mercoledì 11 marzo 2020

Io voglio essere ottimista

Da lunedì sono a casa.
Un po' come tutti dovrebbero fare.
E non me la venite a menare con scuse varie ed eventuali, perché io se non lavoro non guadagno. Quindi non cominciate a fare le vittime, che per andare al mare un mese ad agosto vi fate persino le rate. Io ho passato una vita tra partite Iva e precarietà assoluta e, nonostante ciò, sono persino sovrappeso. Ho passato anche un anno a cercare di incassare quel che era sufficiente a pagare solo fornitori e dipendente, perché la crisi c'era anche prima del coronavirus. Ne ho passati dodici a cottimo nell'editoria e altri che non sto a raccontare ma chi mi conosce lo sa.

Comunque, da lunedì sono a casa.
Ci sono sempre milioni di cose da fare, che scientificamente rimandiamo a quando avremo tempo, trovando una scusa che sia in grado di levarci i sensi di colpa.

La mia grande battaglia, io, non la combatto contro il Covid 19 ma contro i due figli adolescenti, la cui voglia di vivere in questi giorni rasenta quella di una medusa trasportata dalle onde del mare. 
La scuola non è ovviamente in grado di sostituire le lezioni quotidiane con altrettanto carico informatizzato (decenni di malgoverno hanno remato contro ogni forma di istruzione e cultura optando per affari più remunerativi in termini di voti) e, se devo essere sincera, non mi preoccupa un mese di gap formativo considerato il livello medio richiesto in generale. Nel complesso, devo dire, riesce meglio a colmare la scuola media di mio figlio di quella superiore di mia figlia.

Tuttavia, una generazione costruita sull'immagine, sui ricatti sociali e priva di qualsiasi futuro che non sia sopravvivere (su questo si lavora da decenni agli alti piani), chiusa in casa si sente vuota.
E' un vuoto che non riescono a riempire leggendo un libro, perché la società in cui sono integrati non richiede che leggano (anche se hanno esempi quasi compulsivi in famiglia). Non riescono a riempire studiando perché in larga parte non sanno neppure cosa vuol dire studiare davvero. Non riescono a riempire facendo cose (sperimentando, costruendo, cucinando, ecc) perché è stato insegnato loro, con anni di tivù spazzatura, che un bel viso fa guadagnare del dedicarsi a qualcosa per anni e con impegno. Lo vedono ogni giorno, con i laureati costretti a fare i turni al fast food mentre un bel faccino guadagna milioni a sparare scemenze su ogni canale.
Hai voglia a spiegare che saper fare ha il suo peso.

E, allora, ve lo dico in tutta sincerità.
Questa inattività forzata dovrebbe essere trasformata in un'opportunità.
L'opportunità per la nostra generazione per capire che votare chi dà addosso all'immigrato o promette posti di lavoro inesistenti e, poi, affossa la sanità pubblica (per finanziare quella privata che le tette le fa meglio) o l'istruzione pubblica (un popolo che non sa è più facile da gestire) è una gran cazzata. E mi scuserete i francesismi ma, forse, il tutto arriva meglio.
L'opportunità per le generazioni che adesso hanno trent'anni o poco più, per capire che sono cresciuti per essere "sacrificati", senza diritti e con i soldi che bastano appena ma, per fortuna (da leggere con la dovuta ironia) con le rate possono comprarsi l'Iphone ed essere qualcuno.
L'opportunità per gli adolescenti, compresi i miei, per capire che esiste un cervello nei loro piccoli mucchietti di ossa craniche e che si possono anche fare cose apparentemente non-social e si vive lo stesso. Magari meglio. Perché un giorno saranno grandi e dovranno cucinare quello che mangiano, appendere una mensola, compilare un modulo e via dicendo.

Oggi è una bella giornata.
Sembra primavera.
Chissà per quale ragione, sono sempre ottimista.
Un amico sostiene che il mio esempio, un giorno, servirà ai miei figli. Non oggi e magari, non domani ma servirà. L'esempio dei miei, in un modo o nell'altro, è servito. E voglio essere ottimista.
Magari tra venti giorni avremo avuto il tempo di lubrificare il cervello e tutto sarà più limpido. Non odieremo più chi ha paura, avendone avuta. Non sosterremo più chi dice una cosa diversa ogni due giorni solo per il suo interesse perché ci sembrerà, come minimo, bipolare. Saremo più solidali perché noi stessi avremo avuto bisogno di aiuto. Lotteremo per potenziare una sanità pubblica che mezzo mondo ci invidia. Non ci faremo più trascinare nelle guerre tra poveri. E proveremo a capire.
Un po' di uso dello strumento cervello, opportunamente lubrificato, farà di noi una società migliore. Elettori più consapevoli. Genitori più preparati. Lavoratori meno ricattabili. Adolescenti meno superficiali.

Oggi è una bella giornata.
Io voglio essere ottimista.
E me ne sto a casa.
Ho un libro di Perissinotto e la pasta da fare ripiena che mi aspettano.

Una bella immagine che ho preso dal web. Ne citerei l'autore ma non lo conosco.





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