mercoledì 28 agosto 2024

In cammino sulla Via Flavia

Ci è voluto un cammino (sulla carta 120 Km, nella realtà una ventina in più) per farmi tornare a scrivere. La definirei un'epifania. Quando cammini hai tempo per riflettere, osservare, respirare, sentire il tuo corpo che reagisce allo sforzo così come all'entusiasmo.

Senza nulla togliere ai viaggi meno impegnativi dal punto di vista fisico, il cammino (soprattutto se dura più di qualche giorno) è in grado di farti osservare la realtà da punti di vista differenti.

Siamo partiti un lunedì mattina di metà agosto, ma merita un paragrafo solo l'affardellamento dello zaino a casa. Quando in uno zaino da 60 litri devi far stare la tenda (che, però, si è caricata mezza mela nel suo), materassino, sacco a pelo, asciugamano, una giacca se dovesse piovere o far freddo, l'indispensabile per potersi lavare, torcia frontale, battery pack e piccole idiozie elettroniche ormai indispensabili, non resta molto spazio per la fantasia. Noi donne siamo facilitate dal fatto che il nostro abbigliamento sportivo estivo è solitamente piccolo e comprimibile. Comunque, io ho messo una canotta, due t-shirt, una felpa, un pantalone lungo e un leggin mezza gamba. Il pantalone corto l'ho messo per partire così come un'altra canotta.

Tornando a noi, siamo partiti un lunedì mattina presto di metà agosto per arrivare al confine della Slovenia sotto Trieste, a Lazzaretto, un po' prima dell'una.

Abbiamo posato l'auto, messo a spalle i due macigni e siamo partiti. Abbiamo seguito principalmente il GPX scaricato dal sito Ammappaitalia (https://www.ammappalitalia.it/) e, quando possibile, ci siamo affidati alle frecce gialle tracciate sul terreno o alle paline con il simbolo del cammino. In questo senso, alcuni tratti ci hanno un po' deluso perché senza GPX (pur non preciso, se posso dire) saremmo andati totalmente a caso.

Da Lazzaretto ci siamo diretti verso Muggia vecchia, seguendo i cartelli per la traversata muggesana. La prima tappa è un continuo saliscendi nell'entroterra. Sarebbero stati dislivelli poco impegnativi se non avessimo avuto il carico dello zaino e non ci fosse stato il caldo asfissiante della metà di agosto. Il cammino, su diversi siti, è dato come un percorso che si può fare anche in estate ma lo sconsigliamo fortemente. Meglio, perché più godibile, farlo a primavera inoltrata o ad inizio autunno.

A Muggia Vecchia c'è il Santuario (dove si può anche fare il primo timbro dedicato alla Via Flavia), che merita una visita. Bello il panorama sul golfo di Trieste e molto particolare il santuario, con affreschi ben conservati e alcune parti storiche molto ben valorizzate.

Piacevole la discesa verso Muggia, con alcuni percorsi che si prestano a fotografie d'effetto, per chi è amante di questa forma d'arte. La prima parte del sentiero, fino a qui, è segnalata con frecce gialle ben visibili. Diverso per la seconda parte, da Muggia fino a Bagnoli della Rosandra. 

Il campanile del Santuario
 di Muggia vecchia

Muggia è una cittadina  sul mare. Tra vie e vicoli si trovano la chiesa, il castello e diversi punti d'interesse. Il timbro ce lo ha fatto il bar nella piazza principale. Una cosa davvero apprezzabile di quella parte d'Italia è che i punti per l'informazione ai turisti sono pressoché ovunque. Il personale è molto gentile e disponibile. Lo stesso non si può dire di alcuni esercenti di bar e ristoranti ma, probabilmente, capita un po' ovunque.

Tra GPX e qualche indicazione, passando per Caresana e Dolina, siamo riusciti ad arrivare a Bagnoli della Rosandra. Lì, abbiamo piazzato la tenda in un microscopico parco giochi. Il bivacco, se non diversamente specificato, dal tramonto all'alba è sempre consentito. Noi abbiamo incuriosito alcuni residenti dell'edificio adiacente ma tutto sommato è stato un bivacco comodo. La notte è piovuto e ha tirato vento tuttavia al mattino, per fortuna, il maltempo se n'è andato. Abbiamo approfittato di un grande antico lavatoio per lavarci e fare il bucato e siamo ripartiti.

