giovedì 4 aprile 2013

Vivere sotto occupazione

Lisa, Fabrizio e Sami in biblioteca a Bruzolo
Ieri sera, in biblioteca a Bruzolo, la protagonista è stata la Palestina, vista e raccontata da due meanesi, Lisa Ariemma e Fabrizio Arietti, che hanno passato sette giorni in questa terra affascinante e complicata. E' stata una serata molto interessante, non solo per chi aveva già un'idea generale di quale fosse la situazione.

Occupazione. E' difficile, da qui, rendersi conto di cosa possa significare vivere in perenne occupazione. Foto e filmati aiutano a capire ma Sami Hallac del Comitato di solidarietà con il popolo palestinese di Torino, anche lui ospite ieri sera della Pro loco, consiglia un viaggio - anche turistico, beninteso - nei territori occupati. Solo così, spiega, si arriva a capire.

Lisa e Fabrizio hanno fatto esattamente questo. Sono partiti e sono stati sei giorni in Palestina, tornando indietro con splendide foto e un'esperienza umana, a loro detta, meravigliosa.

Occupazione. Violazione ai principali diritti umani. Non potersi muovere, andare dove si vuole, non avere diritto neppure di una propria casa poiché se gli israeliani vogliono raderla al suolo e prendersi quel terreno semplicemente lo fanno. «Siamo tornati a casa con una missione - raccontano Lisa e Fabrizio - Dare una mano e far capire cosa succede laggiù. Occupazione vuole dire che nella tua città non ti puoi muovere come vuoi ma devi chiedere il permesso anche semplicemente per andare dal dottore, per comprare il pane. Occupazione vuol dire morire di parto per la strada perchè non ti è permesso raggiungere l'ospedale. Occupazione vuol dire che la tua vita non vale nulla. Occupazione vuol dire vivere a dieci minuti dal mare senza averlo mai visto o che da domani, forse, casa tua diventerà di qualcun altro. Occupazione sono le code interminabili ai check-point sperando che il soldato sia di buonumore».

Sono tantissimi i volontari di ogni nazione del mondo che vanno in Palestina per cercare di aiutare. C'è chi fa da scudo umani tra i palestinesi e i coloni, chi accompagna bimbi palestinesi a scuola perché diversamente non potrebbero andarci, chi manifesta con i palestinesi perché questa situazione diventi di dominio pubblico.

A Hebron sono 400 i coloni contro 180mila cittadini palestinesi. Ci sono 2000 militari solo per difendere queste 400 persone. I check point sono ovunque: 500 sono fissi oltre a 100 mobili, anche nelle zone interamente palestinesi. La moschea di Abramo è divisa a metà da un muro. Ci sono due ingressi separati, da una parte entrano gli israeliani e dall'altra i palestinesi. All'ingresso ci sono i metal detector.

«Gli insediamenti israeliani sono fatti a macchia di leopardo cercando di frammentare la presenza palestinese - spiega Sami - Israeliani e palestinesi hanno una rete di strade separate. E' tutto separato. Se uno vuole può andare in Israele senza incontrare neanche un palestinese». Tra le azioni che palestinesi e attivisti internazionali fanno per cercare di sensibilizzare il mondo sulla tragica situazione che si vive nei territori occupati ci sono proprio le "incursioni" sulle strade israeliane. «Ma il pericolo maggiore è rappresentato dai coloni civili - dice Sami - che si sentono autorizzati anche a prenderti sotto». La settimana che sono stati in Palestina Lisa e Fabrizio è stato investito un ragazzo americano, per fortuna senza gravi conseguenze. «Se fosse morto non sarebbe successo nulla» precisa Lisa.

Tante esperienze per un frammento di ingiustizia grande come il mondo. 

Da vedere assolutamente, un film "5 broken cameras"
In questo link una recensione:


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