si chiudono o si ridimensionano gli ospedali (anche i nostri, cari valsusini), il tasso di disoccupazione è il più alto di sempre, a Gaza si muore ogni giorno, mancano leggi che tutelino le diversità... La lista è così lunga che non starò a tediarvi.

Dico solo che, se si voleva evitare a Sallusti la galera si poteva ottenere il medesimo risultato facendo molti meno danni. Io avrei votato a favore.

domenica 18 novembre 2012

Violenza, è ora di finirla

Trame impreviste isolano i violenti
Violenza sulle donne e violenza sulla terra. Questo il titolo della due giorni che le DonneInMovimento hanno (abbiamo) organizzato in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne tra Bussoleno, Chianocco e Chiomonte. Una due giorni che aveva l'ambizione di essere un'iniziativa di genere nell'ambito della lotta valsusina alla Torino-Lione. Il merito del successo (perché è stato un successo) va a tutte le donne che si sono impegnate in prima persona affinché la manifestazione fosse completa e accogliente: a chi l'ha immaginata, discussa e creata, a chi ha disegnato e dipinto, a chi ha portato in piazza i suoi saperi e le sue professionalità, a chi ha montato ciò che necessitava d'essere montato, a chi ha ospitato le tante donne venute da tutta Italia per partecipare.

Mercoledì sera, apericena veg di autofinanziamento con le prelibatezze di Pat alla Credenza. Prima, un pomeriggio con tante compagne e amiche in cucina a preparare, ridere, confrontarci. Una serata partecipatissima e piacevole, che ha aperto una settimana intensa.

Sabato, le bancarelle tematiche in via Fontan e le donne della valle di Susa protagoniste. Cito chi crea mosaici, chi immagina borse coi vecchi ellepi, chi profuma la casa con le saponette, chi coltiva e chi dà vita a bellissimi capi d'abbigliamento, chi dipinge ma dimentico sicuramente qualcuna. Medea, Re.Fe, Sguardi sui generis fanno informazione. Il tema è importante, d'attualità e ancora tanto tanto sconosciuto.

Tela di Gabriella Geremia
Nel pomeriggio, l'assemblea. Sala consigliare strapiena. Donne che arrivano da Bologna, Roma, Bergamo. Donne che abitano qui. Ognuna con la propria esperienza, con il proprio vissuto e la voglia di approfondire, di condividere. Elina Colongo, del Soccorso violenza sessuale del Sant'Anna, traccia i numeri di un dramma sommerso: 130 femminicidi nel 2011 e 112 ad oggi nel 2012; violenza prima causa di morte per le giovani tra i 15 e i 44 anni; quasi il 25% delle donne ha subito una violenza sessuale tra i 17 e i 77 anni; quasi il 70% degli stupri sono effettuati dal partner; 53 Paesi dell'Onu non riconoscono come reato la violenza consumata nell'ambito del matrimonio; quasi nel 30% dei casi i maltrattamenti sorgono in gravidanza.

Cristiana Albino del Collettivo Medea di Torino lega la violenza sulle donne a quella sulla terra, introduce il tema specifico: «Le donne subiscono violenza e muoiono in quanto donne che dicono no, donne che fanno una scelta autonoma. La chiave, qui come nella vicenda della valle di Susa, sono l'esercizio del potere, il dominio, il senso della proprietà». Chiude Nicoletta Poidimani della Re.Fe con un interessante approfondimento sul mal-sviluppo attraverso i pensieri di Vandana Shiva e le sue lotte.
Il dibattito è aperto da Marzia del gruppo di donne di Giaglione. Poi interventi e ancora interventi per affrontare percorso verso un'indispensabile autodeterminazione.

Le Rivoltelle
Sera. Festa. Birreria Il cotonificio e le grandissime Rivoltelle, rock band calabrese al femminile energica, potente e simpaticissima. Birreria strapiena e tante, tante donne. E' stata una serata assolutamente magica. Il merito va ad Erme che le Rivoltelle le ha volute, proposte e cercate. Un'ora e mezza di spettacolo inarrivabile che ha coinvolto tutte e tutti.