Da Bagnoli della Rosandra a Trieste si segue una pista ciclabile davvero stupenda. Abbiamo avuto la fortuna che il cielo fosse parzialmente nuvoloso perché molti tratti sono sotto il sole a picco. Il percorso segue, presumibilmente, un vecchio tracciato della ferrovia e alterna ponti con viste panoramiche a tratti boschivi. Si attraversa anche una galleria.

La ciclabile aggira un gran pezzo di Trieste. Il percorso all'interno della città non è segnalato per nulla, perciò ci siamo affidati totalmente al GPX.

A Trieste non ero mai stata. Mezza mela ci aveva fatto un raduno degli alpini ma non si ricordava niente (strano, eh?). E' una città imponente, molto asburgica. Se non ci fosse il mare ricorderebbe Torino per alcuni aspetti. E' bella di quelle bellezze dovute alla sua storia, per la presenza di cattedrali, monumenti e piazze di grande eleganza. Ciò nonostante, a me è parsa senz'anima. Non è una città in cui avrei voglia di tornare.

Il percorso segue, poi, il lungomare fino a Miramare. Il lungomare di Trieste merita un paragrafo a sé, soprattutto per chi non è abituato a taluni scenari. Il viale alberato dista dal mare pochi metri ed è separato da esso solo da una manciata di scogli. Il lungomare diventa così una vera e propria spiaggia pubblica dove triestini e turisti prendono il sole sdraiati sul lastricato in porfido, si buttano in mare e approfittano della tante docce messe a disposizione lungo il viale. In tanti chilometri percorsi sui tanti lungomare, gli stabilimenti balneari così come li conosco sono pochissimi.

La seconda tappa si conclude poco sopra il castello di Miramare. Il timbro ce lo hanno fatto, sia qui che a Trieste città, negli IAT. A Miramare abbiamo optato per trovare una sistemazione in un piccolo albergo. Più che altro per farci una doccia perché ne sentivamo seriamente la necessità.

Il castello di Miramare è un gioiello, con il suo parco pubblico verde e ben curato in cui si può passeggiare ammirando fontane, porticati, giardini e scorci d'effetto. Mentre cenavamo, abbiamo assistito al tramonto sul golfo e non si può negare che sapori di magia.

La mattina siamo ripartiti alla volta di Monfalcone. La prima parte del percorso fino a Duino è bellissima e molto ben segnalata. Si può fare la variante "alta" (quella che abbiamo scelto noi) oppure quella "bassa" che taglia fuori la passeggiata in cresta alle scogliere che danno sul mare. Unica pecca (nostra) è stato scegliere di percorrerla a metà agosto. Il caldo era tremendo e, anche se alcuni tratti sono boschivi, personalmente ho faticato moltissimo.


Un paragrafo lo merita anche il rifornimento d'acqua. Molto raramente si trovano fontane lungo il cammino. In certi casi, se non si parte preparati con una scorta sufficiente è difficile affrontare le tappe. I residenti conoscono alcuni punti in cui si possono riempire le borracce ma non sono segnalati in alcun modo. Questo, insieme alla mancata segnalazione del cammino lungo molti tratti, è certamente il difetto peggiore della Via Flavia. Anche trovare, semplicemente, un bar in cui fare rifornimento molte volte è impossibile.

Duino è un'altra piccola perla. Il castello (dove si può fare il timbro) si può visitare a pagamento, ma noi non siamo entrati perché appena giunti in loco è scoppiato un forte temporale estivo. Ci siamo rifugiati nell'androne di un condominio e, lì, abbiamo atteso che spiovesse. Poi ci siamo rimessi in cammino, perché la nostra meta era ancora lontana.

Dopo il temporale
Da Duino a Monfalcone c'è il tratto peggiore di questo cammino. Al di là del fatto che è tutto sotto il sole a picco e mal segnalato, attraversa una parte di territorio che non è bello in nessuna sua forma. Il piccolo tratto boschivo lo sarebbe se non fosse stato funestato due anni fa da un incendio di vaste dimensioni che ha lasciato solo devastazione e fusti anneriti. Si passa poi accanto all'autostrada su un sentiero talmente poco battuto che in certi punti si fatica a passare.

