lunedì 10 gennaio 2022

Un filo sottilissimo

Tra dieci giorni la mia figlia maggiore compirà 18 anni.

Vi dirò che sto accusando un po' il colpo. Non l'ho accusato entrando nei primi "anta" e neppure nei secondi "anta", ma veder lei entrare nella maggiore età è come se, improvvisamente, lo specchio mi riflettesse l'immagine di una mummia.

Non so perché. Io non avevo quest'impressione di mia mamma al compire dei miei 18 anni. La vedevo come un'adulta stabile e strutturata ma non come una mummia. E non che fosse meno grande il gap generazionale. Anzi.

Mi sono interrogata spesso sul tipo di mondo che stiamo lasciando agli adulti di domani. E dev'essere questo, più di qualsiasi altra cosa che mi fa sentire antica. Io sono arrivata alla maggiore età e mi sembrava di poter fare tutto ciò che volessi. Non dal punto di vista economico ma mentale. Erano gli anni '80 e, per dirla alla Guccini, avevamo tutto per possibilità.

Sono trascorsi i decenni e quel mondo in cui mi accingevo ad entrare con il compimento della maggiore età si è disgregato. Subito, a vent'anni, non è che m'importasse molto, a dire il vero, ma a vent'anni ci si sente invincibili e non si pensa molto a quello che sarà. Forse è stato un mio errore o l'errore di una generazione che, tutto sommato, viveva bene senza avere grandi necessità ed è diventata "avida" ed individualista.

Vivere fuori dai grandi centri urbani mi ha, in qualche modo, salvato. Mi ha impedito di perdere il contatto con la natura, con il territorio e, soprattutto, con le persone. Ho cercato di cucire quel mondo in frantumi con un filo tessuto con i valori che i miei genitori mi avevano trasmesso. Tanto è bastato per ricostruire me stessa in un ambiente ostile e per non perdere completamente la bussola di ciò che è "giusto" e "sbagliato". Ma, non per ricostruire sulle macerie. 

Perché questo sto lasciando ai miei figli. Un mondo in macerie e un rocchetto di filo fatto di valori in cui credo. Un rocchetto di filo sottilissimo e delicato, tanto che mi sembra di doverlo seppellire per preservarlo dalla distruzione, come facevano i miei nonni in campagna con il sale e gli aghi e altre oggetti preziosi durante la guerra, per poi ritrovarli a conflitto terminato. Perché nessuno sa quanto duri una guerra ma, dopo, bisogna ricominciare con quello che è rimasto.

In questi giorni si sente parlare assai del calo della natalità ma, onestamente, bisogna essere un po' folli, un po' irresponsabili o decisamente ottimisti per pensare di far crescere in questo mondo le persone che più amerai nella vita. Io sono stata folle, irresponsabile oppure ottimista e ne sono felice ogni giorno della mia esistenza. Ma continuo a cucire faticosamente con quel rocchetto sperando che loro possano essere, quando lo vorranno, altrettanto folli, irresponsabili oppure ottimisti.



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