Poche ore di sonno e la manifestazione si chiude alla Maddalena di Chiomonte, attorno alle reti del cantiere Tav. La convocazione delle DonneInMovimento porta in Clarea circa 300 persone. La giornata è bellissima. Il cantiere no. Ognuna e ognuno col suo passo si arriva alle reti, dove si condivide il pranzo. Un giro "turistico" intorno alle reti evidenzia lo scempio del territorio e quella violenza che la due giorni vuole evidenziare. La battitura per l'ormai noto carcerolazo chiude il pomeriggio ma non le iniziative.

Sabato prossimo, 24 novembre, le DonneInMovimento ospiteranno Lidia Menapace, saggista e femminista, che presenterà il suo nuovo libro "...A furor di popolo". Si parlerà ancora di violenza sulla terra da parte del mal-sviluppo e Tav.

Battitura in Clarea

giovedì 15 novembre 2012

La lotta al buio

Lo Stato ci guarda
non proprio con affetto
apparentemente placido ci osserva
ma in fondo, io sospetto
che lo Stato, questo Stato ha paura
altrimenti non si spiega come faccia
a vedere in questa valle in miniatura
questa orribile minaccia.

Mi perdonerà Daniele Silvestri se ho storpiato un poco la sua bellissima Cohiba per introdurre una mia riflessione. Da due giorni, la valle di Susa è nuovamente teatro di scontri tra Stato e cittadini (cosa che va a sommarsi alle proteste di lavoratori e studenti in tutta Italia). E' inverno e vien buio presto ma la lotta al buio non è certo il buio di questa lotta No Tav.

Traduerivi
Le trivelle (si badi, atte a effettuare solo alcuni carotaggi geognostici e non certo "buchi" tra Italia e Francia) sono arrivate martedì notte. Alle due e mezza. Scortate da centinaia e centinaia di agenti delle forze dell'ordine. Lo ripeto sovente ma credo che, chi non è venuto in valle di Susa almeno una volta, stenti a determinare l'entità del dispiegamento di uomini e mezzi tra carabinieri, polizia, cacciatori di Sardegna e chi più ne ha più ne metta che quotidianamente circolano su questo territorio. Le trivelle, scortatissime, sono state piazzate a Susa e più precisamente in località San Giuliano e Traduerivi.

Il movimento No Tav si è autoconvocato in meno di un giorno. Martedì pomeriggio, prima manifestazione. Cinquecento persone al presidio, un po' meno in corteo. Dietro lo striscione portato dalle donne del movimento, i cittadini della valle di Susa. Il corteo arriva a Traduerivi. Centinaia gli agenti in assetto antisommossa. Il corteo si sparge per le vigne, attraversa Traduerivi e il grosso degli agenti si muove, lo accoglie al prossimo sbocco. Nelle vigne è buio ma l'aria è pregna della luce blu dei lampeggianti, dei fari sparati verso il buio, dell'inverno surreale della valle di Susa. Scoppia qualche petardo ma tutto è tranquillo. I manifestanti rientrano. Un brutto episodio coinvolge un gruppo di ragazzi e un paio di agenti della stradale. Quando la tensione è alta, può succedere anche questo.

Corteo
Il traffico è bloccato, in parte dai manifestanti e in parte dalle forze dell'ordine. La coda di Tir arriva fino a Bussoleno. In tarda serata la protesta si sposta al Vernetto di Chianocco. Ancora blocchi. E poi barricate sull'autostrada a cui viene dato fuoco e protesta fino a tarda notte.

Ieri sera, i manifestanti ritornano a Susa ma questa volta vanno verso i jersey e il tentativo di buttarli giù (si tratta comunque di un centinaio di persone contrapposte a tanto "esercito") si risolve con un fitto lancio di lacrimogeni. Il gas penalizza poco chi è al centro dello scontro. Più che altro l'aria lo tira verso San Giuliano e avvolge i suoi residenti (che non sono molto contenti). E poi, ancora protesta fino a notte.

Questa la cronaca di due giorni che non sono ancora finiti, perché il movimento No Tav ha annunciato mobilitazioni fino a domenica, quando in Clarea si svolgerà la marcia indetta dalle DonneInMovimento.

Al di là della cronaca, mi chiedo come si possa pensare di portare avanti un'opera pubblica in questo modo, che la si condivida oppure no, tra manganellate, lacrimogeni e centinaia di milioni di euro per l'ordine pubblico in un momento di crisi pesantissima e di tagli su qualsivoglia settore sociale.

