sabato 6 ottobre 2012

Crespo e Morgana - Racconto #2

Morgana - Particolare di affresco

Crespo passeggiava per l’ufficio, lentamente, studiando ogni passo. Era diventata la sua unica attività alla MotraTech, da circa dieci anni. Prima di allora era tutto diverso: una brillante carriera, amici veri e falsi, cene d’affari e trasferte. Uno stupido errore lo aveva confinato tra quelle quattro mura e, con il passare del tempo, la MotraTech si era dimenticata di lui. Il telefono suonava solo quando era sua madre a chiamarlo. Nessuno gli affidava nuovi incarichi o gli chiedeva un aiuto. Nessuno aveva bisogno di lui. Nessun collega gli chiedeva di pranzare insieme. Tutta la nuova leva di impiegati non sapeva neppure che ci fosse qualcuno nell’ufficio M47. Lo stipendio arrivava regolarmente solo grazie ad una serie di automatismi e di suddivisione dei compiti.

Può sembrare una situazione snervante e patetica, ma Crespo era tranquillo. Con il tempo aveva imparato a non sentire nemmeno più la noia. Ne era diventato parte integrante, l’aveva smontata, analizzata in ogni sua parte e ricostruita. E dopo questo studio minuzioso, la noia, come noi la conosciamo, non esisteva più. Era diventata una creatura reale, con la quale Crespo spesso dialogava.
Non ho paura di morire. Sono già morto. Guardami. Sono solo e non ho un ruolo su questa terra, né qui né a casa. Misuro, ogni giorno, la stessa stanza con i miei passi. L’inchiostro delle mie penne stilografiche si è seccato. Ogni mattina arrivo alla stessa ora e me ne vado via ogni sera alle cinque. Un po’ di spesa. A rotazione, sempre lo stesso cibo. Mi preparo la cena ed il pranzo per il giorno dopo. Dopo? Caffè, televisione ed un buon sonno.”
Sei una persona abitudinaria. E’ un delitto?”
Abitudinario, prevedibile, ripetitivo… monotono.”
Quanti sinonimi conosci?”
Mille e più. Sono tutti i tuoi nomi. Ma io ti chiamerò Morgana anche se un nome così bello e creativo non si adatta a chi non conosce il significato di immaginazione.”
L’immaginazione è bella?”
E’ meravigliosa”
L’immaginazione è colorata?”
Con ogni tonalità esistente e con molte che ancora non hanno un nome”
L’immaginazione è dolce?”
Il più succoso frutto del paradiso terrestre”
Profuma?”
Ha il profumo della pelle dei neonati”
Non riesco a vederla”
Io sono diventato cieco”

Crespo, un giorno si intestardì. Doveva far capire a Morgana cos’era la fantasia. Si fermò di colpo in mezzo alla stanza e lei ne risentì. Era il primo gesto non previsto ch’egli compiva da un mucchio di tempo.
Che fai?” gli chiese. Aveva sentito un lieve dolore.
Prendi la musica…” le confidò Crespo, ma non seppe continuare. Per lui era già palese, ma allo stesso tempo non trovava più, dentro sé, le parole giuste per dare un senso ai suoi pensieri. Morgana era impallidita e lo guardava con un’espressione preoccupata.
Lascia stare la musica. E’ il momento del caffè. Esci sempre per il caffè a quest’ora”. Lo incalzò e lui si lasciò fare. Come ogni giorno. Pensare era diventato faticoso. Troppo faticoso. Ricordare, anche più faticoso. Aveva, infine, dimenticato anche perché ne valesse la pena. L’abitudine era comoda, come la sua poltrona preferita davanti alla TV.
Ma, nonostante questa pigrizia derivata dalla monotonia più mera, Crespo non era una di quelle persone che si davano per vinte. Dopo essere uscito dall’ufficio, come sempre alle cinque, e dopo aver sbrigato le solite commissioni, Crespo si ricordò di aver promesso a Morgana di trovare un significato all’immaginazione. Si preparò la cena, mentre lei lo guardava accigliata, e mangiò insolitamente in fretta.
Perché ti affretti?”
Non mi sto affrettando. Mi è solo venuta in mente una cosa. Forse posso spiegarti cos’è la fantasia.”
Lascia stare. Non mi interessa.”
Perché? Non sei curiosa?”
Curiosa, io? Non so che significa la curiosità.”
E’ impossibile. E’ la voglia di aprire un pacchetto di Natale, il desiderio di conoscere ciò che non conosci.”
E a quale scopo?”
Per curiosità! Solo perché non lo sai.”
Morgana si sedette davanti al televisore.
Adesso ti faccio vedere.” Crespo andò nella sua stanza e cercò dei fogli bianchi ed alcune matite colorate. Sapeva di averle nascoste da qualche parte anni prima. Ci mise quasi mezz’ora a trovarle. Andò in cucina e disegnò un salice piangente. Fece attenzione ai particolari, colorò il cielo e dipinse le venature foglia per foglia. Quando finì cercò Morgana per farle vedere ciò che la sua fantasia aveva prodotto. Ma Morgana era sparita. Crespo era troppo stanco per cercarla così s’addormentò, tra il soddisfatto e il deluso.
Morgana non si fece viva per qualche giorno. Quando tornò Crespo non era più in grado di descriverle quel particolare stato d’animo. Stava di nuovo misurando a grandi passi il suo ufficio.
Ti odio. Ti presenti sempre quando sai di essere al sicuro da ogni discussione.”
Ma quale discussione? Io non discuto mai.”
Avevo fatto un bel disegno.”
Lo vedo. E’ carino. Cosa volevi dimostrare?”
E’ stato un parto della mia fantasia.”
Bravo.”
E’ tutto quello che sai dire?”
Morgana tacque.
Se resti te ne faccio un altro.”
Non le diede il tempo di rispondere. Si avvicinò alla scrivania e dipinse ancora. Morgana non assistette. Dipinse per giorni in ufficio. Fece decine di quadri, sempre diversi, convinto che Morgana sarebbe tornata ed avrebbe capito. Ma con il passare del tempo si dimenticò di lei. Prima scordò il suo volto e poi la sua stessa esistenza.
I quadri erano belli. Crespo era un uomo pieno di talento. Un giorno qualcuno li vide e se ne innamorò. Fece una mostra che ebbe successo e Crespo si trovò in un battibaleno fuori dalla MotraTech a vivere delle sue opere. Si era persino fatto lo studio in casa. C’erano colori dappertutto, tele, pennelli, matite, china. Ebbe tanto successo che cominciarono a commissionargli ritratti.
Fu nella casa della contessa Marina, mentre meccanicamente riproduceva quel volto su tela che Morgana ricomparve. Sembrava fosse passato un solo giorno. In quel momento fu Crespo a capire perché, in quegli anni, lei non gli era stata vicino.

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