Si arriva, dunque, a Monfalcone attraversando parte del parco dedicato alle trincee della prima guerra mondiale che, avendo tempo e ancora forze, è visitabile e completamente protetto dagli alberi. 

Monfalcone è una città multietnica portuale dove predomina Fincantieri. Ha un centro molto accogliente e un porticciolo bellissimo, sul quale sorge un chiosco che serve cozze impanate paradisiache. Ce lo ha fatto conoscere una nostra amica bisiacca d'origine (così si autodefiniscono i cittadini di quella zona del Friuli), che ci ha ospitato a casa sua consentendoci di farci una doccia e dormire in un letto.

Da Monfalcone alla laguna di Grado, il percorso ritorna ad essere ben tracciato. Indispensabile avere acqua a sufficienza perché usciti da Monfalcone non c'è più traccia di fontane o bar per 23 Km. Noi, per sopravvivere sotto il sole cocente (il tratto è completamente esposto) abbiamo elemosinato acqua da un abitante di una piccola frazione impegnato in quel momento a tagliare l'erba a casa sua. Senza, non saremmo arrivati al Caneo dove si trova il primo bar. La prima parte di quei primi 23 Km è tutta lungomare. Per chi, come noi, è abituato a scenari del tutto differenti sembra di atterrare su un pianeta sconosciuto.

A Caneo abbiamo fatto conoscenza con un ragazzo del posto che ci ha portato a visitare un piccolissimo villaggio di pescatori che sorge proprio lì vicino. Piccole barche, reti da pesca, cigni e casette a misura di stagione. Veniva voglia di fermarsi lì. Poi, ci siamo diretti verso Fossalon di Grado dove abbiamo trovato, in un campeggio, uno spazio per piazzare la tenda.


Piacevole serata, nonostante la moltitudine di zanzare (una costante di tutto il percorso), e bellissima alba sulla laguna, prima di rimettersi in cammino per l'ultima tappa alla volta di Aquileia.

In questo tratto sbagliare strada è praticamente impossibile ma comunque il tratto è segnalato. Si arriva abbastanza in fretta a Grado che, a parer mio, vale tutto il cammino. Il centro storico è magnifico, pulito, ricco di scorci e di testimonianze storiche. La basilica di Sant'Eufemia è stupenda (lì abbiamo anche timbrato la nostra "compostela"). Accanto c'è il Battistero di San Giovanni, di epoca paleocristiana, e un'esposizione dei tanti reperti rinvenuti in loco.

Quando abbiamo terminato il giro turistico (anche se io mi sarei fermata almeno un giorno ancora) ci siamo diretti verso Aquileia, che è unita a Grado da una strada di 4,6 Km costruita in mezzo al mare. Caldo torrido a parte, percorrerla a piedi è un'esperienza indimenticabile. Ho chiesto a un signore del posto se talvolta, causa mare grosso, non fosse transitabile e mi ha detto che capita molto raramente, solo un paio di volte l'anno, quando la Bora soffia con forza.

Anche in quest'ultimo tratto sbagliare strada è praticamente impossibile. Si prosegue alla volta della cattedrale di Aquileia che già si comincia a vedere appena raggiunta la costa. Siamo entrati all'accoglienza per farci fare il timbro e ci saremmo aspettati di poter visitare la cattedrale gratuitamente, in quanto "pellegrini" con tutti i timbri del percorso. Invece, non è andata così e, dunque, seppur sapendo che i mosaici avrebbero meritato, abbiamo terminato il cammino senza entrare. Non per la spesa in sé, 10 euro a testa, ma per una questione di principio.

Il voto complessivo del cammino è sette. Più curato e meglio organizzato, con più accoglienza per chi si muove in tenda, arriverebbe sicuramente al nove. Comunque, camminare ci ha entusiasmato e abbiamo deciso che ripeteremo l'esperienza su altri percorsi al più presto. Per tornare a Lazzaretto con i mezzi (per riprendere l'auto parcheggiata al porto) ci abbiamo messo appena due ore e mezza. La zona è molto ben servita tra bus e treno e merita un plauso.