Io mi chiedo se qui, ora, la posta in gioco non sia più un treno che (palesemente) non ha ragione di essere (per portare velocemente cosa e chi, dove? tutto stagna da anni) ma la credibilità e la capacità dello Stato di imporre un'opera invisa. La posta in gioco potrebbe essere un esempio.

sabato 10 novembre 2012

Il sacchetto del pane

Non abbiamo più la coscienza del riuso e del riciclo. In due o tre generazioni è stata stroncata dal consumismo esagerato: serve tutto anche se non serve. Se non ce lo si può permettere lo si compra a rate. Avere serve per essere, non di ausilio alla quotidianità.

Ci pensavo oggi mentre usavo la carta del sacchetto del pane per togliere l'unto alle patate fritte. A casa mia non si butta nulla che possa avere un qualsiasi futuro di riciclo ma solo perché io insisto, stresso, strepito. La mia è una lotta quotidiana con la maleducazione civica insita e derivata. Insita degli adulti che mi vivono intorno, a cui sembra inutile e sciocco fare la raccolta differenziata e non capiscono perché se buttano un vasetto di vetro nell'immondizia a me vien quasi un infarto. Derivata nei bambini, i miei bambini, che hanno intorno esempi contrastanti e che a scuola imparano che non hai le superfighissimematite oppure il pupazzettorobotdiultimagenerazione non sei nessuno. Poi, però, i miei figli leggono, sono bravi a scuola, hanno fantasia e, forse non capendo il perché, si adattano a vivere senza (o quasi) tutte le cazzate che escono in edicola ogni due ore.

Io sono cresciuta in una casa in cui non si buttava via niente e tante cose sono tornate utili. Altre no, ma c'è sempre tempo a buttar via. Sono cresciuta in una casa in cui mia madre, alla fine della cena, raccoglieva le briciole con il cucchiaino. Non perché si morisse di fame. Ma perché sprecare è brutto. Questa cosa mi è rimasta dentro in ogni mio passo. Tant'è che ho ancora le magliette di quando facevo il liceo. Anche i pantaloni, ma in quelli non ci entro più.

Stamattina ho incontrato un'amica che mi ha detto «Hai visto? Ostetricia a Susa chiude». Meno male che a giugno quando ne scrissi su Luna Nuova mi dissero che le "ferie" estive non erano il preludio della chiusura, ho pensato. Poi il discorso è finito sulle scuole e sulla provocazione di Saitta di fare un giorno in più di vacanza per risparmiare sul riscaldamento. «Mio padre - mi ha detto questa mia amica - andava a scuola e si portava il suo pezzo di legno da mettere nella stufa». Sembra che siano passati millenni ma non è così. A scuola c'era la stufa e ognuno si portava il suo ciocco per scaldarsi. Solo 60 anni fa.

Non auspico che si torni ai tempi in cui ci si portava il ciocco di legno a scuola ma voglio leggerci il bello in questa immagine. Gli alberi che, invece di essere rasi al suolo indiscriminatamente, o abbandonati nei boschi con i rischi di smottamenti che sappiamo, diventano legno utile e poi cultura, educazione. Un'educazione civica che abbiamo completamente perso in nome dell'avere per essere e le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti noi ogni giorno. Auspico che la modernità ci faccia crescere invece che seppellirci sotto montagne di cose inutili e ci insegni anche a riutilizzare il sacchetto del pane.

domenica 4 novembre 2012

La pace il 4 novembre

E' un po' che non scrivo. La vita, a volte, mi mastica e non è semplice essere comunicativa quanto vorrei. Ma ritorno oggi non a caso perché è il 4 novembre. La festa della vittoria (abbiamo vittoriosamente sterminato centinaia di migliaia di giovani e vittoriosamente vinto la guerra dopo essere, come sempre, saltati sul carro dei vincitori all'ultimo) e la festa delle forze armate, che esportano la democrazia ogni giorno e se poi ci sono dei civili morti non è che possiamo sempre stare a sindacare. La democrazia ha il suo prezzo. Bambino morto più o bambino morto meno.

