venerdì 13 settembre 2013

Il geco e il Tav

Tivù, giornali, radio, web. In questi giorni, tutti parlano nuovamente di Tav. Si dà in qualche modo per scontato (anche se l'esperienza insegna che dare per scontato non porta lontano) che gli attentati alle ditte che lavorano sui cantieri dell'alta velocità a Chiomonte siano opera di sedicenti attivisti appartenenti alla lotta valsusina contro il treno veloce.

Stamattina a "Il geco" su Radio Capital, la domanda che veniva posta agli ascoltatori era: "Treno alta velocità Torino-Lione continuano le tensioni. Da luglio sono 13 gli attentati contro le aziende e i cantieri. 2 milioni di euro di danni. I 130 operai delle 26 ditte che lavorano all'opera si sentono in pericolo. E' arrivata la solidarietà di Napolitano. Ci chiediamo e vi chiediamo: è giusto usare la violenza contro le ditte che lavorano al TAV? Quando finiscono nel vuoto le proteste pacifiche si può andare oltre? In che modo si possono fermare le tensioni?" (Per chi ha Facebook https://www.facebook.com/IlGecoRadioCapital?fref=ts).

Ciò che mi ha colpito particolarmente non sono state le posizioni degli ascoltatori - comunque in gran parte possibiliste sul sabotaggio anche se lontane centinaia di chilometri dalla valle - quanto l'assunto da cui partiva la trasmissione ovvero, in sostanza, il Tav non serve più (se mai serviva 25 anni fa), costa un sacco di soldi pubblici che non ci possiamo permettere però l'opera è decisa e la democrazia vuole che si segua la volontà della maggioranza (che per qualche motivo si dà per scontato sia Si Tav).

Tutti sono contrari alla violenza (mi sembra palese) contro le cose e soprattutto contro le persone. Puoi chiedere a mille persone. Tutti ti diranno che la violenza è male, che va scongiurata, che va allontanata con il dialogo e con il supporto. Mi aspettavo un plebiscito di prese di distanza e, invece, ho ascoltato numerosi "tuttavia". La violenza (contro le cose, beninteso) è male tuttavia il primo violento è lo Stato. La violenza è male tuttavia se non c'è altro modo di farsi sentire... Insomma ho sentito testimonianze cariche di rabbia contro uno Stato che non sa dare risposte alle necessità effettive ma che s'impunta laddove inutile se non dannoso.

Stamattina sarebbe stato bello intervenire - io non potevo e me ne dispiaccio - per ricordare all'Italia tutta alcune piccole cose che io credo fondamentali:

a) A Chiomonte non si sta scavando il tunnel sotto il quale passerà il treno veloce. A Chiomonte si sta facendo in sostanza poco più che un sondaggio geognostico, che se va bene fungerà da discenderia. Ovvero, se stessimo costruendo una casa, staremmo facendo un buchetto per vedere se le fondamenta staran su o invece crollerà l'edificio.

b) Per cominciare a fare questo "buchetto" ci han messo 20 anni. Dicevano che il traffico merci su rotaia sarebbe cresciuto, triplicato, raddoppiato - spostando di cinque anni in cinque anni il punto di risalita - e invece non ha fatto altro che scendere. Ora dicono che dal 2035 si decuplicherà, il traffico. Ma chi può crederci ancora?

c) Per fare questo "buchetto" stanno togliendo risorse in ogni dove: scuola, sanità, trasporti locali, servizi. 

d) Questo "buchetto" costerà alla valle di Susa e alle tasche degli italiani tutti non solo i 25 miliardi di euro (cifra definitiva?) ma un danno ambientale incalcolabile, che in un'epoca in cui si torna pian piano alla terra e al territorio non è certo assennato fare.

e) Giusto per curiosità, mi piacerebbe sapere in quanti decenni pensano di ammortizzare la spesa affinché ci sia una ricaduta positiva sul territorio. Se io, a casa, compro un pannello solare è perchè penso che in tot anni il risparmio ripagherà l'investimento e poi io ne trarrò benefici in termini di euro nel portafogli oltreché ambientali. Quanto tempo servirà in questo caso?

Lo Stato in valle di Susa si gioca la faccia. Si è troppo esposto per dire "Adesso basta, non se ne fa più niente". Anche fosse per motivazioni economiche o tecniche innegabili. Le ragioni si possono solo immaginare e non voglio darle per scontate. In questo contesto, ormai compromesso dall'impossibilità di tornare indietro anche se la ragione stesse lì, la valle di Susa vive e l'Italia tutta dovrebbe ragionare.

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