mercoledì 24 aprile 2013

La colpevole ignoranza

Domani ricorre il 78esimo anniversario della Liberazione. 78 anni son tanti. Meno di quelli del neo-rieletto presidente della Repubblica ma tanti. Allora può avere senso chiedersi, oggi, cosa significa scendere ancora in piazza il 25 aprile per ricordare il giorno in cui la guerra contro la dittatura e il nazifascismo fu vinta. Il senso sta qui, nelle parole della lapide sulla sinistra di questo post, la cui foto (con grande senso dell'opportunità) Mario ha postato sulla pagina dell'Anpi Bussoleno-Foresto-Chianocco. Per leggerla più comodamente, è sufficiente cliccarci sopra. E quando Calamandrei invitava ad andare là dove sorgono le lapidi che ricordano il sacrificio dei partigiani, sono sicura che immaginasse come tutti avrebbero potuto sentire quello che io sento leggendole e scorrendo i nomi di tutti quei ragazzi e quelle ragazze che hanno dato la vita perché oggi potessimo avere quelle libertà fino ad allora negate.

Stamattina ho dato una lettura veloce a La stampa. Invito a leggere il Buongiorno di Gramellini perché dà un paio di spunti per profonde riflessioni. Gramellini racconta, tra l'altro, di una persona che non sa esattamente cosa si festeggi domani e si stupisce che i bambini stiano a casa da scuola. 

La riflessione che mi è cresciuta dentro è arrivata quando nell'arco di questa mattinata, in più d'uno mi abbiano chiesto cosa avrei fatto domani e alla risposta «Vado alla commemorazione» mi abbiano guardata come se fossi una pazza nostalgica. In sostanza, per la più parte degli italiani, il 25 aprile non è più memoria ma soltanto un giorno di festa, da agganciare con il fine settimana per un lungo ponte di relax.

Tante volte mi sento aliena. Stamattina, in modo particolare. Perché l'unica volta che il 25 aprile ero al mare con la famiglia (grazie alla concomitanza con la Pasqua) siamo andati alla commemorazione del 25 aprile ad Arma di Taggia. Mi sento aliena perché mi sembra quasi di aver bisogno di una scusa per ritenere importante questo giorno, la memoria, l'insegnamento della Storia.

E mi sembra chiaro, spero non sia solo l'amarezza a parlare, che agli italiani della Storia non freghi nulla. Ancora stamattina un servizio del quotidiano succitato dileggiava il M5S per aver eletto Rodotà con quattromila e rotti cyber-voti quando con qualche televoto in più o in meno si è decretato il vincitore di non so quale talent show. Ma qui il problema non sono i ragazzi del M5S a cui si può criticare qualsiasi cosa ma non la voglia di partecipazione. Qui, il problema è ben più grave e se non ce ne rendiamo conto, domani potrà arrivare un Mussolini qualsiasi e si troverà di fronte la stessa ignoranza dei primi del '900. Ma questa volta sarà un'ignoranza colpevole perché l'opportunità di non esserlo, oggi, l'abbiamo.

Domani, quando di fronte a me ci saranno ancora i pochi superstiti di quella Resistenza (da cui, ricordarlo non fa mai male, è nata la nostra Costituzione che tutti oggi tirano per la giacca secondo convenienza) io mi sentirò meno aliena ma un po' colpevole perché mi sembra sempre di non fare abbastanza, di non meritare l'eredità dei partigiani e di tutti i civili che li hanno aiutati, nascosti, sostenuti, nutriti, vestiti e incoraggiati.

L'8 settembre di quest'anno saranno 80 anni dall'inizio della Resistenza. I tempi sono cambiati ma c'è un'identica necessità di resistenza, oggi. Rendiamo il giusto tributo alla lotta di Liberazione: non torniamo ad essere sudditi, neanche (o soprattutto?) culturalmente. Libertà è partecipazione. Qualcuno molto più bravo di me l'ha scritto e cantato. Crediamogli.






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