Così, per questo 4 novembre faccio mia una frase che ho visto pubblicata sulla bacheca di un'amica di Faccialibro. Perché è bella. Perchè è vera e perché la condivido al mille per mille. Spero non si offenda se la rubo per il mio blog.

«Questo è il mio 4 novembre: Emergency. FORZE positive e umane ARMATE di competenza, rispetto e amore». http://www.emergency.it

Quando abbiamo due soldi in più, mettiamoli anche lì.

mercoledì 31 ottobre 2012

Protestare fa male (ma anche no)

Manifesti? Botte e repressione. Protesti? Botte e repressione. Ultimamente va così per "l'uomo della strada", tasse, tagli ai servizi sociali, tagli su stipendi e pensioni e manganellate. Probabilmente l'ottica è: non cerchiamo le ragioni del dissenso, tacitiamolo. Il governo lo vuole e le forze dell'ordine seguono il diktat (immagino, senza troppo sforzo). Ma un "illuminato" una volta mi disse (in conversazione privata quindi non violo alcuna tutela della fonte non citandolo) che anche il bailamme, a un certo punto, deve finire.

Insomma, basta. Dicono. E manganellano. Per abituarci all'idea.

Manganellano gli studenti (minorenni) alle manifestazioni. Torino insegna.

Manganellano negli sgomberi dei rave party.

Manganellano gli sfrattati delle case popolari.

Manganellano ancora gli studenti. In via Verdi. Ma in altre vie cambia poco.

Manganellano in valle di Susa, ma per questo non vi metto neanche il link perché è ormai di dominio pubblico.

Sono solo alcuni casi. Perché ci sono i pastori sardi, gli operai, gli occupanti dei centri sociali e via dicendo.

Forse, e dico forse, vi sarete accorti che si è alzato "un poco" il livello della repressione da Genova in poi. Genova appare, oggi, un esperimento. Per vedere fino a che punto i cittadini e le cittadine possono accettare supinamente la repressione violenta. Tanto che le sentenze di Genova hanno restituito solo una piccola parte di giustizia.

Ci si chiede se la volontà è quella di spaventare i cittadini e le cittadine che, secondo quanto garantirebbe la Costituzione, hanno il diritto di scendere in piazza. Scendere in piazza fa male. Protestare fa male. Questo è il messaggio. E ci si chiede fino a che punto questa repressione violenta potrà accrescere se stessa. Non so voi, ma io sono seriamente preoccupata. Perché mi sembra di fare un salto indietro in decenni che a me parevano, fortunatamente, accantonati.

Le ragioni del dissenso paiono non interessare a nessuno se non le piccole (o meno piccole) comunità che le portano avanti. Credo che chi ci governa conti molto sul fatto che un coordinamento fattivo tra tutte queste realtà è molto difficile da attuare. Il governo cerca di difendere un sistema che non funziona più, che si è dimostrato largamente fallimentare soprattutto nella difesa delle fasce deboli. Sarebbe, invece, più saggio cambiare direzione in cui camminare. Cominciare a reprimere meno e a ridistribuire di più. Io penso.

Ellekappa per il movimento disabili (oggetto di pesanti tagli).

lunedì 29 ottobre 2012

Non dimentichiamo

Domenica, a Predappio, si sono ritrovati i "nostalgici" del Duce, per il 90° della marcia su Roma. Tutto esaurito e statuette di Mussolini che vanno via come il pane. L'olio di ricino non è compreso. Per fortuna non ho visto i tiggì ieri e questa notizia mi è giunta oggi, che ho più tempo per dire la mia.

Ora, io vorrei ricordare a tutta Italia (pare dimenticarlo) che l'apologia del fascismo è un reato. Lo dice la Costituzione italiana, non Paola Meinardi. Credo, peraltro, che l'apologia del fascismo sia l'unico reato mai perseguito. Si permette a neofasci e neonazi di sfilare con le croci celtiche e facendo il saluto romano, con tutto il dolore e la morte che quei simboli ricordano e portano con sé, e poi si mette in galera l'anziana che, al supermercato, ruba qualcosa per poter sopravvivere alla fame. Non solo. Ma non ci sono mai neppure voci autorevoli di condanna, se non rare e comunque inascoltate e prive d'eco, in tali occasioni.

