Stasera, a Susa, si svolge la fiaccolata unitaria di valle che precede l'anniversario della Liberazione. L'appuntamento è in piazza d'Armi alle 20,30. Questa è la ragione per cui scrivo di pomeriggio e invito tutti a partecipare.
Potrei smettere di scrivere, oggi, poiché molte cose che avrei voluto dire le ho già dette ieri.
Ma credo di dover aggiungere qualche riga.
A gennaio di quest'anno sono stata eletta presidente della sezione Anpi di Bussoleno-Foresto-Chianocco. Per ragioni anagrafiche, capirete che io non posso aver preso parte alla Resistenza ma, a differenza di altre associazioni, l'Anpi ha saputo passare il testimone ai giovani poiché i valori che rappresenta fossero tramandati, essendo validi in ogni tempo.
La nostra piccola sezione ha sempre avuto un metodo poco gerarchico di gestirsi. Le cariche (tre) sono date a turnazione alle persone che hanno più disponibilità di tempo.
Purtroppo, nei nostri paesi, di partigiani viventi ne sono rimasti pochissimi. Io ho avuto la fortuna di conoscerne molti, nel corso degli anni. Due di loro sono stati, per me, più che maestri.
Quando la Resistenza non l'hai vissuta non puoi che fartela raccontare da chi l'ha vissuta o da chi l'ha sentita raccontare così tante volte che è come l'avesse fatto. Così, ho fatto io. Ho fatto loro mille domande, spesso ripetendole per essere sicura di aver compreso.
Alcune domande mi sono sembrate persino stupide ma avevo bisogno di farle. A Giovanni Peirolo, reduce dalla ritirata di Russia e partigiano nella 42esima Garibaldi, un giorno che mi raccontava di un'azione a cui aveva partecipato, ho chiesto "Ma non avevi paura?". Credo di averlo un po' spiazzato, lì per lì. Forse si aspettava una domanda più intellettuale.
Ma Giovanni mi rispondeva sempre. "In quei momenti non potevamo permetterci di avere paura. Quindi no, non avevo paura".
Giovanni era un uomo assai pragmatico. Un giorno che andammo al funerale di un suo compagno di brigata mi disse: "Vieni che ti insegno a mettere la bandiera della 42esima sulla bara". "Perché io?" gli chiesi. "Perché qualcuno deve saperlo" mi rispose.
Perché qualcuno deve saperlo.
Perché non bisogna perdere la memoria. Nelle piccole e nelle grandi cose.
Questa è la ragione per cui, pur con qualche alterco interno, la nostra sezione Anpi, ormai tutta composta da giovanissimi e meno giovanissimi, cerca di esistere e di attualizzare quell'insegnamento così importante.
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