Apologia (Cit. Zanichelli): Esaltazione, elogio
Ovvero: è reato esaltare/elogiare il fascismo. Reato. Ricordiamolo.  

Io mi chiedo, poi, come si possa essere nostalgici di un regime che vietava qualsiasi tipo di libertà personale, che sopprimeva fisicamente non solo chi palesemente non era allineato ma anche chi si supponeva non esserlo, che ha allevato a suon di propaganda e olio di ricino due generazioni, che si basa sul razzismo, l'intolleranza, l'odio per il diverso. Nostalgici di cosa? E non mi venite a parlare dei treni in orario e delle paludi che mi salgono i conati.

Il fascismo e il nazismo, qui in valle di Susa come in tutto il mondo, hanno fatto solo vittime, portato la fame e la guerra, costretto allo sfollamento, messo fratelli e sorelle gli uni contro gli altri. La nostra Costituzione, quella che permette ai fasci di Predappio di sfilare, è stata scritta con il sangue di chi quel fascismo ha combattuto, trasversalmente, dai repubblicani ai comunisti, dai democristiani ai laici. Giovani uomini e donne che, invece di mettersi la camicia nera, hanno scelto di stare dalla parte giusta, dalla parte della libertà, della fratellanza, della tolleranza. Pagando con la propria vita, con quella dei propri cari, incarcerati, torturati, uccisi.

Il fascismo è stato violenza senza fine e noi non possiamo permettere che questo sia dimenticato. Non dovremmo permettere raduni, apologie, alcun cosa che abbia come finalità l'odio.

Vi cito questo estratto da un articolo di Adnkronos (http://www.adnkronos.com/IGN/Regioni/EmiliaRomagna/Tutto-esaurito-a-Predappio-per-90-anniversario-marcia-su-Roma_313835814284.html): Ben diverso il discorso tra fine agosto e inizio settembre, quando proprio Domenico accompagna i turisti a visitare la stanza che occupo' Mussolini: "Diciamo che almeno la meta' dei visitatori non e' composta da turisti solo curiosi, ma da veri e propri nostalgici del fascismo: si ripetono spesso scene con gente che piange o comunque si commuove o persino che bacia o abbraccia il busto del duce collocato nella stanza". 

Io ne ho vista tanta di gente piangere pensando a Mussolini ma non era nostalgia. Ho il ricordo dei miei vecchi e di tutti i partigiani (che la vita mi ha dato l'onore di conoscere) e so, anche se non c'ero, cosa sia stato il fascismo. Il fascismo è un ragazzo di 16 anni appeso e morto dissanguato con la lingua mozzata perché aveva fatto la "spia". Il fascismo sono gli innocenti ma non conniventi impiccati ai balconi di mio nonno. Il fascismo sono i bombardamenti di rappresaglia che hanno ucciso donne e bambini. Il fascismo è la paura che la generazione dei miei genitori si porterà sempre dietro per essere stati bambini ai tempi di Mussolini. Il fascismo è l'orrore di una madre che deve piangere il figlio ammazzato per strada e non può neanche portarselo via per lavarlo e dargli degna sepoltura. Il fascismo sono ragazzi ammazzati di botte, l'impossibilità di trovarsi in più di tre per strada, le leggi razziali.

Il fascismo è questo che vedete a sinistra. Ragazzi torturati, uccisi a forza di botte e poi lasciati insepolti. Ragazzi che le donne di San Giorio hanno lavato e ricomposto con un coraggio che solo le donne nella Resistenza hanno avuto.

Dovremmo essere nostalgici di cosa? Facciamo valere la nostra Costituzione. Indigniamoci.

Oggi, ora e sempre Resistenza.

domenica 28 ottobre 2012

Un posto in prima fila


La fila per comprare un posto in prima fila
Nevica in valle di Susa. Una nevicata eccezionale che arriva "fuori stagione". Sono decine i valsusini (ma non solo) in fila ad aspettare il proprio turno per poter comprare il proprio posto in prima fila. Quarta tranche: 2000mq circa di terreno a San Giuliano di Susa (dove dovrebbe sorgere la stazione internazionale) e 1500mq circa di terreno a Chiomonte, in Clarea, nell'occhio del ciclone. Nevica e fa freddo ma le persone chiacchierano, ordinatamente in fila indiana, e ingannano il tempo che scorre lento.
Sono 1175 i No Tav che hanno voluto esserci per essere in prima fila quando sarà il momento. 1064 firmeranno oggi. Gli altri lo hanno già fatto. Il più lontano viene da Empoli. Un atto semplice, 20 euro e una firma. L'iniziativa era nata con lo scopo di complicare le procedure di esproprio da parte dei promotori della Torino-Lione e per poter essere, legittimamente, sul posto durante le procedure preliminari all'esproprio, come la verifica della consistenza dei terreni. Era successo a Chiomonte, quando i proprietari del terreno espropriato (ma già recintato e, di fatto, parte del cantiere) erano entrati nel "fortino" ad accompagnare i tecnici per le verifiche suddette.

La polentata

Al "Presidio internazionale", i comitati anti-Tav e gli attivisti lavorano perché ci siano generi di sussistenza per tutti, per affrontare il freddo e l'attesa. Sotto un tendone i tavoli, per mangiare, e fuori due paioli di polenta, panini, dolci, the caldo, caffé. Etinomia ha portato i banchetti a chilometri zero dei suoi aderenti così, mentre aspetti, puoi anche comprare due cose per la cena o per fare un bel dolce alle mele una volta arrivati a casa.
Un pupazzo di gommapiuma rappresentante la sindaca di Susa, Gemma Amprino, attende i firmatari sulla porta. Opera di Piero Gilardi, come le tante altre creazioni che fanno capolino alle manifestazioni o nei presidi anti Tav sparsi per la valle.

Oggi, il Movimento No Tav compra il suo quarto posto in prima fila. La lotta alla Torino-Lione prosegue. E non sarà certo un'inaspettata nevicata "fuori stagione" a fermarla.


Pupazzo di Gilardi
La coda sotto la neve
Mario Fontana esibisce l'ultimo modello di felpa made in Comitato No Tav Susa-Mompantero

sabato 27 ottobre 2012

Un futuro con meno montagna

Vista di Bussoleno dall'alto
La Comunità montana valli Susa e val Sangone chiuderà il 31 dicembre 2012. Come tutte le altre comunità montane del Piemonte. Lo vuole la Legge regionale 192, in un'ottica di riorganizzazione degli enti in un'ottica di risparmio. Questo, secondo i promotori della legge.

Difficile capire secondo quale ottica di risparmio si cancellerà un ente che, almeno qui, è utile e svolge molteplici funzioni per costringere gli amministratori a costruire, in futuro, qualcosa di analogo (un unione di Comuni?)  per gestire i medesimi servizi, mettendo a rischio il personale e costringendo i cittadini a cambiare riferimenti ormai consolidati.

La spesa per la gestione del Consiglio e della giunta di Comunità montana non è certo quello spreco di risorse pubbliche che bisognerebbe colpire. E mentre si chiude la Comunità montana, secondo un taglio orizzontale assolutamente inclassificabile, il vero spreco di risorse resta.

I dipendenti della Comunità montana valli Susa e val Sangone hanno voluto organizzare un momento pubblico per discutere del futuro dei servizi ora gestiti dall'ente (martedì pomeriggio, alle 17) e ne riporto, qui di seguito, il comunicato integrale.

Alcuni accusano la Comunità montana di fare "politica", di occuparsi di questioni che non la riguarderebbero (in primis il Tav). Ma io credo che, se un ente che si occupa di un territorio abbia il dovere di esprimersi in merito alle questioni che interessano il medesimo territorio. Essendo ente di secondo grado è il risultato elettorale, più spostato verso il centrosinistra piuttosto che verso il centrodestra, che ne determina l'equilibro politico. Si può, quindi, non essere d'accordo sulla linea che l'ente tiene ma non lo si può accusare di illegittimità.

La Comunità montana chiude. Cosa sarà in futuro?




La Comunità Montana chiude. La montagna sarà meno tutelata.

La Comunità Montana chiude dal 1° gennaio 2013, ma chi lo sa? Crediamo pochi, perché non ne sta parlando nessuno.
Il guaio è che con la Comunità Montana chiudono parecchi servizi, ai Comuni ed ai cittadini, e non è per niente garantita la loro continuazione.
In campo agricolo, ambientale, forestale, della cultura, del lavoro, del turismo la Comunità Montana ha svolto finora, per delega o per Legge, un’importante funzione di “presenza” sul territorio.
Martedì 30 e mercoledì 31 ottobre ci sarà “Comunità Montana a porte aperte”, due giorni per discutere, riflettere, informarsi e soprattutto manifestare solidarietà ai dipendenti dell’Ente che stanno affrontando un futuro molto incerto e per nulla sicuro come posto di lavoro.
Chi nel tempo ha avuto un qualsiasi beneficio dalla Comunità Montana, passi a mettere una firma; chi ha partecipato ad un nostro bando o progetto, progettato opere, elaborato documenti pianificatori, effettuato consulenze, partecipato ad un corso professionale o ad un aggiornamento tecnico, redatto perizie, passi per cortesia nel pomeriggio del 30 ottobre a Bussoleno in Via C. Trattenero 15, dalle 17,00 in poi, a testimoniare che non chiude un Ente inutile o sprecone e a manifestare la sua preoccupazione perchè dal 2013, salvo i premi comunitari, terminerà ogni integrazione di reddito ed aiuto locale alla montagna.

I dipendenti della Comunità  Montana valle Susa e Val Sangone

giovedì 25 ottobre 2012

L'ignoranza eletta

Questo signore che vedete qui a sinistra si chiama Richard Mourdock ed è il candidato repubblicano al Senato in Indiana. Mercoledì ha detto, scatenando giustamente un'ondata di dissenso, che se una donna resta incinta dopo uno stupro «è la volontà di Dio». Dunque, ne consegue, l'aborto è, e resta, un omicidio.

Superando lo sconcerto, lo sgomento e la rabbia che un'affermazione così pesantemente oltraggiosa nei confronti delle donne suscita, le riflessioni che la stessa affermazione porta a fare sono molte.

La prima è che è incredibile come ogni destra sia pesantemente razzista nei confronti di etnie/persone con diverse condizioni sociali (al punto da immaginarne la ghettizzazione o persino lo sterminio), sostenga la pena capitale e il porto d'armi per la difesa personale e poi si erga a difensore della vita e dei precetti cristiano-cattolici quando si arriva a parlare d'aborto. Non si può solo definire incoerenza.

La seconda riflessione è che è incredibile come a voler gestire l'utero delle donne ci siano sempre e solo gli uomini. Da mamma, che sa quanto amore si prova nei confronti dei figli, immagino la donna vittima di stupro costretta a tenere quel bambino che ogni giorno, per tutta la vita, le ricorderà quell'orribile momento e quel trauma impossibile da superare. Nel migliore dei casi sarà costretta a "rompersi" dentro, divisa tra l'amore per la creatura a cui ha dato la vita e l'orrore per essa stessa. E mi chiedo, se fosse la moglie di Mourdock ad aver subito violenza e ad essere rimasta incinta, sarebbe ancora dello stesso parere. Alleverebbe quel figlio come se fosse il frutto del proprio amore? Resterebbe tutta la vita al fianco della sua donna, lasciando solo per lei le sue attenzioni sessuali, attendendo che lei (forse) riesca a superare il trauma e a tornare a voler guardare un uomo in faccia?

La terza riflessione è che non c'è ancora alcuna consapevolezza di cosa può significare uno stupro per una donna. Ragionando come la destra (e anche parte della sinistra) ragiona, verrebbe da chiedere che ogni persona che se ne salta fuori con affermazioni di questo tipo sia lasciata sola nei bagni di una prigione dopo aver sparso la voce che sia dentro per reati di pedofilia. Invece, cosa faranno gli americani dell'Indiana con grande probabilità? La eleggeranno al Senato.

Da qui alla politica italiana, dove gli esempi di grettezza e ignoranza sono lampanti e comuni quanto negli States che, non so per quale motivo, vogliamo ostinarci ad imitare in tutti i suoi peggiori aspetti. In Italia, dove il peggio dell'ignoranza (anche qui) viene talvolta premiata con l'elezione. Ogni anno, anche qui si cerca di mettere mano alla legge 194 e a farlo sono quasi sempre e solo uomini. Invece di evolverci sembra che cerchiamo di tornare indietro. E' ora di dire basta. Anche per questo motivo.

Qui, l'articolo di Repubblica: